Cass. pen. n. 38986/2010
Il reato di interesse privato del curatore negli atti del fallimento concorre con quello di corruzione propria, non sussistendo alcun rapporto di specialità tra l'art. 228 legge fall. e l'art. 319 c.p..
Cass. pen. n. 46802/2004
Ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 228 della legge fallimentare, che sanziona la condotta del curatore il quale — avvantaggiando consapevolmente se stesso o un terzo — privilegia interessi privati contrastanti con la finalità della procedura, è sufficiente che si determini tale situazione di conflitto, indipendentemente dal fatto che si verifichino anche effetti in concreto pregiudizievoli per i creditori. (In applicazione del principio la Corte, sulla base dell'accertamento compiuto nella sentenza di merito circa alcuni privilegi concessi dal curatore ad uno dei creditori, ha respinto il ricorso di quest'ultimo fondato sulla circostanza che il Tribunale fallimentare aveva escluso sue particolari responsabilità verso la massa dei creditori).
Cass. pen. n. 19818/2003
La nozione di interesse privato in atti del fallimento, rilevante ai sensi dell'art. 228 l. fall., non comprende solo l'ipotesi della mera coincidenza tra i vantaggi privati e gli interessi dell'ufficio ovvero il caso in cui l'interesse privato del curatore non risulti in concreto rivolto a perseguire un beneficio personale o di terzi, contrastante con le finalità della procedura concorsuale. (Fattispecie in cui la Corte ha ravvisato la presa di interesse del curatore il quale, acquisita la disponibilità dell'acquirente di un bene fallimentare a corrispondere all'amministratore della società fallita un prezzo notevolmente superiore a quello versato in sede di aggiudicazione, non abbia rappresentato il fatto al giudice delegato chiedendo la sospensione della vendita ed abbia invece consentito la conclusione di tale “affare privato”).