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Articolo 256 bis Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 09/08/2025]

Combustione illecita di rifiuti

Dispositivo dell'art. 256 bis Codice dell'ambiente

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.

2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, commi 1 e 1.1 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti. Se i fatti di cui agli articoli 255 bis, 255 ter, 256 e 259 sono commessi in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti, le pene per i predetti reati non possono essere inferiori a quelle stabilite dal comma 1(1).

3. [COMMA ABROGATO DAL D.L. 8 AGOSTO 2025, N. 116](1).

3-bis. La combustione di rifiuti non pericolosi è punita con la reclusione da tre a sei anni, quando:

  1. a) dal fatto deriva pericolo per la vita o per la incolumità delle persone ovvero pericolo di compromissione o deterioramento:
  2. 1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
  3. 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna;
  4. b) il fatto è commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati ai sensi dell'articolo 240 o comunque sulle strade di accesso ai predetti siti e relative pertinenze. La combustione di rifiuti pericolosi, quando ricorre taluno dei casi di cui al periodo che precede, è punita con la reclusione da tre anni e sei mesi a sette anni(1).

3-ter. Se ai fatti di cui al comma 3-bis segue l'incendio, le pene ivi previste sono aumentate sino alla metà(1).

4. La pena è aumentata di un terzo se i fatti di cui ai commi 1 e 3-bis sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225(1).

5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

6. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato(1).

Note

(1) Il D.L. 8 agosto 2025, n. 116 ha disposto (con l'art. 1, comma 1, lettera e)) la modifica dell'art. 256-bis, commi 2, 4 e 6, l'abrogazione del comma 3 dell'art. 256-bis e l'introduzione dei commi 3-bis e 3-ter all'art. 256-bis.

Massime relative all'art. 256 bis Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 7288/2018

In tema di combustione dei rifiuti, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 256-bis D.Lgs. n. 152/2006, sollevata sul rilievo che la sua previsione come delitto, in un sistema connotato dalla natura contravvenzionale dei reati, creerebbe una sproporzione delle pene: infatti, la premessa, secondo cui il sistema dei reati ambientali è di carattere contravvenzionale, è smentita in radice se solo si pone mente al Titolo VI-bis del Codice penale dedicato ai delitti contro l'ambiente.

Cass. pen. n. 56277/2017

Commette il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata il titolare di una impresa operante nell'ambito della sistemazione di parchi, giardini ed aiuole che ripetutamente provveda a bruciare su un terreno di cui aveva disponibilità i rifiuti vegetali prodotti dalla propria attività.

Cass. pen. n. 52610/2017

Il reato di combustione illecita di rifiuti, di cui all'art. 256-bis, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è reato di pericolo concreto e di condotta, per la cui consumazione è irrilevante la verifica del danno all'ambiente. (Dichiara inammissibile, App. Palermo, 27 marzo 2017).

Cass. pen. n. 38658/2017

Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali di cui all'art. 185, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 152/2006, effettuate con le modalità ed alle condizioni indicate dall'art. 182, comma 6-bis, non rientrano tra le attività di gestione dei rifiuti, non costituendo smaltimento, e non integrano perciò alcun illecito. Al di fuori di tali modalità e condizioni, non opera la deroga e divengono perciò applicabili le sanzioni previste dall'art. 256 D.Lgs. n. 152/2006 per l'illecita gestione di rifiuti. Se la combustione di residui vegetali riguarda rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato si applicano, ai sensi dell'art. 256-bis, comma, 6, D.Lgs. n. 152/2006, le sanzioni amministrative di cui all'art. 255 per i rifiuti urbani vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali di cui all'art. 184, comma 2, lett. e), mentre, sempre in forza dell'art. 256-bis, comma, 6, resta esclusa dall'applicazione di tale disposizione la combustione illecita di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, rispetto alla quale restano applicabili le sanzioni di cui all'art. 256.

Cass. pen. n. 45406/2016

Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli in quantità giornaliere non superiori a 3 m steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'art. 185, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 152/2006, effettuate nel luogo di produzione, sono sottratte dalla disciplina sui rifiuti, poiché sono considerate normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non costituiscono perciò attività di gestione di rifiuti.

Cass. pen. n. 21936/2016

In tema di gestione dei rifiuti, gli scarti vegetali non sono classificabili come rifiuti, se utilizzati in agricoltura mediante processi e metodi costituenti le normali pratiche agronomiche disciplinate dagli artt. 182, comma sesto-bis, e 185, comma primo, lett. f), del citato D.Lgs. n. 152 del 2006, sicché la loro eliminazione mediante incenerimento, in piccoli cumuli ed in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro, non integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all'art. 256, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 152 del 2006, né quello di combustione illecita di rifiuti di cui all'art. 256-bis del medesimo decreto legislativo. (Annulla con rinvio, Trib. Avellino, 4 giugno 2014).

Cass. pen. n. 76/2014

In tema di gestione dei rifiuti, l'eliminazione mediante incenerimento di sfalci e potature non integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all'art. 256, comma primo, lett. a), del D.Lgs. n. 152 del 2006, trattandosi di residui vegetali che non sono classificabili come rifiuti e che sono utilizzati in agricoltura mediante processi e metodi costituenti normali pratiche agronomiche disciplinate dagli artt. 182, comma sesto-bis, e 185 comma primo, lett. f), del citato D.Lgs. n. 152 del 2006, in quanto non danneggiano l'ambiente, né mettono in pericolo la salute umana. (Rigetta, G.I.P. Trib. Avellino, 12 marzo 2013).

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