Cons. Stato n. 3031/2019
La procedura dettata dall'art. 129 D.Lgs. n. 104/2010 per i giudizi avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali è incompatibile, in ragione delle esigenze di certezza e di celerità da essa coltivate, con qualsiasi tipo di fase incidentale che possa comportare il differimento dell'udienza o la sospensione del giudizio, quale la rimessione di una questione di legittimità costituzionale, con la conseguenza che la fruizione delle garanzie connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni dei risultati delle competizioni, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. dello stesso D.Lgs. n. 104/2010.
Corte cost. n. 164/2018
È dichiarato inammissibile - per assenza del requisito soggettivo - il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto da (Omissis), nella qualità di cittadino elettore e soggetto politico, in relazione alle leggi e norme in materia elettorale (n. 270 del 2005, n. 52 del 2015, n. 165 del 2017; artt. 1, 11, primo comma, 12, commi dal primo al quinto, 13, primo e secondo comma, 15, primo comma, 18, primo comma, n. 1, 20, primo comma, n. 2, 21, commi primo, nn. 1, 1 bis, 2, 3, e secondo, e 22, primo comma, della legge n. 18 del 1979; 1, primo comma, 18 bis, commi primo e terzo, 22, terzo comma, 83, commi 3, 4 e 5, 92, primo comma, n. 2, primo periodo, del d.P.R. n. 361 del 1957; 1, comma 2, 9, commi 2, primo periodo, 3, 4 e 5, 16, 19, 20, comma 1, lett. a), primo periodo, e b), primo e quarto periodo, e 27 del D.Lgs. n. 533 del 1993; 8, commi 1, lett. c), e 3, della legge n. 459 del 2001; 4, comma 2, lett. b), della legge n. 28 del 2000; nonché degli artt. 11, 52, comma 5, 54, commi 1, 2 e 3, 95, comma 6, 126, comma 1, 128, 129, commi 1, 2 e 10, 130, 132, comma 1, e 135, comma 1, del codice del processo amministrativo), per asserita lesione delle prerogative del corpo elettorale, nonché del proprio "diritto elettorale attivo, attraverso il voto" e del proprio diritto elettorale "passivo, attraverso la candidatura", quali "espressioni del potere del popolo". È palese l'assenza del requisito soggettivo, essendo il conflitto proposto da un singolo cittadino, che si qualifica "Potere dello Stato appartenente al Corpo Elettorale", e ciò a prescindere dall'altrettanto palese assenza dell'elemento oggettivo del conflitto, lamentando il ricorrente la lesione di plurimi parametri costituzionali senza motivare la ridondanza delle asserite lesioni sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali. Per costante giurisprudenza costituzionale, il singolo cittadino, seppure vanti la qualità di elettore, non è investito di funzioni tali da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione, non essendogli conferita, in quanto singolo, alcuna attribuzione costituzionalmente rilevante.
Cons. Stato n. 1067/2018
In tema di giudizio elettorale l'art. 130, comma 3, lett. c), c.p.a. indica chiaramente la possibilità di notificare il ricorso ad un solo controinteressato e, quindi, consente l'integrazione successiva del contraddittorio; non è, pertanto, inficiato di inammissibilità il ricorso elettorale notificato, unitamente a copia del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione, a un solo controinteressato (conferma Tar Abruzzo L'Aquila 12 ottobre 2017, n. 417). Ai sensi dell'art. 130, comma 3, lett. c), c.p.a. non è inammissibile il ricorso elettorale notificato, unitamente a copia del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione, a un solo controinteressato. Nell'interpretazione delle norme di carattere elettorale gli argomenti sistematici volti a privilegiare determinate esigenze di rango politico-amministrativo devono comunque cedere ai rilievi fondati su di una stretta interpretazione delle norme elettorali medesime.
