La norma in esame disciplina la c.d.
divulgazione della sentenza,
da distinguere dalla pubblicazione ex
art. 133 del c.p.c. e dalla pubblicità ex
art. 186 del c.p.c.; tale forma di pubblicazione considera la
sentenza non come provvedimento, ma come fatto storico dell’avvenuta decisione.
Sebbene nel primo comma si faccia solo riferimento alle decisioni di merito, si ritiene che tale categoria debba essere intesa in senso ampio, così da comprendervi anche i
provvedimenti cautelari.
La finalità che con tale istituto ci si prefigge di conseguire è quella di riparare il danno derivante, a titolo di responsabilità aggravata, dall’illecito processuale costituito dalla c.d. lite temeraria.
Si afferma, infatti, da un lato che questa norma introdurrebbe una forma di risarcimento del danno in forma specifica ex
art. 2058 del c.c., mentre secondo altra tesi la funzione della pubblicità della sentenza non è da ricondurre unicamente al risarcimento del danno individuale, ma all’interesse più generale che non circolino nella collettività false rappresentazioni della realtà giuridica.
Prima della riforma del 2009, la norma in esame prevedeva la pubblicità soltanto mediante inserzione per estratto della parte motiva in uno o più giornali individuati dal giudice; con la novella del 2009, invece, sono state ampliate le forme di pubblicità della sentenza, ammettendosi non soltanto la comunicazione, ma anche l’uso dei mass media, nonché delle testate giornalistiche, radiofoniche, televisive e dei siti internet.
Grava sul soccombente l’obbligo di dare esecuzione all’ordine di pubblicazione, rispettando le modalità indicate dal giudice e sopportandone le relative spese.
In caso di inadempimento, poiché si tratta di un
facere specifico, non troverà applicazione l’
art. 612 del c.p.c., bensì il secondo comma della norma in esame, ossia sarà la parte in favore della quale è stata disposta la pubblicazione a provvedervi personalmente, con diritto ad essere rifusa delle spese dall’obbligato (eventualmente facendo ricorso al n. 2 dell’
art. 633 del c.p.c..
Secondo parte della dottrina la pubblicazione può avvenire su iniziativa autonoma della parte interessata, a sue spese e senza alcun intervento giudiziale; in tal caso, però, la parte che la esegue si assumerà il rischio che ne possano emergere gli estremi di una
responsabilità extracontrattuale a suo carico ex
art. 2043 del c.c..
Infine, va evidenziato che il giudice gode di piena discrezionalità nel determinare il contenuto della pubblicazione, la quale può farsi per esteso, per estratto e sintesi o limitatamente al solo dispositivo.