Costituzione di servitù da parte dell'enfiteuta e dei titolari della comproprietà
Essendo la servitù un diritto reale, costituire una servitù significa disporre del fondo sul quale viene a gravare. Tale
atto di disposizione non può essere fatto, secondo il sistema del nuovo codice, che dal titolare della proprietà del fondo gravato, iltest o della legge non soltanto è andato a ritroso stile proposte avanzate nel progetto della Commissione Reale, che, ammettendo (
art. 1036 del c.c.) la costituibilità di servitù anche da parte dell'usufruttuario e del conduttore ultranovennale, nei limiti di durata del loro diritto, si ispirava ad una maggiore larghezza di quella del codice 1865, ma si è attenuto ad un criterio di restrizione anche maggiore, che non il codice predetto, eliminando ogni possibilità di costituzione che non provenga dal proprietario, fatta una sola
eccezione per l'enfiteuta.
a) Questa eccezione peraltro non risulta in alcuna parte dei capi III e IV, in cui si tratta della costituzione delle servitù, ma dal capo VI, in cui si disciplina la materia dell'estinzione.
art. 1077 del c.c. dice infatti precisamente che «
le servitù costituite dall'enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano quando l'enfiteusi si estingue per decorso del termine, per non uso o per devoluzione ». Con ciò la possibilità per l'enfiteuta di costituire servitù gravanti passivamente il fondo in godimento è implicitamente, ma sicuramente, riconosciuta. E non è da pensare che l'articolo citato si riferisca alle servitù già costituite: la Relazione al Re verrebbe a togliere un simile dubbio, poiché il Guardasigilli ha detto chiaramente che la facoltà per l'enfiteuta di gravare il fondo di servitù «
è mantenuta in relazione all'ampiezza del diritto di cui è investito e in conformità di una lunga tradizione risalente al diritto romano e accolta dal codice del 1865 (art. 665) ». Vedremo a suo luogo le particolarità della disciplina dell'estinzione delle servitù costituite dall'enfiteuta.
b) Invece è sottratta al
marito l'analoga facoltà che gli era concessa dall'art. 665 del codice abrogato, di costituire servitù sul fondo dotale limitatamente alla durata della sua costituzione in dote.
c) Nel caso di
condominio, ove la titolarità, nei rapporti esterni, del diritto di proprietà appartiene alla somma dei condomini, la legge, ossequente al criterio adottato e ricalcando in questo punto le orme del codice del 1865 (art. 636), richiede la concessione della servitù, perchè questa possa intendersi realmente costituita, da parte di tutti i comproprietari (art.
1059 e
1108, terzo comma).
Non occorre che la concessione stessa venga fatta da essi unitamente, cioè mediante un solo atto, e non occorre nemmeno che sia fatta simultaneamente, cioè con atti contemporanei se pur separati. Il «
separatamente » usato dalla legge si riferisce allo spazio e al tempo, e vuol dire che la concessione può essere fatta non soltanto con atti distinti, uno dall'altro, ma anche distanziati nel tempo.
Concessione di uno dei comproprietari
Se alcuno dei comproprietari ha fatto la concessione ed altri no, la costituzione della servitù non può più mancare per
revoca del consenso dei concedenti prima che sopravvenga la concessione degli altri: questo vuol dire principalmente il capoverso dell'articolo in esame. Non si può intendere che l'acquirente di una servitù da uno, od alcuni, dei condomini, abbia frattanto il diritto di attuare il contenuto della servitù a titolo di credito, mentre non è ancora realmente costituita. All'esistenza di un tale credito con oggetto il fondo in funzione di servente, si oppone il diritto degli altri comproprietari d'impedire l'esercizio di qualsiasi atto sul fondo comune da parte di persone che siano per essi dei terzi: terzo è per essi chi abbia avuto la concessione da altri condomini. Il condomino può solo disporre ed obbligare la propria quota indivisa, pertanto egli è obbligato personalmente a non impedire dal canto proprio l'esercizio del diritto concesso, ma non si può dire che a questa sua obbligazione personale corrisponda un credito nel concessionario ad esercitare il contenuto pratico di un diritto di servitù sul fondo, perchè tale esercizio potrà essere impedito dagli altri condomini, che non hanno ancora fatta la concessione.
Acquisto della proprietà piena da parte del comproprietario che ha concesso la servitù
Gioverà, peraltro, precisare come dal capoverso in questione deriva che se il condomino il quale ha concesso la servitù diventi proprietario unico del fondo, prima e senza che gli altri abbiano a loro volta concessa la servitù, questa si costituisce immediatamente in forma reale, senza bisogno di un nuovo titolo, in virtù della concessione già fatta dall'attuale proprietario quando non era che un semplice condomino.
Acquisto di servitù attive al fondo dominante
Non sarà inopportuno richiamare qui, per connessione, il disposto dell'
art. 1078 del c.c.. Se è vero che solo il proprietario (e, nei limiti visti, anche l'enfiteuta) può gravare un fondo di servitù rendendolo servente, non ne deriva, e anzi l'articolo citato dispone ben diversamente, che solo il proprietario possa acquisire servitù a vantaggio del fondo rendendolo dominante. Il disposto dell'art. 665 del codice abrogato, per questa parte, rimane, e anzi la facoltà di acquistare servitù diverse al fondo è estesa anche all'usufruttuario dall'
art. 1078 del c.c..
Acquisto da parte di condomini
Da ultimo deve essere ancora posto in rilievo che, mentre il fondo comune non può essere gravato di servitù se non col consenso di tutti i condomini, per acquistare ad esso servitù attive basterà la maggioranza dei partecipanti, che rappresenti almeno due terzi del fondo medesimo (arg.
ex art.
1108, 1 e 2 comma, come da rilievo espresso dalla
Relazione al Re, n. 159).