Cons. Stato n. 5035/2017
In base a quanto stabilito dall'art. 130 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) avverso gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è consentito ricorrere, impugnando l'atto di proclamazione degli eletti, da parte di qualsiasi candidato o elettore dell'ente della cui elezione si tratta, nel caso delle elezioni di comuni, province e regioni, ovvero da parte di qualsiasi candidato o elettore, nel caso delle elezioni dei membri del Parlamento europeo. Non è contemplato fra i legittimati a ricorrere, il delegato di lista (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sez. II, n. 1842/2017).
Cass. civ. n. 15286/2016
Il ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana resa, in sede di ottemperanza, in materia di contenzioso elettorale è soggetto al termine di impugnazione ordinario ex art. 325 c.p.c., non potendo in tal caso trovare applicazione il dimezzamento dei termini processuali previsto dall'art. 87 c.p.a., perché dettato per il solo processo amministrativo di primo grado, né quello di cui agli artt. 130 e 131 c.p.a., riferendosi quest'ultimo non al giudizio di Cassazione ma solo alle sequenze procedimentali di primo e secondo grado del giudizio amministrativo rilevanti ai fini del contenzioso elettorale non specificamente regolate dagli articoli suddetti. (Rigetta, Cons. Giust. Reg. Sicilia, 8/7/2014).
Cons. Stato n. 1190/2016
I giudizi di impugnazione delle operazioni elettorali devoluti alla giurisdizione amministrativa sono improntati a un criterio di celerità, il quale si manifesta in primo luogo nell'eccezionale dimezzamento del termine per proporre ricorso contro gli esiti delle elezioni (art. 130, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010, CPA), oltre che di tutti i termini del procedimento, salvo quelli regolati da una specifica disposizione (comma 10 del citato art. 130), e quindi nella fissazione dell'udienza d'ufficio (Conferma della sentenza del T.a.r. Abruzzo, Pescara, sez. I, n. 405/2015).
Cons. Stato n. 4244/2014
L'art. 130, comma 1, lettera a), del codice del processo amministrativo va interpretato nel senso che il termine d'impugnazione per i ricorsi elettorali decorre non già dalla data di adozione della delibera consiliare di convalida dei consiglieri eletti, ma dalla proclamazione degli eletti, in quanto l'interesse all'azione sorge esclusivamente da tale ultimo atto che definisce l'esatta posizione di ciascun candidato all'esito della consultazione, laddove la convalida attiene al concreto esercizio della carica elettiva; pertanto, il termine iniziale per la proposizione dei ricorsi in materia elettorale previsto dall'art. 130 c.p.a. (ma vedi anche la analoga disciplina precedentemente prevista dall'art. 83/11 del d.P.R. n. 570/1960) decorre dalla data in cui il verbale dell'ufficio Centrale viene chiuso e sottoscritto e, quindi, viene a costituire idoneo atto scritto attestante la conclusione del procedimento elettorale, rispetto al quale tutte le ulteriori attività ed atti intervenuti successivamente risultano irrilevanti ai fini della decorrenza del termine.
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È manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 130, comma 1, lettera a), del codice del processo amministrativo, eccepita in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui detta norma va interpretata nel senso che il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale decorre dalla proclamazione degli eletti e non nel momento effettivo in cui possa concretizzarsi la lesione dell'interesse del candidato non eletto; tale decorrenza, in particolare, non è idonea a violare il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione e neppure quella alla parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, in quanto il termine per l'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti decorre per tutti i cittadini dal termine certo della conclusione del precipuo procedimento elettorale; nel caso in cui dovesse ritenersi che detto termine decorre dalla deliberazione del Consiglio comunale di convalida degli eletti, ciò comporterebbe incertezza del termine iniziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale e disparità di trattamento tra gli interessati alla impugnazione delle operazioni elettorali, favorendo coloro il cui interesse all'impugnazione sia sorto solo dopo la adozione di detta deliberazione, pur discendendo la lesione sostanziale della posizione soggettiva di tutti i soggetti lesi dagli atti del procedimento elettorale.
