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Articolo 23 Codice del consumo

(D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)

[Aggiornato al 31/12/2023]

Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli

Dispositivo dell'art. 23 Codice del consumo

1. Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali:

  1. a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta;
  2. b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
  3. c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di altra natura;
  4. d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta;
  5. e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti;
  6. f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:
  7. 1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure
  8. 2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure
  9. 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto;
  10. g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole;
  11. h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista è stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione;
  12. i) affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto è lecita;
  13. l) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell'offerta fatta dal professionista;
  14. m) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore;
  15. m-bis) fornire risultati di ricerca in risposta a una ricerca online del consumatore senza che sia chiaramente indicato ogni eventuale annuncio pubblicitario a pagamento o pagamento specifico per ottenere una classificazione migliore dei prodotti all'interno di tali risultati(1);
  16. n) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto;
  17. o) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore;
  18. p) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;
  19. q) affermare, contrariamente al vero, che il professionista è in procinto di cessare l'attività o traslocare;
  20. r) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte;
  21. s) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni;
  22. t) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;
  23. u) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole;
  24. v) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;
  25. z) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto;
  26. aa) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore;
  27. bb) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto.
  28. bb-bis) rivendere ai consumatori biglietti per eventi, se il professionista ha acquistato tali biglietti utilizzando strumenti automatizzati per eludere qualsiasi limite imposto riguardo al numero di biglietti che una persona può acquistare o qualsiasi altra norma applicabile all'acquisto di biglietti(1);
  29. bb-ter) indicare che le recensioni di un prodotto sono inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto senza adottare misure ragionevoli e proporzionate per verificare che le recensioni provengano da tali consumatori(1);
  30. bb-quater) inviare, o incaricare un'altra persona giuridica o fisica di inviare, recensioni di consumatori false o falsi apprezzamenti o di fornire false informazioni in merito a recensioni di consumatori o ad apprezzamenti sui media sociali, al fine di promuovere prodotti(1).

Note

(1) Lettera introdotta dal D. Lgs. 7 marzo 2023, n. 26.

Spiegazione dell'art. 23 Codice del consumo

L’elencazione che la norma in esame riporta fa riferimento a tutti quei comportamenti del professionista che sono da considerare in ogni caso ingannevoli e, come tali, sanzionabili dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
In via generale può dirsi che il carattere ingannevole di una pratica commerciale dipende dalla circostanza che essa non sia veritiera in quanto contenente informazioni false o che, in linea di principio, inganni o possa ingannare il consumatore medio (in particolare, quanto alla natura o alle caratteristiche principali di un prodotto o di un servizio) e che, in tal modo, sia idonea a indurre detto consumatore ad adottare una decisione di natura commerciale che non avrebbe adottato in assenza di tale pratica.
Quando tali caratteristiche ricorrono cumulativamente, la pratica è considerata ingannevole e, pertanto, deve essere vietata.

Occorre, inoltre, precisare che il carattere ingannevole della pratica commerciale deve essere valutato a prescindere dall'esito concretamente lesivo prodotto dalla condotta del professionista; infatti, la ratio della disciplina in materia pubblicitaria è quella di salvaguardare la libertà di autodeterminazione del destinatario di un messaggio promozionale da ogni erronea interferenza che possa, anche solo in via teorica, incidere sulle sue scelte e sui riflessi economici delle stesse fin dal primo contatto pubblicitario, imponendo, dunque, all'operatore un preciso onere di chiarezza nella redazione della propria comunicazione d'impresa.

L'idoneità ingannatoria di un messaggio non può essere esclusa neppure dalla circostanza secondo la quale il pubblico è posto nella condizione di apprendere ulteriori informazioni in un momento successivo alla lettura del messaggio, posto che il fine promozionale si realizza esclusivamente attraverso il messaggio, il quale esaurisce la sua funzione nell'indurre il destinatario a rivolgersi all'operatore.

