(massima n. 1)
La concorrenza sleale è suscettibile di arrecare un pregiudizio economico pur nella sua stessa configurazione obiettiva, ma l'art. 2600 c.c., in omaggio al principio dell'imputabilità, la considera come fonte di un'obbligazione risarcitoria solo se i relativi atti siano stati compiuti con dolo o colpa. In tal caso, il giudice può ordinare anche la pubblicazione della sentenza e il relativo provvedimento assume, quindi, una funzione riparatoria complementare, essendo rivolto a circoscrivere o a prevenire le ulteriori conseguenze dannose. La detta pubblicazione non è, peraltro, indissolubilmente collegata con il risarcimento del danno subito dal soggetto passivo dell'illecita concorrenza, per cui anche la semplice condanna generica può consentire l'esercizio dell'anzidetta facoltà discrezionale. In linea generale, non vi è, pertanto, concettuale incompatibilità tra l'ordine di pubblicazione della pronuncia di accertamento di atti di concorrenza commessi con dolo o colpa e il rinvio della liquidazione del danno ad un separato giudizio.