Cons. Stato n. 755/2014
Nel contenzioso elettorale così come il ricorrente "principale" può impugnare il verbale di proclamazione degli eletti solo entro il termine perentorio stabilito dalla legge (e non entro un termine imprecisato, decorrente da quando venga a sapere che vi è un vizio degli atti), così anche il ricorrente "incidentale" (cioè il controinteressato) può impugnare - sotto altri profili - il verbale di proclamazione degli eletti solo entro il termine perentorio, fissato dalle leggi processuali per la proposizione del ricorso "incidentale".
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Nel contenzioso elettorale si possono contestare i risultati delle operazioni elettorali solo nel rispetto dei termini perentori previsti dalla legge - decorrenti, indipendentemente dalla conoscenza di elementi di fatto sopravvenuti (legittimanti eventualmente la proposizione di motivi aggiunti), dalla proclamazione degli eletti (trenta giorni per il ricorso principale), ovvero dalla notificazione del ricorso principale (quindici giorni per il ricorso incidentale) - specificando quali illegittimità siano state commesse.
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Il processo penale sui delitti contro la fede pubblica si caratterizza per il possibile esercizio di due distinte e autonome azioni, suscettibili di epiloghi differenziati: a) l'azione penale principale, volta all'accertamento della colpevolezza o meno dell'imputato rispetto alle ipotesi di reato ed eventualmente alla pronuncia di condanna; b) l'azione "accessoria e complementare" di cui all'art. 537 Cod. proc. pen., preordinata alla tutela della fede pubblica e destinata a concludersi con la declaratoria di falsità del documento, allorché, indipendentemente dall'esito dell'altra azione, la falsità stessa sia accertata dal giudice, con la precisazione che proprio la diversità tra le "due azioni suscettibili di epiloghi differenziati" induce a ritenere infondata la tesi per cui la declaratoria sul falso, ai sensi dell'art. 537 rilevi nei soli limiti di efficacia previsti dall'art. 654 dello stesso codice.
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Nel contenzioso elettorale sussiste l'equivalenza tra le statuizioni del giudice penale (su cui si è formato il giudicato di condanna) e quelle del giudice civile circa la commissione di un falso, nella specie, attinente ad autenticazione di sottoscrizioni relative a liste di candidati, dovendosi considerare che la rilevanza dell'atto pubblico non può essere "scindibile", e cioè rilevante verso alcuni consociati e non rispetto ad altri, in quanto così come i consociati confidano sulla natura fidefaciente dell'atto pubblico una volta posto in essere, così tutti i consociati non ne possono più beneficiare, quando all'esito del processo penale l'atto sia risultato falso, non essendo rimessi i suoi effetti alla disponibilità dei singoli.
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Nel caso di illegittima ammissione di una lista di candidati alle elezioni, al fine di una giusta composizione di due esigenze fondamentali per l'ordinamento, l'una inerente alla conservazione degli atti giuridici e della massima utilizzazione dei relativi effetti e l'altra afferente alla salvaguardia della volontà dell'elettore dall'influenza di eventuali cause perturbatrici, bisogna tenere conto della consistenza numerica dei voti espressi a favore delle liste illegittimamente ammesse; pertanto, se essa risulti tale da alterare in modo rilevante la posizione conseguita dalle liste legittimamente ammesse, va annullato integralmente il risultato delle elezioni ovvero nell'altro caso, piuttosto che annullarsi integralmente il risultato delle elezioni, e disporsi quindi la rinnovazione di esse, va esercitato il potere di correzione.
Cons. Stato n. 5504/2012
In materia elettorale, le impugnative introduttive presentate da semplici cittadini ed elettori ed aventi ad oggetto l'ammissione delle liste non sono reputabili tardive anche se presentate dopo lo svolgimento delle elezioni; per la natura dell'atto da gravare e per l'oggetto, infatti, trova applicazione l'art. 130 del Codice del Processo Amministrativo.