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Articolo 242 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Procedure operative ed amministrative

Dispositivo dell'art. 242 Codice dell'ambiente

1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.

2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.

3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all'Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.

4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

5. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:

  1. a) i parametri da sottoporre a controllo;
  2. b) la frequenza e la durata del monitoraggio.

6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.

7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l'applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all'individuazione dei parametri di progetto necessari per l'applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive.Nell'ambito dell'articolazione temporale potrà essere valutata l'adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori, le verifiche intermedie per la valutazione dell'efficacia delle tecnologie di bonifica adottate e le attività di verifica in corso d'opera necessarie per la certificazione di cui all'articolo 248, comma 2, con oneri a carico del proponente, ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi.

7-bis. Qualora gli obiettivi individuati per la bonifica del suolo, sottosuolo e materiali di riporto siano raggiunti anticipatamente rispetto a quelli previsti per la falda, è possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica di cui all'articolo 248 limitatamente alle predette matrici ambientali, anche a stralcio in relazione alle singole aree catastalmente individuate, fermo restando l'obbligo di raggiungere tutti gli obiettivi di bonifica su tutte le matrici interessate da contaminazione. In tal caso è necessario dimostrare e garantire nel tempo che le contaminazioni ancora presenti nelle acque sotterranee fino alla loro completa rimozione non comportino un rischio per i fruitori dell'area, né una modifica del modello concettuale tale da comportare un peggioramento della qualità ambientale per le altre matrici secondo le specifiche destinazioni d'uso. Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 sono comunque prestate per l'intero intervento e sono svincolate solo al raggiungimento di tutti gli obiettivi di bonifica.

8. I criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto.

9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati , garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi.

10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.

11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.

12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.

13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.

13-bis. Per la rete di distribuzione carburanti si applicano le procedure semplificate di cui all'articolo 252, comma 4.

13-ter. Qualora la procedura interessi un sito in cui, per fenomeni di origine naturale o antropica, le concentrazioni rilevate superino le CSC di cui alle tabelle 1 e 2 dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta, il proponente può presentare all'ARPA territorialmente competente un piano di indagine per definire i valori di fondo da assumere. Tale piano, condiviso con l'ARPA territorialmente competente, è realizzato dal proponente con oneri a proprio carico, in contraddittorio con la medesima ARPA, entro sessanta giorni dalla data di presentazione dello stesso. Il piano di indagine può fare riferimento anche ai dati pubblicati e validati dall'ARPA territorialmente competente relativi all'area oggetto di indagine. Sulla base delle risultanze del piano di indagine, nonché di altri dati disponibili per l'area oggetto di indagine, l'ARPA territorialmente competente definisce i valori di fondo. È fatta comunque salva la facoltà dell'ARPA territorialmente competente di esprimersi sulla compatibilità delle concentrazioni rilevate nel sito con le condizioni geologiche, idrogeologiche e antropiche del contesto territoriale in cui esso è inserito. In tale caso le concentrazioni nel sito sono ricondotte ai valori di fondo(1).

Note

(1) Il comma 13-ter è stato modificato dall'art. 6, comma 3, lettera a) del D.L. 17 ottobre 2024, n. 153.

Massime relative all'art. 242 Codice dell'ambiente

Cons. Stato n. 2928/2019

Viene rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione se una società che ha incorporato un'altra società (direttamente o tramite incorporazioni intermedie) nel regime anteriore alla modifica del diritto societario può essere considerata essa stessa, ai sensi e per gli effetti dell'applicazione dell'art. 17 del "decreto Ronchi" (e, in seguito, degli artt. 242 e ss., D.Lgs. n. 152 del 2006), soggetto direttamente responsabile dell'inquinamento posto in essere dall'incorporata.

