La seconda fase del
processo di scioglimento della
comunione consiste nella c.d. attuazione del diritto alla
divisione e si risolve nelle operazioni divisorie vere e proprie.
Ad essa si giunge solo se la prima fase termina con il riconoscimento della sussistenza del diritto a dividere, anche quando il contrasto tra i
condividenti attiene esclusivamente al
quomodo della divisione.
Generalmente, in applicazione del principio generale di cui all'
art. 175 del c.p.c., la direzione delle operazioni di divisione è conferita al giudice istruttore.
Il valore dei beni da dividere viene determinato in base ai prezzi di mercato correnti al momento della decisione, tenuto conto dei fatti sopravvenuti in corso di causa, ma tale valore va aggiornato anche in appello.
Pertanto, se nel lasso di tempo che intercorre tra la
stima e la divisione interviene un mutamento di valore dei beni, occorre procedere ad un adeguamento dell'originario valore di stima.
In sede di verifica della consistenza dei beni comuni e di predisposizione di un piano di riparto, il giudice può fare
ricorso all’ausilio dell'opera di un esperto, il quale, secondo quanto disposto dall’
art. 194 delle disp. att. c.p.c., può essere nominato d'ufficio o su istanza di parte (a tale nomina si può procedere anche nel caso di delega dello svolgimento delle operazioni al notaio).
Particolarmente delicato ed importante è il ruolo che l’esperto viene ad assumere in ordine alla verifica della legittimità urbanistica del bene ex Legge n. 47/1985, tenuto conto che in presenza di un immobile privo dei requisiti di commerciabilità dovrà rigettarsi la domanda di divisione per impossibilità giuridica relativa dell'oggetto del giudizio.
La norma prevede che le operazioni di divisione possano essere delegate al notaio, costituendo la delega qui prevista un'applicazione della previsione di carattere generale di cui al secondo comma dell'
art. 68 del c.p.c., per effetto del quale, nei casi individuati legislativamente, il giudice può affidare il compimento di determinate attività al notaio.
Costituisce questo un modo alternativo di svolgimento delle operazioni divisionali (il giudice "commette" non si fa "assistere"), a cui il
giudice istruttore ha facoltà di fare ricorso d'ufficio, senza la richiesta e il consenso delle parti (rientra nella sua discrezionalità la decisione se ricorrere alla delega per il compimento integrale delle operazioni divisorie o di singoli atti).
Seppure nulla sia disposto in ordine alla revocabilità della delega, è diffusa la tesi secondo cui non può essere preclusa al giudice la facoltà di revocare tale delega ove si manifesti la sua inutilità in ragione del comportamento del
professionista nello svolgimento del compito che gli è stato affidato, o anche in caso di rinunzia alla delega da parte dello stesso; in questo caso il giudice potrebbe avocare a sé le operazioni incompiute o delegare un altro
notaio.
Al conferimento dell’incarico si provvede con
ordinanza, per la quale non è richiesta un’apposita motivazione, costituendo una deroga al personale esercizio da parte del giudice delle operazioni di divisione.
A differenza di ciò che accade nel caso in cui le operazioni divisorie siano dirette dal giudice (essendo in questo caso le parti rappresentate dai loro difensori), dinanzi al notaio le suddette operazioni devono svolgersi alla presenza personale delle parti.
Discussa è la natura di questa forma di divisione (c.d. divisione notarile giudiziale).
Secondo la tesi c.d. contrattuale la divisione muterebbe natura per assumere quella contrattuale, argomentandosi dalla natura privatistica del notaio, dalla necessaria presenza di tutte le parti alle operazioni di divisione e dalla considerazione che i provvedimenti che chiudono il giudizio su accordo delle parti sono soggetti alle impugnative negoziali.
Al contrario, i sostenitori della tesi processuale pongono in evidenza come la delega in questione non possa considerarsi eccezionale in un contesto di generalizzata delegabilità al notaio delle procedure esecutive; a ciò si aggiunge che l'attività del notaio riceve sempre l'avallo del giudice attraverso un suo provvedimento al quale va ricondotto l'effetto divisorio, il che comporta che il professionista agisce come mero
ausiliario del giudice.
Si ritiene che siano intrasferibili al notaio i poteri ordinatori, poiché il medesimo, allorchè si renda necessario compiere attività di carattere tecnico pratico nella formazione della massa da dividere e delle relative quote, può farsi assistere da un esperto, ma non può nominarlo direttamente, dovendo avanzare istanza al giudice che vi provvede.
L'eventuale nomina dell'esperto effettuata dal notaio sarebbe affetta da nullità che, in forza di quanto disposto dall’
art. 157 del c.p.c., va eccepita dalla parte nella prima istanza o nella prima difesa successiva al suo compimento (in caso contrario si realizza la sanatoria).
A ciò si aggiunga che il notaio è carente di potere decisorio, considerato che secondo quanto disposto dall’
art. 790 del c.p.c., ove sorgano contestazioni questi non può risolverle ma deve redigere
processo verbale e trasmetterlo al giudice istruttore, il quale, con
decreto, fissa l'udienza di trattazione.