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Articolo 1059 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Servitù concessa da uno dei comproprietari

Dispositivo dell'art. 1059 Codice Civile

La servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso non è costituita se non quando gli altri l'hanno anch'essi concessa unitamente o separatamente [1108 comma 3](1).

La concessione, però, fatta da uno dei comproprietari, indipendentemente dagli altri, obbliga il concedente e i suoi eredi o aventi causa a non porre impedimento all'esercizio del diritto concesso [1103].

Note

(1) Qualora, invece, la costituzione di una servitù sia a vantaggio di un fondo, di cui più persone siano titolari, la concessione a favore esclusivamente di uno soltanto di essi spiega la sua efficacia anche nei confronti degli altri.

Ratio Legis

Se più sono le persone titolari di un fondo, la concessione di una servitù a carico dello stesso, posta in essere soltanto da uno di essi, necessita, per essere efficace, del consenso degli altri comproprietari.

Brocardi

Unus ex dominis communium aedium servitutem imponere non potest

Spiegazione dell'art. 1059 Codice Civile

Costituzione di servitù da parte dell'enfiteuta e dei titolari della comproprietà

Essendo la servitù un diritto reale, costituire una servitù significa disporre del fondo sul quale viene a gravare. Tale atto di disposizione non può essere fatto, secondo il sistema del nuovo codice, che dal titolare della proprietà del fondo gravato, iltest o della legge non soltanto è andato a ritroso stile proposte avanzate nel progetto della Commissione Reale, che, ammettendo (art. 1036 del c.c.) la costituibilità di servitù anche da parte dell'usufruttuario e del conduttore ultranovennale, nei limiti di durata del loro diritto, si ispirava ad una maggiore larghezza di quella del codice 1865, ma si è attenuto ad un criterio di restrizione anche maggiore, che non il codice predetto, eliminando ogni possibilità di costituzione che non provenga dal proprietario, fatta una sola eccezione per l'enfiteuta.

a) Questa eccezione peraltro non risulta in alcuna parte dei capi III e IV, in cui si tratta della costituzione delle servitù, ma dal capo VI, in cui si disciplina la materia dell'estinzione. art. 1077 del c.c. dice infatti precisamente che « le servitù costituite dall'enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano quando l'enfiteusi si estingue per decorso del termine, per non uso o per devoluzione ». Con ciò la possibilità per l'enfiteuta di costituire servitù gravanti passivamente il fondo in godimento è implicitamente, ma sicuramente, riconosciuta. E non è da pensare che l'articolo citato si riferisca alle servitù già costituite: la Relazione al Re verrebbe a togliere un simile dubbio, poiché il Guardasigilli ha detto chiaramente che la facoltà per l'enfiteuta di gravare il fondo di servitù « è mantenuta in relazione all'ampiezza del diritto di cui è investito e in conformità di una lunga tradizione risalente al diritto romano e accolta dal codice del 1865 (art. 665) ». Vedremo a suo luogo le particolarità della disciplina dell'estinzione delle servitù costituite dall'enfiteuta.

b) Invece è sottratta al marito l'analoga facoltà che gli era concessa dall'art. 665 del codice abrogato, di costituire servitù sul fondo dotale limitatamente alla durata della sua costituzione in dote.

c) Nel caso di condominio, ove la titolarità, nei rapporti esterni, del diritto di proprietà appartiene alla somma dei condomini, la legge, ossequente al criterio adottato e ricalcando in questo punto le orme del codice del 1865 (art. 636), richiede la concessione della servitù, perchè questa possa intendersi realmente costituita, da parte di tutti i comproprietari (art. 1059 e 1108, terzo comma).

Non occorre che la concessione stessa venga fatta da essi unitamente, cioè mediante un solo atto, e non occorre nemmeno che sia fatta simultaneamente, cioè con atti contemporanei se pur separati. Il « separatamente » usato dalla legge si riferisce allo spazio e al tempo, e vuol dire che la concessione può essere fatta non soltanto con atti distinti, uno dall'altro, ma anche distanziati nel tempo.


Concessione di uno dei comproprietari

Se alcuno dei comproprietari ha fatto la concessione ed altri no, la costituzione della servitù non può più mancare per revoca del consenso dei concedenti prima che sopravvenga la concessione degli altri: questo vuol dire principalmente il capoverso dell'articolo in esame. Non si può intendere che l'acquirente di una servitù da uno, od alcuni, dei condomini, abbia frattanto il diritto di attuare il contenuto della servitù a titolo di credito, mentre non è ancora realmente costituita. All'esistenza di un tale credito con oggetto il fondo in funzione di servente, si oppone il diritto degli altri comproprietari d'impedire l'esercizio di qualsiasi atto sul fondo comune da parte di persone che siano per essi dei terzi: terzo è per essi chi abbia avuto la concessione da altri condomini. Il condomino può solo disporre ed obbligare la propria quota indivisa, pertanto egli è obbligato personalmente a non impedire dal canto proprio l'esercizio del diritto concesso, ma non si può dire che a questa sua obbligazione personale corrisponda un credito nel concessionario ad esercitare il contenuto pratico di un diritto di servitù sul fondo, perchè tale esercizio potrà essere impedito dagli altri condomini, che non hanno ancora fatta la concessione.


