Con questa norma viene innanzitutto disposto in modo espresso il divieto di pratiche commerciali scorrette.
Il secondo comma individua quali sono i criteri sulla cui base una pratica commerciale può essere qualificata come scorretta, dovendo considerarsi come tale:
a) tutte le pratiche commerciali contrarie alla diligenza professionale. Si tratta di quelle pratiche che non corrispondono alla normale competenza ed attenzione che i consumatori presumo essere esercitate da un
professionista nei loro confronti (si tratta, chiaramente, di un concetto molto ampio, nel quale possono farsi confluire diversi significati);
b) le pratiche commerciali false o comunque idonee a falsare in modo apprezzabile il comportamento economico che il
consumatore può assumere in relazione ad un determinato prodotto.
La
ratio della disciplina in materia di pratiche scorrette è quella di salvaguardare la libertà di autodeterminazione del destinatario di un messaggio promozionale da ogni erronea interferenza che possa, anche solo in via teorica, incidere sulle sue scelte e sui riflessi economici delle stesse fin dal primo contatto pubblicitario, imponendo, dunque, all'operatore un preciso onere di chiarezza nella redazione della propria offerta.
Scopo della normativa è, in generale, quello di ricondurre l'
attività commerciale entro i binari della
buona fede e della correttezza.
Il fondamento dell'intervento è duplice:
- da un lato, esso si ispira ad una rinnovata lettura della garanzia costituzionale della libertà contrattuale, la cui piena esplicazione si ritiene presupponga un contesto di piena "bilateralità";
- dall'altro, in termini di analisi economica, la trasparenza del mercato è idonea ad innescare un controllo decentrato sulle condotte degli operatori economici inefficienti.
Le politiche di tutela della
concorrenza e del consumatore sono sinergicamente orientate a promuovere il benessere dell'intero sistema economico.
Precisa sempre il secondo comma che quando si parla di consumatore ci si deve riferire al c.d. consumatore medio ovvero, in caso di pratica commerciale diretta ad un determinato gruppo di consumatori, al membro medio di quel gruppo.
Ulteriore ipotesi prevista dalla norma è quella della pratica commerciale diretta a gruppi più ampi di consumatori, la quale, per essere considerata scorretta e come tale vietata, è sufficiente che sia idonea a falsare in misura apprezzabile solo il comportamento economico di un gruppo chiaramente individuabile di consumatori.
E’ anche richiesto che si tratti di consumatori particolarmente vulnerabili alla pratica commerciale o al prodotto a cui quella pratica si riferisce e che tale particolare vulnerabilità sia connessa alla loro infermità mentale o fisica, ovvero alla loro età o alla loro particolare ingenuità, elementi di cui il
professionista avrebbe dovuto tener conto.
In questi casi viene preso come parametro di riferimento il consumatore medio di tale gruppo.
Non si incorre, in ogni caso, nel divieto di pratica commerciale scorretta allorchè questa si identifichi in una pratica pubblicitaria, consistente in dichiarazioni esagerate o che non sarebbe possibile prendere alla lettera, e che come tale si considera “comune e legittima”. E’ questa la c.d. pubblicità superlativa, ossia la pratica commerciale consistente in dichiarazioni talmente esagerate ed irreali da non poter essere prese alla lettera dal consumatore medio, in quanto enfatizzano le qualità di un determinato prodotto, senza che questo possa in concreto influenzare la scelta del potenziale
acquirente (l’esempio che viene comunemente fatto è quello della bibita che nello spot pubblicitario si dice mettere le ali a chi la beve).
Costituisce pratica commerciale ingannevole per un
social network (ex artt. 20-23 di questo codice) omettere informazioni rilevanti per consentire al consumatore di decidere consapevolmente di registrarsi alla sua Piattaforma e, invece, lasciare supporre che sia possibile ottenere "gratuitamente" il vantaggio collegato ai suoi servizi, senza comunicare che ciò avverrà se i dati saranno resi disponibili a soggetti commerciali non definibili anticipatamente, operanti in settori non preindicati, e che li utilizzeranno per finalità di uso commerciale e di diffusione pubblicitaria (anche attraverso forme di profilazione).
La norma, infine, conclude con l’individuazione specifica di alcune pratiche commerciali scorrette, quali risultanti dagli artt. dal 21 al 26 di questo stesso codice, le quali vengono qualificate come ingannevoli e aggressive.