Secondo la definizione più diffusa, per
amministrazione giudiziaria si intende la gestione temporanea dell'immobile pignorato in attesa di una futura vendita, differita nel tempo.
Ai sensi dell’
art. 591 del c.p.c., tale amministrazione può essere disposta dopo l'infruttuoso esperimento della vendita, in alternativa alla fissazione di una nuova vendita, se non vi sono domande di assegnazione del
bene oppure se il
giudice dell'esecuzione ritiene di non doverle accogliere.
Il suo scopo è quello di consentire che gli ulteriori incanti o l'assegnazione possano avvenire nelle migliori condizioni possibili, evitando sia che le vendite successive vengano fissate in condizioni sfavorevoli del mercato sia che, nel frattempo, l'immobile possa deteriorarsi.
E’ discusso se il medesimo istituto possa assolvere anche ad una diversa funzione, ossia quella di consentire, nel termine massimo di tre anni, la soddisfazione dei creditori con i
frutti civili ricavati dall'immobile.
In realtà, stando a quanto emerge dalla Relazione del Ministro Guardasigilli al Re, si ritiene che l’intenzione del legislatore sia stata proprio quella di attribuire all'amministrazione giudiziaria entrambe le funzioni, cioè permettere in molti casi ai creditori di trarre temporaneamente un beneficio dalla gestione del bene pignorato e contemporaneamente evitare ad
debitore il pericolo che la vendita avvenga a condizioni per lui troppo sfavorevoli.
La legge non prevede espressamente quali siano i poteri e gli obblighi dell'
amministratore giudiziario, ed al riguardo si sono sviluppate due diverse tesi.
Secondo la prima spetta al giudice dell'esecuzione determinare di volta in volta le funzioni ed i poteri dell'amministratore; in assenza di disposizioni, non può che trovare applicazione la regola generale in tema di amministrazioni giudiziarie, secondo cui l'amministratore ha il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell'ordinaria amministrazione, mentre è necessaria una specifica
autorizzazione per compiere
atti di straordinaria amministrazione.
Secondo un’altra tesi, trova applicazione l’art. 1800cc, con la conseguenza che i poteri dell'amministratore sono quelli del
depositario per ciò che concerne l'attività di custodia del bene, mentre si applicano le norme del
mandato, se la natura delle cose richiede atti di amministrazione.
Altra problematica che tale istituto ha richiesto di affrontare concerne la sua differenza con la custodia, la quale costituisce la conseguenza naturale del
pignoramento.
In dottrina è stata al riguardo rilevato che l'amministratore ha non solo il compito di conservare ma anche quello di amministrare i beni pignorati, il che trasforma la gestione da statica a dinamica.
Per tale ragione si è affermato che il legislatore ha in realtà inteso operare una distinzione tra "amministrazione conservativa" (è tale quella del custode), e "amministrazione gestoria" (è tale quella svolta dall'amministratore giudiziario).
Soggetti attivi dell’amministrazione giudiziaria possono essere uno o più creditori, l’istituto all'uopo autorizzato con decreto del Ministero di Grazia e Giustizia, oppure lo stesso debitore se tutti i creditori vi consentono (in quest’ultimo caso occorre anche il consenso dei
creditori iscritti non intervenuti ex
art. 590 del c.p.c.).
L'amministratore assume la qualità di
organo ausiliare del giudice (
art. 65 del c.p.c.), con gli obblighi ed i poteri propri di questo.