Cass. pen. n. 29433/2013
Al solo pubblico ministero è riconosciuta la competenza esclusiva di chiedere al gip, ai sensi dei commi secondo e ss. dell'art. 240 c.p.p., la distruzione della documentazione formata attraverso la raccolta illegale di informazioni o attraverso intercettazioni illegali, trattandosi di competenza accessoria all'attività di raccolta delle prove. (In applicazione di tale principio è stata ritenuta inammissibile la richiesta di un indagato di procedere alla distruzione di documentazione contenente le informazioni bancarie di migliaia di correntisti, formata abusivamente da un ex dipendente infedele).
Cass. pen. n. 838/2004
In tema di confisca facoltativa, il principio di cui all'art. 240, comma primo, c.p.p. — per il quale il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono a commettere il reato — non deve essere inteso nel senso dell'intrinseca pericolosità dell'oggetto da confiscare, nel qual caso opera la confisca obbligatoria (art. 240, comma secondo, c.p.p.), bensì nel senso che tale oggetto, ove lasciato nella disponibilità del condannato, potrebbe costituire per quest'ultimo un incentivo a commettere ulteriori reati ed è con riguardo a quest'ultimo aspetto che il giudice deve fornire adeguata motivazione. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione del giudice di merito in ordine alla confisca di un'autovettura necessaria per la consumazione del delitto di rapina in danno di coppie, appartate in luoghi isolati e lontani dal centro abitato, in modo da agire contro persone indifese ed alla mercè degli aggressori ed allontanarsi precipitosamente una volta realizzati gli illeciti scopi, garantendosi così l'impunità).
Cass. pen. n. 44868/2003
L'assoluta inutilizzabilità dei documenti anonimi, sancita dall'art. 240 c.p.p., si riferisce ai documenti rappresentativi di dichiarazioni, sicché la norma non trova applicazione in relazione ai documenti fotografici.
Cass. pen. n. 4739/2002
In tema di contrabbando, le cose che servirono per la commissione del reato o che ne costituiscono l'oggetto, il profitto o il prodotto sono soggette a confisca anche nel caso che il reato venga dichiarato estinto per prescrizione, derogando la disciplina fissata dall'art. 301, comma 1, del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 a quella generale contenuta nell'art. 240 c.p. (Nell'affermare tale principio la Corte ha precisato che la confisca disciplinare dal citato art. 301 deve essere disposta anche nei casi di proscioglimento per cause che non riguardano la materialità del fatto e non interrompono il rapporto tra le cose e la circostanza della loro introduzione illegale nel territorio dello Stato).
Cass. pen. n. 1872/1999
Una dichiarazione accusatoria dal contenuto frammentario, perché documentata in un verbale coperto da vari
omissis, e anonima in ordine alla identità della persona che l'ha resa, può essere valutata quale fonte di prova, agli effetti della applicazione di una misura cautelare, soltanto nella ipotesi in cui le omissioni, sia relative alla identità del dichiarante che al relativo contenuto, siano state giustificate da obiettive e dichiarate esigenze di cautela processuale, tali da poter essere positivamente valutate dal giudice che deve controllarne la valenza processuale, e che il contenuto residuo della dichiarazione possa essere proficuamente utilizzato per un giudizio da parte del giudice in ordine alla sua credibilità oggettiva. In mancanza di tali caratteristiche, la dichiarazione è equiparabile ad un documento anonimo, la cui utilizzazione processuale è espressamente vietata dall'art. 240 c.p.p.
Cass. pen. n. 2450/1997
È nullo il decreto di perquisizione e sequestro emanato in seguito a denuncia anonima e, quindi, utilizzato come mezzo di acquisizione di una notizia di reato e non come mezzo di ricerca della prova. Infatti, la denuncia confidenziale o anonima — non inseribile negli atti ed inutilizzabile — non può qualificarsi notizia di reato idonea a dare inizio alle indagini preliminari: se tale notizia è specifica e verosimile, il Pubblico Ministero può disporre accertamenti per verificare la sua fondatezza, ma queste investigazioni — volte allo scopo di acquisire elementi di prova utilizzabili — si pongono fuori delle indagini preliminari in quanto sfornite di pregressa notitia criminis, sicché l'accusa non può procedere a perquisizioni, sequestri, intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l'esistenza di indizi di reità. (Nella specie la S.C. ha osservato che la circostanza che la perquisizione abbia avuto esito positivo — perché conclusasi con il reperimento di documenti utili alle successive indagini — è evento irrilevante a neutralizzare l'originaria illegittimità; inoltre, in conseguenza dello stretto rapporto funzionale tra l'atto di ricerca della prova — perquisizione — e la sua materiale apprensione — sequestro — l'illegittimità del primo si estende al secondo provvedimento).
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Le denunce anonime o le notizie confidenziali possono dar luogo all'effettuazione di attività investigativa, ma non possono legittimare l'adozione di provvedimenti incidenti sui diritti della persona, fra i quali anche perquisizioni, sequestri o intercettazioni telefoniche.
Cass. pen. n. 2087/1994
Se delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso processuale e probatorio, ai sensi dell'art. 333, comma 3, c.p.p., gli elementi che tali denunce contengono possono stimolare l'attività di indagine nella fase processuale volta ad espletare quella iniziativa di acquisizione di
notitiae criminis e di preliminare verifica conoscitiva di elementi a tal fine utili che il vigente codice di rito riferisce al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria. (Fattispecie in tema di sequestro probatorio eseguito nel corso delle indagini sulla base di una denuncia anonima).