Cass. pen. n. 31244/2009
L'ordinanza con la quale si provvede alla rinnovazione della custodia cautelare in carcere a norma dell'art. 301 cod. proc. pen. non è impugnabile con ricorso diretto per cassazione, ma solo con appello. (Qualifica appello il ricorso, Gip Trib. Pistoia, 13 maggio 2009).
Cass. pen. n. 2469/2007
In tema di impugnazioni delle misure coercitive, il ricorso cosiddetto "per saltum" in cassazione può essere proposto solo avverso le ordinanze genetiche delle misure coercitive, essendo invece inammissibile con riferimento a tutti i restanti provvedimenti ad esse relativi, unicamente impugnabili, a norma dell'art. 310 cod. proc. pen., col mezzo dell'appello. (Nella specie, il ricorso riguardava ordinanza di rigetto della richiesta di revoca della misura degli arresti domiciliari) (Qualifica appello il ricorso, Gip Trib. Gela, 11 Giugno 2007).
Cass. pen. n. 2255/1997
L'obbligo di sentire previamente il difensore, che l'art. 301, comma 2, c.p.p. — nel testo risultante dalla parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 219 del 29 maggio - 8 giugno 1994, nella parte in cui non prevede che previamente sia sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura — pone a carico del giudice al quale sia stata richiesta dal pubblico ministero la rinnovazione della misura cautelare disposta per esigenze probatorie, non è estensibile all'ipotesi in cui la rinnovazione sia richiesta per esigenze di difesa sociale; infatti, solo nel primo caso è prescritto il contraddittorio con il difensore, al fine di prevenire l'emissione di una ordinanza volta a rinnovare una misura la cui efficacia stia per venir meno per la scadenza del termine.
Cass. pen. n. 3346/1996
Il provvedimento di rinnovo della misura coercitiva della custodia in carcere disposta per esigenze probatorie deve, ai sensi dell'art. 301 comma secondo ter, essere preceduto dall'interrogatorio dell'imputato solo qualora i reati per cui si procede siano diversi sia da quelli previsti dall'art. 407 comma secondo lett. a), numeri da 1 a 6 c.p.p., sia da quelli che di per sè richiedono indagini particolarmente complesse per la molteplicità dei fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone offese. Tale disciplina si giustifica in quanto per i reati che di regola non postulano investigazioni di particolare complessità, l'indagine del giudice è più stringente dovendo egli verificare, nel contraddittorio tra le parti, le ragioni che hanno impedito il compimento, nei termini prefissati, delle indagini per le quali la misura era stata disposta. Del pari risulta razionale l'omessa previsione dell'interrogatorio de quo quando il giudice deve valutare il persistere delle esigenze cautelari nell'ambito di un procedimento concernente fatti reati caratterizzati, in base a criteri oggettivi, dalla complessità delle indagini.
Cass. pen. n. 921/1996
I commi 2 bis e 2 ter dell'art. 301 c.p.p., introdotti dall'art. 14 della L. 8 agosto 1995, n. 332, in ragione della loro collocazione sistematica e del tenore letterale, hanno identico ambito oggettivo. Conseguentemente, il termine di novanta giorni, previsto come limite di operatività della proroga dal comma 2 ter è condizionato alla sussistenza dei due presupposti specificati nel comma precedente, ossia che non si proceda per i reati previsti dall'art. 407, comma 2, lett. a), numeri da 1 a 6 c.p.p., ovvero per reati per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse, ovvero è richiesto il compimento di atti di indagine all'estero. (Fattispecie relativa alla custodia in carcere per omicidio).
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In tema di misure cautelari personali, col termine «proroga», adoperato nell'art. 14 della L. 8 agosto 1995, n. 332, che ha aggiunto al testo dell'art. 301 c.p.p. i commi 2 bis e 2 ter, il legislatore non ha introdotto una nuova ipotesi di proroga, distinta dall'omologo istituto disciplinato dall'art. 305 c.p.p. e dalla rinnovazione, prevista dal citato art. 301. Malgrado l'uso improprio del termine, infatti, le disposizioni aggiunte dalla novella attengono all'istituto della rinnovazione, che si sostanzia nella proroga del termine di efficacia della misura cautelare.
Cass. pen. n. 5629/1996
L'indicazione, sempre obbligatoria, nell'ordinanza applicativa di misura cautelare, del termine della sua durata, ai sensi dell'art. 292, comma 2, lett. d), quando il provvedimento, pur nel concorso di altre esigenze cautelari, sia finalizzato anche alla salvaguardia di quelle previste dall'art. 274, lett. a), c.p.p., non è da considerare, proprio per detta sua obbligatorietà, come indice di una prevalenza delle esigenze di cautela probatoria rispetto alle altre sicché, nel perdurare di queste ultime, l'intervenuta scadenza del termine in questione non implica l'automatica revoca della misura imposta.
Cass. pen. n. 4310/1996
L'obbligo di sentire previamente il difensore, che l'art. 301, comma 2, c.p.p. — nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 219 del 1994 con la quale è stata dichiarata la parziale illegittimità della norma — pone a carico del giudice al quale sia stata richiesta dal pubblico ministero la rinnovazione della misura cautelare disposta per esigenze probatorie, non è estensibile all'ipotesi di adozione di un provvedimento coercitivo al solo scopo di precisare l'imputazione formulata in un analogo provvedimento precedente e relativo al medesimo fatto; il contraddittorio con il difensore è prescritto infatti, nel primo caso, al fine di prevenire l'emissione di un'ordinanza che varrebbe a privare nuovamente della libertà l'indagato o comunque a rinnovare una misura la cui efficacia sta per venir meno per la scadenza di un termine; nell'ipotesi di adozione di un nuovo provvedimento cautelare al fine di precisare l'imputazione, viceversa, l'indagato non ha riacquistato la libertà — né la sta per riacquistare — e gli effetti della successiva ordinanza retroagiscono, ai sensi dell'art. 297, comma 3, c.p.p., al momento dell'esecuzione del primo provvedimento restrittivo sicché non trova giustificazione un'anticipata instaurazione del contraddittorio.
Cass. pen. n. 44/1995
Il principio di cui all'art. 302 c.p.p., secondo cui non è consentito disporre nuovamente la custodia cautelare se non dopo la effettiva cessazione del precedente stato di detenzione nonché dopo l'interrogatorio dell'indiziato o la sua mancata comparizione, non è suscettibile di interpretazione analogica e, pertanto, non si applica al di fuori dell'ipotesi, ivi prevista, di caducazione della misura cautelare per omesso, tempestivo interrogatorio. In particolare, quindi, il principio non può trovare applicazione in caso di annullamento dell'ordinanza impositiva della custodia cautelare per ritenuta esistenza di un vizio formale diverso da quello dianzi accennato.
Cass. pen. n. 101/1993
La rinnovazione della misura cautelare disposta per esigenze probatorie, ai sensi dell'art. 301, secondo comma, c.p.p., esige la verifica, da parte del giudice, dell'attività compiuta e di quella da compiere, per valutare la necessità di quest'ultima e soprattutto per stabilire se rispetto ad essa esista effettivamente il pericolo che la persona sottoposta alla misura operi in modo da pregiudicare l'acquisizione o la genuinità della prova.