Il nostro ordinamento conosce due tipi di
giudizi di legittimità:
-
in via incidentale, quando nasce da una controversia pendente davanti all'autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa. Nel corso di tali giudizi viene sollevata la questione di incostituzionalità di na legge e il giudice, in seguito ad una vaglio di ammissibilità, rinvia gli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo la causa;
-
in via principale, quando la questione viene proposta direttamente con riscorso ala Corte. Tale forma di impugnativa è consentita solo al Governo e alle Regioni.
Al fine di dare attuazione alla presenta norma, la L. n. 87/1953 ha previsto il procedimento nelle due modalità sopra descritte.
Per quanto riguarda il
giudizio in via incidentale, i presupposti della questione di incostituzionalità sono:
-
la pendenza di un giudizio;
-
l'esistenza di una effettiva controversia di merito, non essendo consentito sindacare la costituzionalità di una legge senza un interesse concreto;
-
l'interesse a ricorrere, che deve essere diretto ed immediato, in grado di portare un effettivo vantaggio al ricorrente.
La questione può essere posta
in ogni stato e grado del giudizio, sia dalle parti che dal giudice d'ufficio.
Una volta proposta la questione, il
giudice a quo verifica che la questione principale possa o meno essere definita indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale e che essa non sia manifestamente infondata. In caso di giudizio positivo, il giudice rimette la questione alla Corte Costituzionale (giudice
ad quem).
Il giudizio innanzi alla Corte Costituzionale è dominato dall'
impulso d'ufficio e le parti hanno la mera facoltà di costituirsi. Terminata l'istruttoria il procedimento si svolge in
camera di consiglio quando nessuna parte si sia costituita, oppure nel caso di manifesta infondatezza della questione. Giudica invece in
pubblica udienza negli altri casi.
Per quanto concerne invece in
ricorso in via principale esso, come detto, può essere promesso solo dal Governo o dalle Regioni. Dal
Governo nei confronti di
leggi regionali per qualsiasi violazione di norme costituzionali (v. art.
127).
Dalle Regioni nei confronti di una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione per lesione delle proprie competenze.
Le
sentenze possono essere di:
-
cessazione della materia del contendere, come ad esempio nei casi di abrogazione o modificazione della legge in pendenza del processo;
-
inammissibilità, quando difettino i presupposti per procedere (ad es. l'atto impugnato non rientra fra quelli di cui all'art. 134;
-
accoglimento, tramite il quale si dichiara l'incostituzionalità della norma;
-
rigetto, con cui si dichiara infondata la questione nei termini e sottto i profili in cui è stata sollevata;
-
interpretative di rigetto, quando la Corte stabilisce l'infondatezza della questione per una errata interpretazione della norma;
-
manipolative tra cui rientrano le sentenza di accoglimento parziale (quando la Corte dichiara l'incostituzionalità di parti di norme o di norme, ma non dell0'intero testo di legge impugnato), additive (quando è rilevata una omissione della norma e la Corte “riempie” la lacuna) e sostitutive (quando la Corte dichiara l'illegittimità di una disposizione nel caso in cui prevede qualcosa piuttosto che prevedere altro).
Le
ordinanze possono invece essere di:
-
manifesta inammissibilità;
-
restituzione degli atti al giudice a quo, con la quale la Corte chiede a quest'ultimo di effettuare valutazioni o compiere operazioni omesse.
Come sancito dal terzo comma, le sentenze della Corte Costituzionale
non sono in nessun caso impugnabili.