La libertà di riunione rappresenta una libertà individuale ad uso collettivo e, almeno per quanto riguarda l'articolo in esame, è garantita solamente ai cittadini.
Nonostante la formulazione della disposizione, si ritiene che la libertà in esame debba essere garantita anche agli stranieri. Un argomento a favore di questa tesi è contenuto nell'art. 2 comma 4 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che stabilisce che anche gli stranieri possono "
partecipare alla vita pubblica locale" purchè soggiornino regolarmente sul territorio: questa facoltà presuppone, evidentemente, anche la libertà di associazione.
La libertà di riunione permette sia il libero scambio di opinioni tra le persone, sia lo sviluppo sociale della collettività. In particolare consiste nel diritto di darsi convegno, volontariamente e temporaneamente, in un luogo determinato e, in seguito a preventivo accordo con i promotori o su loro invito, soddisfare un proprio interesse politico, sociale, culturale, religioso, sportivo ecc..
I diritti di riunione e di associazione (di cui all'art.
18 Cost.) costituiscono le c.d. libertà collettive, che si esplicano con il contributo di più soggetti. La riunione indica il diritto di associarsi in modo non stabile ma nemmeno fortuito e può manifestarsi, tra gli altri, nel corteo, nella processione, nel comizio elettorale. Nonostante la formulazione di questo primo comma ricalchi quella dell'art. 32 dello Statuto Albertino nel periodo fascista la libertà in esame era fortemente limitata. A livello comunitario la "
libertà di riunione pacifica" e la "
libertà di associazione" sono garantite dall'art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Esistono vari tipologie di
riunioni:
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assembramenti, ovvero riunioni occasionali determinate da una circostanza improvvisa ed imprevista;
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dimostrazioni, cioè riunioni che danno luogo a manifestazioni per motivi politici o civili;
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cortei, ossia delle riunioni in movimento, ove l'identità del luogo è relativa.
A loro volta le riunioni vanno classificate in:
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aperte al pubblico, che si svolgono in luoghi privati, ma per le quali l'accesso può essere consentito con il possesso di determinati requisiti;
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pubbliche, liberamente accessibili da parte di chiunque.
Esistono vari limiti alla libertà di riunione.
Innanzitutto, le riunioni devono svolgersi
in maniera pacifica e senza armi, dato che in un Paese democratico lo scambio di idee non necessità che i partecipanti siano armati, oltre ovviamente al fine di tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza dei consociati.
Per le
riunioni pubbliche, è obbligatorio avvisare il questore almeno tre giorni prima, affinché l'autorità giudiziaria possa adottare eventuali provvedimenti, o comunque controllare lo svolgimento della riunione. Per i luoghi privati o aperti al pubblico non serve preavviso.
Nello specifico, la disciplina normativa di riferimento è contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773), che regola, tra l'altro, le modalità ed i tempi del preavviso ed i presupposti che legittimano il divieto delle riunioni stesse, individuati dall'art. 18 nella tutela dell'ordine e la sanità pubblici e della moralità. In ogni caso, il riferimento ai "
comprovati" motivi implica la necessità che le limitazioni siano espressamente motivate.
Va comunque precisato che
il preavviso non rappresenta un presupposto necessario per potersi riunire in pubblico. L'omissione non può infatti determinare l'illegittimità della riunione, e l'autorità può infatti intervenire solamente per motivi di sicurezza ed ordine pubblico.