Nel caso esaminato dal Tribunale, una condomina aveva agito in giudizio nei confronti del condominio, al fine di vederlo condannato al risarcimento dei danni subiti a seguito delle infiltrazioni verificatesi nel proprio appartamento in occasione dei lavori di ristrutturazione effettuati al lastrico solare.
Il condominio si costituiva in giudizio, eccependo l’infondatezza della domanda proposta e chiamando in causa la ditta che aveva eseguito i lavori di ristrutturazione in questione.
Il Tribunale non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dalla condomina, rigettando la relativa domanda.
In particolare, il Tribunale, preso atto che alla ditta chiamata in causa erano stati appaltati i lavori di ristrutturazione del lastrico solare, rilevava come fosse da “escludere qualunque possibilità di configurare una responsabilità del condominio, in virtù dell’art. 2049 codice civile”, in quanto la stessa condomina “non si pone in una situazione di terzietà rispetto al contratto di appalto” concluso tra il condominio e la ditta, con la conseguenza che la medesima doveva essere considerata, al pari del condominio, quale “committente dei lavori”.
Pertanto, secondo il Tribunale, dalla committenza “dei lavori di rifacimento dell’impermeabilizzazione del lastrico solare non può derivare alcuna responsabilità nei confronti di colui che a tale committenza, in quanto condominio, ha partecipato”.
Secondo il Tribunale, inoltre, non era nemmeno configurabile una responsabilità del condominio ai sensi dell’art. 2043 codice civile, “non ravvisandosi alcun profilo di negligenza o imprudenza da parte del condominio”.
Nello specifico, il Tribunale evidenziava come, nel caso di specie, non fosse in alcun modo possibile ritenere che “l’appaltatore sia stato mero esecutore di ordini incondizionatamente e incontestabilmente impartiti dalla committenza”, dal momento che lo stesso contratto di appalto sanciva il divieto assoluto di accedere al cantiere da parte di estranei.
In proposito, il Tribunale precisava come la stessa Corte di Cassazione avesse avuto modo di precisare che “nel contratto di appalto a carico del committente è configurabile la corresponsabilità in caso di specifiche violazioni di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per “culpa in eligendo”, per essere stata affidata l’opera a un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore, in base ai patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente (…), ovvero ancora quando il committente si sia di fatto ingerito nella esecuzione del lavoro materialmente cooperando con l’impresa appaltatrice palesemente priva delle necessarie capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione, senza il pericolo di arrecare danni a terzi”.
Il Tribunale, peraltro, rilevava, altresì, come il condomino non avesse nemmeno mai dedotto né dimostrato “che il compimento dell’opera sia stato consapevolmente e colpevolmente affidato dal condominio a un’impresa appaltatrice priva delle capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto”.
Infine, secondo il Giudice, il condominio non poteva nemmeno considerarsi responsabile quale “custode” del lastrico, ai sensi dell’art. 2051 codice civile, dal momento che vi era stato l’integrale trasferimento “del potere di fatto sul bene all’appaltatore, al quale furono affidate le opere di rifacimento e, quindi, fu affidata la relativa custodia ex art. 2051 c.c.”.
Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale rigettava la domanda proposta dal condomino nei confronti del condominio, condannando il condomino medesimo al pagamento delle spese processuali.