Cass. pen. n. 14459/2013
Ai fini dell'accoglibilità della richiesta di riconoscimento della sentenza pronunciata da giudice straniero occorre verificare se sia stata rispettata la condizione prevista dall'art. 733, comma primo, lett. c), c.p.p. ed, in particolare, se le dichiarazioni rese dall'imputato, su cui in tutto o in parte si è fondata la condanna, siano state rilasciate in presenza di un difensore.
Cass. pen. n. 10885/2012
È legittimo il riconoscimento della sentenza penale straniera di patteggiamento a pena detentiva pari ad anni sei, posto che essa, benché avente ad oggetto una pena superiore ai limiti edittali previsti per l'applicazione del corrispondente istituto disciplinato dalla normativa processuale interna, non contiene statuizioni radicalmente contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato di cui all'art. 733, comma primo lett. b), c.p.p..
Cass. pen. n. 2442/2012
In tema di riconoscimento delle sentenze penali straniere, l'ambito del controllo sul requisito della non contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato non riguarda solo il dispositivo, ma deve investire anche la motivazione della sentenza straniera, attraverso la quale è possibile vagliare la sua conformità ai canoni del giusto processo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto necessaria la traduzione integrale della sentenza straniera, censurando la pronuncia con cui la Corte territoriale ha ritenuto sufficiente ai fini della prescritta verifica la traduzione "per estratto" della sentenza straniera, contenuta nel bollettino ministeriale).
Cass. pen. n. 40961/2008
Non sussistono i presupposti per il riconoscimento della sentenza penale straniera, ai sensi dell'art. 733, comma primo, lett. c ), c.p.p., quando nel relativo procedimento non siano state espletate le formalità necessarie per portare alla conoscenza effettiva dell'imputato l'atto di citazione a giudizio dinanzi all'autorità straniera. (Fattispecie in cui, pur risultando un domicilio dell'imputato in Italia, la sua citazione davanti all'autorità giudiziaria della Repubblica Ceca era stata effettuata esclusivamente mediante la formalità dell'affissione sulla porta del tribunale di un avviso redatto in lingua ceca ).
Cass. pen. n. 40883/2007
Ai fini del riconoscimento di una sentenza straniera ai sensi dell'art. 733 c.p.p., non è necessario che il reato riceva identico o analogo trattamento sanzionatorio nell'ordinamento italiano ed in quello straniero. (Fattispecie nella quale è stato deliberato il riconoscimento, per gli effetti di cui all'art. 12, comma primo, n. 1, c.p., di una sentenza emessa dal Tribunale distrettuale di New York, con la quale un cittadino italiano è stato condannato alla pena detentiva di anni venti, per il reato di trasporto interstatale di beni rubati e ricettazione — detenzione di beni rubati attraverso frontiere statali, in violazione del Titolo 18 del Codice degli Stati Uniti).
Cass. pen. n. 36778/2003
In tema di riconoscimento della sentenza straniera, il disposto di cui alla lettera c) dell'art. 733 c.p.p. — il quale prevede tra i presupposti che al condannato sia stato assicurato il diritto ad essere interrogato in una lingua per lui comprensibile ed il diritto ad essere assistito da un difensore — impone al giudice di verificare che il soggetto condannato sia stato consapevole dell'esistenza del procedimento a suo carico nello Stato estero e che sia stato assistito da un difensore. Quando risulta che l'autorità straniera ha svolto l'interrogatorio del soggetto con l'assistenza di un difensore, nessun rilievo ostativo può essere attribuito alla mancata conoscenza della lingua del condannato da parte del difensore presente al giudizio; infatti l'effettività della difesa tecnica non costituisce presupposto per il riconoscimento della sentenza, non essendo preclusa al soggetto la scelta di una più idonea difesa tecnica per la tutela dei propri diritti, in sede di giudizio dinnanzi alla competente autorità giudiziaria straniera.
Cass. pen. n. 801/2003
Con riguardo al limite posto dall'art. 733 lett. b) c.p.p. al riconoscimento di sentenze penali straniere, benché il nostro ordinamento costituzionale non contenga il principio del doppio grado giurisdizionale di merito ma soltanto quello della ricorribilità per cassazione per i soli casi di violazione di legge, hanno assunto forza privilegiata, in virtù degli artt. 10 e 117, comma 1, Cost., i principi delle convenzioni internazionali, contenuti nel Patto internazionale sui diritti civili e politici e nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, secondo cui ciascun condannato per fatti penalmente rilevanti ha diritto alla revisione, al riesame o alla rivalutazione da parte di un organo giurisdizionale di diversa od ulteriore istanza. Ne consegue che incombe alla corte d'appello chiamata alla valutazione dei requisiti di riconoscibilità della sentenza straniera esaminare se avverso quest'ultima siano stati dati al condannato mezzi ordinamentali di impugnazione o di revisione di qualsiasi portata. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale veniva deliberato il riconoscimento ai fini dell'art. 12 c.p. di una sentenza penale straniera divenuta irrevocabile nel medesimo giorno della sua pronunzia).