Cons. Stato n. 2346/2019

Le procedure operative e amministrative da attivare, a carico del "responsabile dell'inquinamento", al verificarsi di un evento potenzialmente contaminante, sono previste all'art. 242, D.Lgs. n. 152/2006, il quale prevede, per quanto di interesse ai fini della lite: a) l'effettuazione, nelle zone interessate (una volta poste in essere le immediate e necessarie misure di prevenzione) di una "indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento", finalizzata alla verifica del livello delle "concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)" (comma 2); b) l'attuazione - per l'eventualità di mancato superamento della ridetta soglia - di interventi di ripristino della zona contaminata, con successiva comunicazione, strumentale ai necessari controlli e verifiche dell'autorità di settore; c) l'attivazione - in caso di superamento della soglia - della procedura di attuazione di un piano di caratterizzazione, alla cui formulazione il responsabile dell'inquinamento è onerato, con successiva attivazione, da parte della Regione, di apposita procedura conferenziale preordinata alla sua autorizzazione (comma 3); d) la successiva attivazione, sulla base delle risultanze della caratterizzazione, della procedura di analisi del rischio sito-specifica "per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)", sulla scorta di appositi parametri tabellari, destinata a refluire in apposita "analisi dei rischi", destinata alla approvazione in sede conferenziale, con eventuale prescrizione di programma di monitoraggio, in caso di accertamento del mancato superamento della soglia di rischio (commi 4 e 5); e) l'effettuazione - per l'alternativa eventualità di superamento della soglia di rischio - di interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, di ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito (comma 7). Dal dato normativo emerge con chiarezza la distinzione tra CSC e CSR: le prime strumentali a riconoscere, nell'area sottoposta a verifica, l'esistenza di sostanze inquinanti in una soglia tale da giustificare la predisposizione di un piano di caratterizzazione; le seconde preordinate alla verifica della sussistenza di un livello di rischio tale da giustificare l'attuazione di interventi di bonifica e di messa in sicurezza.

In materia di interventi di bonifica, le procedure operative ed amministrative da attivare, a carico del "responsabile dell'inquinamento", al verificarsi di un evento potenzialmente contaminante, per la determinazione della soglia di concentrazione rilevante per le sostanze inquinanti non tabellate è legittima l'utilizzazione di parametri fissati per sostanze con analoghe caratteristiche. Il piano della caratterizzazione (descritto e disciplinato dall'allegato 2 alla parte IV del TUA, D.Lgs. n. 152/2006) è un documento progettuale riportante un elenco di attività di indagine e i tempi necessari per effettuarle, compiute le quali si potrà conoscere l'impatto sulle matrici ambientali (suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali). Solo con i risultati del piano della caratterizzazione del sito è possibile prevedere la necessità o meno della predisposizione del progetto operativo di bonifica, anche in base all'analisi di rischio sito-specifica per la definizione delle concentrazioni di rischio. In sostanza, con le risultanze del piano della caratterizzazione si può progettare la bonifica, ma a tal fine è necessario preventivamente verificare la distribuzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti al di sopra delle Concentrazioni Soglie di Contaminazione. In sede di approvazione del piano di caratterizzazione si devono indicare i valori CSC, cioè i valori minimi che servono a riconoscere l'esistenza delle sostanze cioè (come efficacemente argomentato dalla difesa regionale) a "vederle"; dopo di che, in fase di progettazione della bonifica si determineranno i valori di CSR, cioè le concentrazioni degli inquinanti che non causano rischio per l'uomo e l'ambiente e dunque accettabili. È del tutto logico, allora, che, ai fini del "riconoscimento", la soglia di concentrazione possa essere senz'altro abbassata: la fissazione dei valori di CSC non ha per scopo la tutela della salute, ma solo la rintracciabilità nell'ambiente delle sostanze: per contro, la soglia "di intervento" (questa, beninteso, potenzialmente onerosa per il responsabile dell'inquinamento che vi fosse onerato) è fissata in un secondo momento, avuto riguardo ai limiti fissati, per la tutela della salute, dall'organizzazione mondiale della sanità.

Cass. pen. n. 17813/2018

Il reato di omessa bonifica dei siti inquinati è configurabile non solo nel caso in cui il soggetto obbligato non vi provveda in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui all'art. 242 e ss. del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ma anche in quello in cui impedisca la stessa formazione del progetto di bonifica e, quindi, la sua realizzazione, non attuando il piano di caratterizzazione necessario per la predisposizione del piano di bonifica. (Rigetta, TRIBUNALE COSENZA, 31 marzo 2017). Il reato di omessa bonifica dei siti inquinati di cui all'art. 257 D.Lgs. n. 152/2006 si configura anche nel caso di omessa adozione del progetto di bonifica previsto dall'art. 242 cit. Decreto.

