La norma in esame disciplina la
fase decisoria del procedimento semplificato di cognizione, mutuando le stesse regole del rito ordinario, ma utilizzando il modello generale della
decisione a seguito di
discussione orale.
Pertanto, una volta rimessa la causa in decisione, il
Tribunale in composizione monocratica deciderà in conformità al disposto di cui all’
art. 281 sexies del c.p.c., ovvero provocando la discussione orale tra le parti, per poi pronunciare
sentenza mediante lettura del
dispositivo ed una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
Il
Tribunale in composizione collegiale, invece, deciderà ex
art. 275 bis del c.p.c., norma che introduce una forma di discussione orale davanti al collegio su iniziativa del
giudice istruttore ed a prescindere da una previa richiesta di ciascuna delle parti.
La principale novità della riforma deve individuarsi nella circostanza che il provvedimento finale avrà forma di sentenza e non più quella dell’ordinanza; in conseguenza di ciò, la stessa sarà impugnabile nei modi ordinari, e pertanto anche attraverso gli strumenti della
revocazione e dell’
opposizione di terzo (impugnazioni che per l’ordinanza pronunciata all’esito del procedimento sommario di cognizione ponevano dei problemi).
Un’ulteriore particolarità del rito semplificato deve individuarsi nella modalità di emissione della sentenza, la quale potrà essere pronunciata al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ovvero essere depositata in cancelleria entro 30 o 60 giorni successivi alla discussione, a seconda che il Tribunale decida in composizione monocratica o collegiale.
La riforma non ha dettato una specifica disciplina per quella che è la fase dell’impugnazione del procedimento semplificato, dovendosi tuttavia ritenere pacifica l’applicazione degli artt.
325,
326 e
327.
Con particolare riguardo al giudizio d’appello, non ricorre più una delle particolarità che aveva caratterizzato l’impugnazione dell’ordinanza conclusiva del procedimento sommario, ovvero l’ammissibilità di nuovi
mezzi di prova e di nuovi documenti, consentita ex
art. 702 quater del c.p.c. sia allorchè la parte fosse riuscita a dimostrare di non averli potuti proporre nel precedente grado di giudizio per causa alla stessa non imputabile, sia allorchè fosse stato lo stesso collegio a ritenerli indispensabili ai fini della decisione.
La sola differenza rilevante tra l’appello del rito semplificato e quello ordinario può individuarsi nella previsione che la decisione segua la tecnica della discussione orale sia collegiale che monocratica.