Cass. pen. n. 1385/1998
Il presupposto del riconoscimento di sentenza straniera specificato alla lett. f) dell'art. 733 c.p.p., secondo cui la sentenza non può essere riconosciuta se per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile deve logicamente riferirsi alle sentenze di merito e non a quelle meramente processuali.
Cass. pen. n. 225/1996
L'art 733 c.p.p. fa divieto di riconoscere la sentenza penale straniera se l'imputato non è stato citato a comparire in giudizio ovvero non gli è stato riconosciuto il diritto di essere assistito da un difensore, ponendo l'esigenza del cumulo delle due condizioni enunciate. Conseguentemente, non può trovare riconoscimento la sentenza di condanna emanata dal procedimento par defaut disciplinato dalla legge belga, che si svolge senza contraddittorio e senza assistenza difensiva, nei confronti dell'imputato che, citato, non compare e che, condannato, non propone opposizione. (Fattispecie relativa al diniego di riconoscimento in Italia di sentenza del Tribunale di Liegi, ai fini della recidiva).
Cass. pen. n. 1449/1995
In tema di riconoscimento di sentenze straniere l'art. 733, comma, lett. a), c.p.p. richiede, quale presupposto indefettibile, la irrevocabilità della sentenza stessa secondo le leggi dello Stato in cui è stata pronunciata. Qualora avverso la sentenza che ha deliberato il riconoscimento venga proposto ricorso per cassazione per violazione di legge deducendosi l'assenza del suddetto presupposto, la Cassazione, se l'accertamento in ordine al medesimo risulti carente, deve annullare l'impugnata decisione con rinvio per una deliberazione, non essendole in materia riservati poteri di accertamento di merito analoghi a quelli attribuibili in tema di estradizione.
Cass. pen. n. 793/1995
Ai fini del riconoscimento di una sentenza del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord per il reato di conspiracy, il giudice italiano dovrà non tanto verificare se ed a quale ipotesi di reato nazionale corrisponda il reato inglese, ma se quella condotta che l'ordinamento inglese punisce a titolo di conspiracy sia incriminabile per qualsiasi titolo in Italia. Può infatti in concreto verificarsi che specifiche condotte, incriminate a titolo di conspiracy, si inquadrino nelle fattispecie punibili in Italia a titolo di reati associativi, così come potrà verificarsi che altre condotte non siano incriminabili nel nostro paese per nessun titolo di reato, perché colà puniti, ad esempio, a titolo di responsabilità obiettiva. In simili casi il giudice italiano, oltre che considerare la condizione ostativa di cui alla lettera g) dell'art. 733 c.p.p., dovrà valutare eventuali ostacoli al riconoscimento della sentenza straniera nascenti dalle disposizioni di cui alle lettere b) ed e) della stessa norma. Si dovrà ancora tener conto che i delitti di associazione in Italia esigono l'accordo per la commissione di più reati, laddove per il reato di conspiracy basta la previsione di un unico fatto illecito. Al contrario non potrà collegarsi nessuna conseguenza ostativa, per la comparazione delle condotte, al fatto che l'ordinamento anglosassone preveda un ulteriore elemento della fattispecie, costituito dallo over act, elemento futuro ed incerto, assimilabile per il nostro diritto alle condizioni obiettive di punibilità e, pertanto, estraneo alla condotta tipica del reato.
Cass. pen. n. 1219/1995
L'art. 733, primo comma, lett. d) c.p.p. prevede, come causa ostativa al riconoscimento della sentenza penale straniera, il fatto che vi siano fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche, o alle condizioni personali o sociali abbiano influito sullo svolgimento o sull'esito del processo. Pertanto, quando l'interessato adduca di aver agito nel processo in cui è stato condannato «per coprire la propria attività segreta a favore dello Stato italiano», la norma suddetta non trova applicazione, dal momento che essa non attribuisce alcun rilievo alle ragioni individuali che hanno indotto l'imputato a tenere una determinata condotta processuale. (Fattispecie relativa al riconoscimento di sentenza della Corte delle assise criminali di Bellinzona, con la quale era stata inflitta condanna per bancarotta fraudolenta, truffa consumata e tentata, falsità in documenti, omissione di contabilità e ricettazione).
Cass. pen. n. 2539/1992
Nell'ordinamento giuridico inglese il termine «conspiracy» indica l'accordo tra due o più persone mirante alla realizzazione di un evento criminoso e seguito da un atto che sia rivelatore del detto accordo in quanto costituisce l'inizio della consumazione del reato previsto nell'accordo. Ne consegue che il reato di «conspiracy» va tenuto ben distinto dal nostro delitto di associazione per delinquere. Questo presuppone, infatti, la formazione e la permanenza, fra tre o più persone, di un vincolo associativo finalizzato allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti e la predisposizione comune di mezzi all'uopo idonei, mentre l'altro si concreta nell'accordo, tipico del concorso di persone nel reato, attraverso cui due o più soggetti decidono di commettere uno o più specifici fatti criminosi, accordo che non è punibile di per sè, ma costituisce reato solo se e quando del reato o dei reati programmati viene almeno iniziata l'esecuzione. (Fattispecie in tema di riconoscimento di sentenza penale straniera, esclusa in presenza delle condizioni previste dall'art. 733 lett. g), c.p.p.).