Cons. giust. amm. Sicilia n. 757/2018

In materia di inquinamento, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento, e cioè quelli che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità, non essendo configurabile una responsabilità di mera posizione del proprietario del sito inquinato.

Cons. Stato n. 4099/2016

Ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del Testo Unico dell'ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla P.A. solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento e quindi ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità; a tal fine è, pertanto, necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, nonché il nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all'effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un'adeguata istruttoria, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità.

È illegittimo il provvedimento con il quale è stata ingiunta la bonifica di un terreno inquinato (per superamento dei valori limite dell'ammoniaca e dei solfati nella falda acquifera) alla società proprietaria del terreno stesso, senza il necessario e preventivo accertamento della qualità di soggetto responsabile dell'inquinamento in capo alla società medesima, con la conseguenza che gli obblighi imposti risultano derivare dalla mera qualifica di proprietario o possessore dell'area e, dunque, dal mero collegamento materiale con essa, a prescindere dalla preliminare e necessaria verifica della qualità della società in questione quale soggetto responsabile dell'inquinamento.

L'eventuale carattere solo cautelare (e non anche latu sensu sanzionatorio) dell'ordinanza di bonifica di un sito inquinato non rende inapplicabile il principio secondo cui l'ordinanza stessa presuppone l'accertamento del responsabile dell'inquinamento. Infatti la direttiva 2004/35/CE non opera alcuna distinzione, per quanto riguarda la necessaria sussistenza del nesso eziologico in punto di causazione del danno fra le misure di prevenzione e le misure di riparazione di cui all'articolo 2, punti 10 e 11 ; al contrario, in entrambi i casi l'insussistenza di un nesso eziologico fra la condotta dell'operatore e l'evento dannoso vale ad escludere qualsiasi conseguenza a suo carico, sia per ciò che riguarda le misure di prevenzione, sia per quanto riguarda le misure di riparazione in senso proprio.

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Consulenze legali
relative all'articolo 242 Codice dell'ambiente

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Pietro M. chiede
mercoledì 12/05/2021 - Lazio
“Buongiorno, mi trovo a dovermi districare nella interpretazione del dlgs 152/2006 nella parte relativa alle bonifiche. In breve:
All'interno della proprietà di un mio cliente sono stati rinvenuti rifiuti solidi urbani non differenziati nel sottosuolo.
Tali rifiuti sono stati depositati in maniera incontrollata presumibilmente nella fine degli anni '70. Il mio cliente, proprietario dell'area, vorrebbe immediatamente rimuoverli e a proprie spese. Tale rimozione di detti rifiuti, può essere effettuata secondo la parte IV del dlgs 152/2006 con ordinanza sindacale ex art 192 che recita:
“ 1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. à altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.”

oppure deve essere applicato Titolo V - Bonifiche (art 242 - 245 ecc) posto che lo stesso Titolo V all'art 239 comma 2 recita:
"Ferma restando la disciplina del titolo I della parte IV del presente decreto, le disposizioni del presente articolo non si applicano: all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte IV del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento, dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuarsi ai sensi del presente titolo;….."

Inoltre per quanto riguarda la mia società( autorizzata sia come azienda per la raccolta, trasporto di tutte le tipologie di rifiuti Cat 1 – 4 – 5 Albo gestori ambientali che per la Cat 9 dello stesso albo per effettuare bonifiche fino a 1 milione di euro per singolo cantiere) , quali sono i rischi posti in capo all’amm.re , per una errata comunicazione da parte del proprietario agli organi di controllo?

Grazie

Consulenza legale i 21/05/2021
Va anzitutto segnalato che di recente il Consiglio di Stato ha chiarito una questione di interesse anche per il presente quesito, cioè se gli obblighi di bonifica di un sito inquinato sussistano anche nel caso in cui la contaminazione risalga (come appunto nel caso di specie) ad un momento nel quale il Legislatore ancora non aveva previsto tali obblighi, che sono stati introdotti solo con il D.Lgs. n. 22/1997.
La risposta del Consiglio di Stato è positiva, a condizione che gli effetti dannosi dell'inquinamento permangano al momento dell'adozione del provvedimento di bonifica, in considerazione del fatto che -anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 22/1997- l’ambiente era considerato un bene giuridicamente tutelato nell’ordinamento italiano, anche se inizialmente soltanto nella “veste” dell’illecito civile (Consiglio di Stato, ad. plen., 22 ottobre 2019, n. 10).
Nel caso specifico, invece, non è necessario approfondire la circostanza che il proprietario attuale non sia il responsabile della presenza dei materiali inquinanti, posto che vi è comunque la volontà di provvedere spontaneamente.

