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Articolo 26 Codice del consumo

(D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)

[Aggiornato al 31/12/2023]

Pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive

Dispositivo dell'art. 26 Codice del consumo

1. Sono considerate in ogni caso aggressive le seguenti pratiche commerciali:

  1. a) creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto;
  2. b) effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale;
  3. c) effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale, fatti salvi l'articolo 58 e l'articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
  4. d) imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza della richiesta, o omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall'esercizio dei suoi diritti contrattuali;
  5. e) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un'esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati;
  6. f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo quanto previsto dall'articolo 66-sexies, comma 2;
  7. g) informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;
  8. h) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore.

Spiegazione dell'art. 26 Codice del consumo

La nozione di pratica commerciale scorretta evoca il concetto di attività anziché di atto, svolta dall'imprenditore o dal professionista; si tratta, pertanto, di un comportamento che ha valenza generale e che si inserisce, in quanto tale, nell'ambito di una strategia di impresa o professionale finalizzata a trarre illeciti vantaggi economici con pregiudizio delle parti contrattuali deboli.

Al pari dell’art. 23, la norma in esame contiene un elenco di alcuni comportamenti ed iniziative del professionista che vanno in ogni caso considerate aggressive, e come tali assoggettabili a sanzioni da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Ciò comporta che, nel momento in cui il consumatore sottopone una di tali comportamenti all’Autorità garante, quest’ultima sarà tenuta a censurare la pratica commerciale senza che sia neppure necessario effettuare una valutazione dell’illegittimità del comportamento. stesso

Leggendo le situazioni che vengono qui descritte, ci si può rendere conto che si tratta di casi che hanno come finalità quella di intimidire il consumatore, allo scopo di indurlo ad adottare un comportamento diverso da quello che normalmente avrebbe adottato se si fosse trovato in una condizione di libertà di scelta.
Nello specifico, sono da qualificare come immeditatamente sanzionabili i seguenti comportamenti adottati dal professionista:
a) mettere il consumatore in una condizione di pressione psicologica tale da ingenerargli la convinzione di non potersi allontanare dal locale commerciale in cui si trova fino alla conclusione di un eventuale contratto (è questo il caso di una dimostrazione obbligata all’interno di un esercizio commerciale);
b) recarsi presso l’abitazione del consumatore ed ignorare il suo invito ad andare via, con il preciso intento, a causa dell’insistenza e dell’invadenza manifestati, di condizionare a tutti i costi le scelte commerciali dei consumatori. Non possono farsi rientrare in tale fattispecie quei casi in cui il professionista risulti autorizzato da una particolare situazione ad effettuare la sua visita presso l’abitazione del consumatore, come accade ad esempio allorchè il consumatore abbia stipulato un contratto in forza del quale il professionista dovrà recarsi più volte presso l’acquirente per riscuotere il prezzo rateizzato.
c) effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, fax, posta elettronica o qualunque altro mezzo di comunicazione a distanza, a meno che tale comportamento non trovi fondamento in un pregresso accordo contrattuale o vi sia stato il consenso del consumatore (è questo il caso dei messaggi promozionali, che si accetta d ricevere in fase di acquisto online di un determinato bene o servizio).
d) ostacolare, nel caso di una compagnia di assicurazione, la richiesta di un risarcimento danni mediante la pretesa di voler presentati documenti che in realtà non sono necessari per verificare il diritto ad essere risarciti (l’esempio classico che al riguardo viene addotto è quella della compagnia assicuratrice che, per rimborsare il contenuto di un bagaglio smarrito, richiede gli scontrini di tutti gli indumenti che quel bagaglio conteneva).
e) ostacolare il riconoscimento di un diritto scritto del consumatore, non rispondendo alle sue richieste scritte, con il preciso fine di dissuaderlo.
f) utilizzare un messaggio pubblicitario rivolto ai bambini con il preciso fine che siano questi a convincere i genitori all’acquisto di un determinato prodotto; ciò che in questo caso si vuole sanzionare è l’intento di sfruttare la mancanza di esperienza dei bambini, nonché la loro naturale incredulità ed il loro potere di influenzare gli adulti per il soddisfacimento dei loro desideri.
g) fornire al consumatore un prodotto senza che sia lui a richiederlo, per poi chiederne allo stesso di pagarne il prezzo in unica soluzione o mediante rateizzazione, ovvero chiedergli di averlo restituito o di tenerlo in custodia (è ciò che a volte accade nel caso di presentazione di un libro da parte di una casa editrice, la quale successivamente ne invia una copia ai partecipanti, pretendendo dagli stessi il pagamento del prezzo ovvero la sua restituzione a mezzo posta, a volte più dispendiosa del costo del libro stesso).
Trattasi della c.d. fornitura non richiesta, oggetto di due distinte previsioni legislative, e precisamente:
- il divieto posto dal secondo comma dell’art. 18 D.lgs. 31.03.1998 n. 114, sulla Riforma del commercio;
- quello in materia di contratto a distanza di cui all’art. 66 quinquies di questo stesso codice.
Si è ritenuto integrare una pratica aggressiva in violazione degli artt. 25, lett. a) e d), e 26, lett. f), c. cons. l'attivazione da parte del professionista di un servizio di fornitura non richiesto dal consumatore, ma avvenuta a seguito di un semplice contatto telefonico promozionale, senza sottoscrizione di alcun contratto ovvero pur a fronte dell'esercizio da parte del consumatore del diritto di ripensamento.

h) informare esplicitamente il consumatore che se non acquista un determinato prodotto o servizio, saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista (perché, ad esempio, sarà in pericolo il lavoro del professionista). In tal modo si esercita una leva psicologica sul consumatore, che lo priva della sua libertà di scelta.
i) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere, mediante il compimento di una determinata azione, un premio o una vincita equivalente, quanto in realtà non esiste alcun premio o vincita equivalente ovvero quando qualunque azione volta a reclamare il premio o la vincita è in realtà subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore.

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