L’
ispezione è un atto processuale in forza del quale il
giudice acquisisce direttamente e immediatamente il proprio convincimento in ordine a fatti controversi attraverso la percezione del fatto da provare.
Con il termine ispezione si intende, infatti, l’osservazione che, nel corso del
processo, il giudice compie dello stato o condizione di cose, luoghi e persone, ossia di oggetti che, non essendo processualmente acquisibili nella loro entità fisica, possono soltanto essere osservati in modo tale da acquisire al processo il risultato di tale osservazione.
La dottrina si è preoccupata di analizzare il rapporto che intercorre tra ispezione ed esibizione delle prove (istituto previsto dall’
art. 210 del c.p.c.): parte di essa sostiene che tra i due istituti intercorra un rapporto di strumentalità, mentre secondo altra tesi (maggioritaria) deve negarsi l’esistenza di un nesso teleologico tra gli stessi, affermandosi la loro autonomia sia sotto il profilo strutturale che funzionale.
In particolare, la loro autonomia si ricava da:
a) differente regime dell’iniziativa istruttoria, essendo l’ispezione esperibile d’ufficio, mentre l’esibizione richiede l’istanza di parte;
b) oggetto di ispezione possono essere sia persone che cose, mentre l’esibizione può avere ad oggetto solo cose;
c) l’esibizione è volta a far acquisire al processo la fonte di prova, mentre con l’ispezione si conseguono soltanto i risultati dell’esame della stessa da parte del giudice.
Si tende generalmente ad escludere che oggetto di ispezione possano essere i documenti, in relazione ai quali, invece, è possibile chiedere l’esibizione in giudizio ad istanza di parte.
In relazione all’
ispezione personale, hanno assunto particolare importanza le indagini ematologiche e genetiche, a cui generalmente si ricorre in sede di accertamento del rapporto di filiazione.
Il provvedimento con il quale si dispone l’ispezione ne deve predeterminare l’oggetto materiale, mediante la preventiva determinazione del fatto da provare e l’individuazione esatta del fatto materiale da cui la prova deve scaturire (è, infatti, inammissibile un’ispezione avente scopi puramente esplorativi).
La norma prevede che i beni oggetto dell’ispezione debbano essere in possesso delle parti o di un terzo, discutendosi se la nozione di possesso debba intendersi in senso stretto, o se soggetto passivo dell’ispezione possa anche essere il mero detentore della cosa.
Il giudice può ordinare l’ispezione solo se appare indispensabile per conoscere i fatti della causa o se costituisce il solo mezzo disponibile per accertare tali fatti, una volta esperiti infruttuosamente gli altri mezzi istruttori.
Secondo parte della dottrina, invece, il requisito della indispensabilità deve essere valutato con riferimento al presumibile danno che può arrecarsi alla parte o al terzo soggetti all’ispezione, con la conseguenza che essa può essere disposta quando, secondo la previsione del giudice, il danno risulta minimo ed anche se appare semplicemente utile per la conoscenza dei fatti.
Generalmente il grave danno viene individuato nella lesione del diritto alla riservatezza (tutelato dagli artt. 13 e 14 cost.), lesione che può essere conseguenza della pubblicizzazione di fatti di carattere strettamente personale, che i soggetti hanno interesse a mantenere riservati.
L’ispezione, ancora, non deve costringere la parte o il terzo a violare un
segreto professionale, d’ufficio o di Stato, ovvero uno dei segreti di cui agli artt.
200-
202 c.p.p.: si tratta di una indicazione tassativa, la quale non può essere estesa né al segreto bancario e neppure all’obbligo del segreto derivante da leggi o convenzioni che riguardano soggetti esercenti professioni diverse da quelle previste dalle norme penali che vengono qui richiamate.
Diverse sono le conseguenze del rifiuto ingiustificato di consentire l’ispezione disposta dal giudice, distinguendosi a seconda che il rifiuto provenga dalla parte o dal terzo.
Nel caso in cui provenga dalla parte, mentre prima della Riforma Cartabia il giudice poteva soltanto desumere da tale rifiuto
argomenti di prova secondo il disposto di cui al secondo comma dell’
art. 116 del c.p.c., adesso, invece, la prima parte del secondo comma della norma in esame è stata modificata inserendovi la previsione che, anche in caso di rifiuto della parte, è applicabile una sanzione pecuniaria, determinata in una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 3.000, da versarsi a favore della
cassa delle ammende.
Se, invece, il rifiuto proviene dal terzo, quest’ultimo può essere dallo stesso giudice condannato ad una
pena pecuniaria la cui entità va, a seguito della riforma operata dalla Legge 69/2009, da un minimo di euro 250 ad un massimo di euro 1.500.
Ai fini dell’applicazione della sanzione, non occorre che il rifiuto venga manifestato in modo esplicito ed espresso, potendo essere desunto da fatti concludenti ed univoci.
Per quanto concerne la possibilità di dare esecuzione coattiva all’ordine di ispezione rimasto inattuato, vi è in dottrina unanimità di opinioni in ordine alla esclusione della sua coercibilità nelle ipotesi di ispezione corporale, mentre sussistono dei dubbi per l’ispezione di cose e luoghi.
L’ispezione viene disposta d’ufficio dal
giudice istruttore con ordinanza revocabile ex
art. 177 del c.p.c., la quale non è più reclamabile al collegio; il relativo provvedimento deve fissare tempo, luogo e modo della sua esecuzione e deve essere congruamente motivato, con indicazione di quelli che sono i presupposti di ammissibilità dell’ispezione.
Poiché viene disposta d’ufficio, per essa non operano le preclusioni previste dall’
art. 183 del c.p.c. per il primo grado di giudizio e dall’
art. 345 del c.p.c. per il grado di appello (ciò comporta che il giudice può disporla in ogni momento di essi).
Secondo la dottrina maggioritaria essa va comunicata o notificata alla parte contumace o al terzo soggetti passivi dell’ispezione, mentre se essa riguarda la parte costituita in giudizio, la relativa ordinanza deve essere comunicata se emessa fuori udienza (se emessa in udienza si reputa conosciuta dalla parte ex
art. 176 del c.p.c..).