Tanto premesso, si nota che l’art. 192, D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente), impone il divieto di abbandono di rifiuti, prevedendo altresì il potere per la P.A. di ordinare la loro rimozione entro un preciso termine, con la possibilità di provvedere anche d’ufficio in caso di inerzia dei soggetti obbligati.
Le procedure di bonifica, invece, sono disciplinate dall’art. 242 del Codice dell’Ambiente, che prevede anzitutto l’adozione di misure urgenti di prevenzione al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito o della scoperta di una contaminazione storica.
La stessa norma descrive poi il procedimento amministrativo per l’esecuzione della bonifica vera e propria, che è scandito da un iter abbastanza lungo e articolato (indagine preliminare, piano di caratterizzazione, analisi del rischio sito specifica, conferenza di servizi ecc.).

Dalla lettura dei due articoli sopra citati, si evince che essi riguardano due situazioni di diverso tipo e gravità, a cui corrispondono due procedimenti che presentano un proporzionato livello di complessità, ovvero il primo si occupa della mera rimozione di rifiuti, mentre il secondo disciplina l’evenienza –sicuramente più pericolosa- della contaminazione ambientale.
Come anche correttamente notato nel quesito, il rapporto tra le due disposizioni è regolato dall’art. 239 del Codice, ai sensi del quale le norme relative alla bonifica non si applicano generalmente alla fattispecie dell’abbandono dei rifiuti.
Nell’ipotesi in cui durante le operazioni di rimozione di rifiuti si accerti la presenza di inquinanti oltre determinate soglie, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ed a tutti gli adempimenti conseguenti stabiliti dagli artt. 242 e ss. del Codice.

Da tutto quanto sopra esposto, si può concludere che il presupposto affinché “scatti” l’obbligo di avviare il procedimento di bonifica ex art. 242 è costituito dalla qualificazione della situazione come inquinamento, attualmente da ricollegare ai valori delle CSC (T.A.R. Brescia, sez. I, 09 agosto 2018, n.802).
Infatti, l’art. 240 del Codice definisce le “concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)” come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica…”.

Nella fattispecie, dunque, se tale condizione non è concretamente presente, sarà sufficiente agire secondo quanto previsto dall’art. 192 del Codice; mentre se si accerti -prima o nel corso delle operazioni di rimozione dei rifiuti- il superamento dei livelli di CSC, il procedimento da seguire è quello di cui agli art. 242 e ss. del Codice.

Quanto al secondo profilo presentato nel quesito, si rileva che i soggetti considerati dalla normativa sopra discussa sono soltanto in prima battuta il responsabile dell’abbandono dei rifiuti/dell’inquinamento e -a diverso titolo- il proprietario dell’area.
Inoltre, va ricordato che il privato non è onerato dell'esatta qualificazione giuridica delle istanze dirette alla pubblica amministrazione né è tenuto ad utilizzare una precisa terminologia giuridica, in quanto tale obbligo è posto sull’Amministrazione destinataria, la quale deve qualificare esattamente ogni richiesta ricevuta sulla base dell'oggetto e dello scopo della stessa, procurando di accoglierla nei termini degli istituti applicabili in relazione al contesto fattuale e giuridico nel quale l'istanza si inserisce ed in coerenza con le finalità avute di mira dal richiedente (Consiglio di Stato, sez. V, 16 ottobre 2006, n. 6138).

Pertanto, a parere dello scrivente, l’ipotesi in cui il proprietario dell’area nelle proprie comunicazioni alla P.A. si richiami a norme errate, non pare costituire alcuna fonte di responsabilità né per l’impresa, né per il proprietario stesso, a patto ovviamente che i fatti riportati corrispondano alla realtà.
Il corretto inquadramento giuridico della fattispecie spetta infatti, come scritto, alla Pubblica Amministrazione.
Per quanto riguarda l’impresa, comunque, si precisa che rimangono fermi gli obblighi contrattuali assunti nei confronti del committente, nonché i doveri specifici stabiliti dalla Legge per i soggetti che trattano il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.