La norma in esame sancisce l'
onere, gravante su ciascuna delle parti, di dare impulso all'acquisizione dei mezzi di prova, onere dal cui mancato assolvimento se ne fa derivare la decadenza dalla possibilità di farli assumere, sebbene si tratti di mezzi di prova precedentemente ammessi.
In considerazione della sua particolare collocazione, è discusso se questa norma debba ritenersi applicabile o meno a qualsiasi mezzo di prova.
Due sono gli orientamenti sviluppatisi al riguardo:
-
secondo parte della dottrina non può mai aversi decadenza per le prove la cui assunzione sia stata disposta ex officio così come per le c.d. prove negoziali (es. la confessione o il giuramento o, ancora, la verificazione di scritture e la querela di falso);
-
secondo altra parte della dottrina, invece, la norma in esame trova applicazione anche in riferimento alle prove disposte ex officio, in tal senso argomentandosi dal fatto che l’acquisizione di una prova pone tre oneri ben distinti, che sono:
-
la richiesta delle prove;
-
la presenza all'inizio dell'assunzione;
-
l'assistenza alla sua prosecuzione.
Nel casi di prova disposta
ex officio, non si pone la necessità di adempiere soltanto al primo di tali oneri, mentre restano fermi gli altri due; pertanto, è anche qui necessario che almeno una delle parti sia presente all'udienza fissata per l'assunzione.
Ritornando a quanto qui previsto, dispone la norma che, dopo che le parti hanno dato l'impulso iniziale, non possono disinteressarsi dell'assunzione dei mezzi richiesti; pertanto se le parti o i loro procuratori non compaiano all'udienza fissata per l'assunzione, il giudice procedente le dichiara decadute dal diritto di far assumere la prova, con effetto preclusivo sia per il giudizio di primo grado sia per il successivo ed eventuale giudizio di appello.
Se, invece, dovessero essere riscontrate soltanto delle irregolarità, il giudice dispone la rinnovazione, rinviando ad una nuova udienza l'assunzione dei mezzi di prova.
La decadenza riguarda esclusivamente la parte assente interessata all'acquisizione al giudizio della prova, ed opera automaticamente, a meno che la parte intervenuta non ritenga opportuno procedere ugualmente alla sua acquisizione, avanzando una espressa richiesta in tal senso in applicazione del principio dell'acquisizione processuale (la sua sola presenza non è di per sé sufficiente ad ostacolare la pronuncia della decadenza).
Indubbiamente, se nessuna delle parti compare, sarà inevitabile la pronuncia di decadenza da parte del giudice, poiché non vi è in udienza nessuno che possa chiedere di procedere comunque all'assunzione.
In questo caso il giudice sarà tenuto a fissare una successiva udienza, allo scopo di consentire alle parti di proporre l'istanza di revoca prevista dal secondo comma della norma in esame.
Se poi anche a tale successiva udienza nessuna delle parti compaia, il giudice ordina la
cancellazione della causa dal ruolo, per effetto del combinato disposto degli artt. 309 e 181 c.p.c.
La decadenza riguarda solo il singolo mezzo di prova, il che comporta che se la parte è decaduta per quel particolare mezzo, può comunque assolvere all'onere della prova avvalendosi di altri mezzi; inoltre, se la declaratoria di decadenza dovesse intervenire ad assunzione già iniziata, ne resterebbe inficiata solo la parte di prova ancora da assumere e ne sarebbero esclusi tutti quei mezzi per l'acquisizione dei quali è prevista e fissata un'udienza successiva.
Se l'assunzione è stata delegata ad altro giudice, spetta a questo il potere di dichiarare con ordinanza la decadenza della parte dall'assunzione.
In tutti i casi in cui il giudice pronuncia la decadenza, la parte che ne subisce le conseguenze può, per espressa previsione del 2° co. della norma in esame, chiedere la revoca del provvedimento, proponendo apposita istanza (trattasi, infatti, di ordinanza revocabile ad opera dello stesso giudice che l'ha pronunciata).
Poiché è espressamente previsto uno specifico mezzo, attivabile su impulso di parte, per ottenere il ritiro del provvedimento sanzionatorio, l’ordinanza che dichiara la decadenza non è revocabile d'ufficio dal giudice, il cui margine di discrezionalità è piuttosto limitato.
Il giudice, da parte sua, sarà tenuto ad accogliere la richiesta della parte soltanto se si persuada che la mancata comparizione sia stata cagionata da una causa non imputabile alla stessa (trattasi di valutazione incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, in quanto rimessa alla discrezionalità del giudice stesso).
Per quanto concerne il concetto di causa non imputabile, si ritiene che questa debba consistere “
in un fatto esterno alla sfera di controllo della parte o del suo difensore, che deve essere specificamente allegato e spiegato nella sua efficienza causale” e che non si possa ridurre ad una semplice mancanza di diligenza.
Per ottenere la revoca occorre rispettare i tempi qui espressamente previsti, ovvero la stessa deve essere chiesta tempestivamente, nella prima udienza successiva a quella in cui la decadenza è stata dichiarata.
Qualora il giudice si decida a concedere la revoca, disponendo la
rimessione in termini, si ritiene che, ove possibile, lo stesso debba procedere all'assunzione nella stessa udienza in corso, ovvero in altra appositamente fissata ai sensi dell’
art. 202 del c.p.c..
Il provvedimento con cui si concede la revoca rivestirà anch'esso il carattere di ordinanza, non è autonomamente impugnabile, ma la parte che abbia tempestivamente proposto istanza in primo grado può ottenerne la revoca in
appello.
Inoltre, qualora il giudice di primo grado dovesse omettere di provvedere sull'istanza di revoca oppure dovesse respingerla, la parte può riproporla in appello.