Il fatto stesso che venga posto in essere uno dei comportamenti elencati nella norma in commento, lascia presumere che lo stesso sia ingannevole.
In particolare, analizzandoli singolarmente, sono da considerare ingannevoli le seguenti prassi:
a) la falsa affermazione di aderire ad un determinato codice di condotta, ovvero ad un codice di iniziativa privata, adottato da una specifica categoria professionale allo scopo di elevare lo standard di comportamento degli operatori e di rafforzare le garanzie già previste dalla legge;
b) mostrare un marchio in grado di ispirare fiducia, ma senza essere in possesso della necessaria autorizzazione o dei requisiti richiesti per fornire un prodotto o un servizio relativo a quel determinato marchio;
c) Indicare una falsa origine geografica di un prodotto, con conseguente attribuzione di caratteristiche, pregi e qualità non veritiere;
d) invitare all’acquisto di prodotti ad un prezzo appetitoso, nascondendo l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti.
E’ questo il caso, molto frequente nella pratica, delle offerte dei grandi supermercati, che spesso invitano i consumatori con una miriade di volantini con promozioni vantaggiosissime su vari prodotti, ma in realtà in quantità limitate;
e) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a particolari condizioni per un periodo di tempo limitato, al solo fine di ottenere una decisione immediata, così privando i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole (si fa, dunque, leva sulla variabile tempo per influire sulle decisioni di acquisto dei consumatori);
f) affermare che la vendita di un prodotto è autorizzata dalle competenti autorità competenti, quando ciò non è vero (l’esempio che in questi casi viene addotto è quello della pubblicità su integratori per sportivi, immessi in commercio senza avere le necessarie autorizzazioni ministeriali per essere venduti);
g) elencare tutta una serie di diritti spettanti per legge ai consumatori come se fosse il professionista a concederli;
h) fare uso di quella che si definisce “pubblicità redazionale”, ossia quella particolare forma di pubblicità che non consente di rendere riconoscibile un messaggio pubblicitario nel contesto in cui è inserito e che non viene diffuso in maniera diretta facendo uso di un’emittente televisiva, un giornale o un periodico.
Questa particolare forma di pubblicità, infatti, è consentita e può ritenersi lecita soltanto se accompagnata dalla dicitura “Messaggio promozionale” o “messaggio pubblicitario”.
Oltre che sotto il profilo della veridicità dei suoi contenuti, la comunicazione pubblicitaria deve essere valutata anche con riguardo alla sua veste esteriore; in particolare, il carattere ingannevole può riguardare le modalità con cui un messaggio veicola un determinato bene o servizio, quando incidono sulla capacità dello stesso di comprendere l'esatta natura di ciò che gli viene offerto, manipolandone artificialmente il processo selettivo.
In questi casi, il giudizio di ingannevolezza riguarda la stessa forma espositiva del messaggio, indipendentemente dal contenuto veritiero dello stesso, e si incentra sulla valutazione del primo impatto che la comunicazione ha sul consumatore, considerando tutti gli elementi (grafici e di contesto) che possono distogliere l'attenzione del professionista.
i) sfruttare la preoccupazione per la salute del consumatore al fine di indurlo all’acquisto di uno specifico prodotto (è questo il caso dei c.d. baby control);
j) far uso di un marchio che richiami per colori, messaggi o pefino per nome altro prodotto famoso molto simile (è questo il caso dei capi di abbigliamento venduti alle bancarelle dei mercatini rionali);
k) pubblicizzare falsamente una vendita straordinaria di liquidazione per chiusura attviità, con invito all’acquisto di prodotti a prezzi di realizzo;
l) affermare che alcuni prodotti possono agevolare la vincita in giochi fondati sulla sorte (classico caso è quello delle televendite in materia di astrologia, lotto e cartomanzia, che fanno leva sulla credulità popolare);
m) fornire false informazioni sulle possibilità di acquisto di un prodotto al solo scopo di indurre il consumatore ad accettare condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato. Si tratta delle c.d. vendite sottocosto, le quali inducono il consumatore a credere che i prodotti vengano offerti ad un prezzo inferiore al costo di ingrosso (il quale, per sua stessa natura, è inferiore al prezzo comunemente praticato al dettaglio), quando ciò non si verifica nei fatti.
n) far intendere falsamente che il professionista non sta agendo nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, cercando di presentarsi egli stesso come consumatore (questo nell’intento di privare i consumatori delle tutele previste dalla legge, in quanto sembra ovvio che le tutele offerte al consumatore nei rapporti con i professionisti sono maggiori di quelle che la legge prevede nei rapporti tra consumatori).
o) lasciar credere ai consumatori che i servizi post-vendita offerti relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto, in modo da indurre erroneamente il consumatore a pensare di avere maggiore assistenza.

Principio generale desumibile dal testo della norma in esame è che l'onere di completezza e chiarezza informativa previsto dalla normativa a tutela dei consumatori può ritenersi assolto allorquando ogni messaggio rappresenti i caratteri essenziali di quanto mira a reclamizzare, dovendosi al contrario sanzionare la loro omissione, a fronte della enfatizzazione di taluni elementi, qualora ciò renda non chiaramente percepibile il reale contenuto e i termini dell'offerta o del prodotto, così inducendo in errore il consumatore, attraverso il falso convincimento del reale contenuto degli stessi, condizionandolo nell'assunzione di comportamenti economici che altrimenti non avrebbe adottato.

In particolare, in capo al professionista e nei confronti dei consumatori sussiste un preciso obbligo di chiarezza, al fine preminente di consentire ai potenziali destinatari del messaggio pubblicitario di valutare consapevolmente la convenienza dell'offerta e la prospettazione delle complessive condizioni di quest'ultima, che deve essere chiaramente percepibile da parte della clientela.

In giurisprudenza è stata, ad esempio, qualificata come pratica commerciale ingannevole per un social network quella di omettere informazioni rilevanti per consentire al consumatore di decidere consapevolmente di registrarsi alla sua piattaforma, lasciando supporre che sia possibile ottenere "gratuitamente" il vantaggio collegato ai suoi servizi, senza comunicare che ciò avverrà se i dati saranno resi disponibili a soggetti commerciali non definibili anticipatamente, operanti in settori non preindicati, e che li utilizzeranno per finalità di uso commerciale e di diffusione pubblicitaria (anche attraverso forme di profilazione).

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