Per comprendere la recente pronuncia della Consulta, va tuttavia ricordato preliminarmente che
- l’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44, comma 1, lettera d), è ormai pacificamente estesa dalla giurisprudenza (cfr., ex multis, Cass. Sez. Un. n. 12193/2019) anche alle ipotesi di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo, sicchè si consente al componente di una coppia dello stesso sesso, privo di un legame biologico con il figlio del partner, di adottare quest’ultimo: tale istituto, come già chiarito dalla Consulta stessa, lungi dall’assecondare attraverso automatismi il mero desiderio di genitorialità, dimostra una precipua vocazione a tutelare l’interesse del minore a mantenere relazioni affettive già di fatto instaurate e consolidate;
- l’art. 55 della L. n. 184 del 1983 opera, per l’adozione in casi particolari, un rinvio alla disciplina codicistica sull’adozione delle persone maggiori di età e, specificamente, all’art. 300, secondo comma, cod. civ., che testualmente dispone «l’adozione non induce alcun rapporto civile [...] tra l’adottato e i parenti dell’adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge».
- 3 e 31 Cost., in quanto, secondo le norme attualmente vigenti, a dispetto della unificazione dello status di figlio, vengono negati al solo minore adottato in casi particolari i legami parentali con la famiglia del genitore adottivo. La Corte segnala, infatti, che è irragionevole che un profilo così rilevante per la crescita e per la stabilità di un bambino sia regolato con la disciplina di un istituto, qual è l’adozione del maggiore d’età, plasmato su esigenze prettamente patrimoniali e successorie. Per la Consulta, dunque, “la norma censurata priva, in tal modo, il minore della rete di tutele personali e patrimoniali scaturenti dal riconoscimento giuridico dei legami parentali, che il legislatore della riforma della filiazione, in attuazione degli artt. 3, 30 e 31 Cost., ha voluto garantire a tutti i figli a parità di condizioni, perchè tutti i minori possano crescere in un ambiente solido e protetto da vincoli familiari”.Inoltre, i Giudici delle Leggi hanno rilevato come la disciplina censurata leda il minore nell’identità che gli deriva dall’inserimento nell’ambiente familiare del genitore adottivo e, dunque, dall’appartenenza a quella nuova rete di relazioni, che di fatto vanno a costruire stabilmente la sua identità;
- 117 Cost. in relazione all’art. 8 CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza. La Corte EDU, infatti, intende in senso ampio il concetto di vita familiare di cui all’art. 8 CEDU e vi include le relazioni adottive che devono creare vincoli non diversi da quelli biologici. Per i Giudici di Strasburgo, infatti, un’adozione inidonea a far sorgere legami parentali determina una violazione dell’obbligo positivo a garantire la vita familiare.
La vicenda concreta che ha occasionato l’intervento della Consulta, in particolare, vedeva protagonisti due soggetti dello stesso sesso che si erano uniti in matrimonio all’estero, conseguendo poi la trascrizione in Italia del relativo atto come unione civile. La coppia, in seguito, aveva condiviso, sempre all’estero, un percorso di fecondazione assistita che aveva portato alla nascita di una bambina, legata biologicamente solo a una delle due parti dell’unione civile.
L’altra parte, dunque, aveva chiesto con ricorso l’adozione della minore, ai sensi dell’art. 44, co.1, lettera d), della legge n. 184 del 1983, nonchè il riconoscimento, quale effetto della sentenza di adozione, dei rapporti civili della minore con i propri parenti.
Il Giudice, dunque, aveva affermato di poter accogliere la domanda di adozione ma di non poter riconoscere, sulla base della legislazione vigente, i rapporti civili della minore con i parenti della parte ricorrente, quale effetto del vincolo adottivo in esame. Per tale ragione, egli aveva sollevato la questione di costituzionalità di recente ritenuta fondata dalla Consulta.