Acquisto della proprietà piena da parte del comproprietario che ha concesso la servitù

Gioverà, peraltro, precisare come dal capoverso in questione deriva che se il condomino il quale ha concesso la servitù diventi proprietario unico del fondo, prima e senza che gli altri abbiano a loro volta concessa la servitù, questa si costituisce immediatamente in forma reale, senza bisogno di un nuovo titolo, in virtù della concessione già fatta dall'attuale proprietario quando non era che un semplice condomino.


Acquisto di servitù attive al fondo dominante

Non sarà inopportuno richiamare qui, per connessione, il disposto dell' art. 1078 del c.c.. Se è vero che solo il proprietario (e, nei limiti visti, anche l'enfiteuta) può gravare un fondo di servitù rendendolo servente, non ne deriva, e anzi l'articolo citato dispone ben diversamente, che solo il proprietario possa acquisire servitù a vantaggio del fondo rendendolo dominante. Il disposto dell'art. 665 del codice abrogato, per questa parte, rimane, e anzi la facoltà di acquistare servitù diverse al fondo è estesa anche all'usufruttuario dall' art. 1078 del c.c..


Acquisto da parte di condomini

Da ultimo deve essere ancora posto in rilievo che, mentre il fondo comune non può essere gravato di servitù se non col consenso di tutti i condomini, per acquistare ad esso servitù attive basterà la maggioranza dei partecipanti, che rappresenti almeno due terzi del fondo medesimo (arg. ex art. 1108, 1 e 2 comma, come da rilievo espresso dalla Relazione al Re, n. 159).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

503 Per ciò che concerne la costituzione di servitù su un fondo comune, ho collocato sotto il titolo della comunione (art. 1108 del c.c., terzo comma), che costituisce la vera sedes materiae, la norma che esige il consenso di tutti i partecipanti. Ho però riprodotto nell'art. 1059 del c.c., con qualche emendamento di forma, l'art. 636 del codice del 1865, secondo cui la concessione della servitù fatta da uno solo dei comproprietari non può pregiudicare gli altri, ma è precluso al concedente ed ai suoi eredi e aventi causa di porre impedimento all'esercizio del diritto concesso. Seguendo il codice del 1865, ho creduto inutile enunciare, come invece faceva il progetto della Commissione Reale (art. 227), il principio che può costituirsi una servitù a vantaggio o a carico di un fondo comune e sopra o a vantaggio di un fondo di esclusiva proprietà di uno dei condomini, poiché non può esservi dubbio che il fondo comune sia da considerarsi, rispetto alle quote degli altri condomini, come res aliena in rapporto al fondo di proprietà esclusiva di un partecipante. Circa il potere di costituire servitù a vantaggio del fondo, tale potere, ammesso dal codice del 1865 (art. 665) per l'enfiteuta, e per il marito rispetto al fondo dotale, viene esteso (art. 1078 del c.c.) all'usufruttuario. L'estensione mi è parsa giustificata dal potere che ha l'usufruttuario di apportare i miglioramenti che siano conformi alla destinazione economica del fondo (art. 985 del c.c., primo comma). Quanto alla costituzione di servitù a vantaggio del fondo comune, viene determinata sotto il titolo d'ella comunione la maggioranza qualificata che deve concorrere per l'acquisto (art. 1108, primo e secondo comma), eliminandosi così la lacuna del codice anteriore, che non dettava una disposizione particolare in proposito.

Massime relative all'art. 1059 Codice Civile

Cass. civ. n. 2853/2016

I modi di costituzione delle servitù prediali sono tipici, sicché il riconoscimento, da parte del proprietario di un fondo, della fondatezza dell'altrui pretesa circa la sussistenza di una servitù mai costituita è irrilevante ove non si concreti in un negozio idoneo a far sorgere la servitù in via convenzionale; del pari, è inidonea a costituire la servitù la confessione di uno dei comproprietari del fondo servente circa l'esistenza della stessa, non essendo ipotizzabile l'estensione a terzi di effetti inesistenti.

L'atto proveniente da uno solo dei comproprietari di un fondo indiviso, sebbene non sia privo di effetti giuridici, non è idoneo a costituire, in via negoziale, una servitù passiva.

Cass. civ. n. 6450/2000

La mancata partecipazione al negozio costitutivo di una servitù di taluno dei comproprietari di un fondo indiviso non priva l'atto di effetti giuridici. Se, infatti, trattasi di servitù attiva, la stipulazione effettuata dagli altri condomini, è valida ed efficace nei confronti dell'assente, in quanto, con il contratto a favore di terzo, può essere attribuito a quest'ultimo anche uno ius in re aliena. Se, invece, si tratta di servitù passiva, la concessione vincola il proprietario concedente, ai sensi dell'art. 1059 c.c., e la servitù resta definitivamente costituita quando si verifichi l'adesione degli altri condomini, o maturi — nei casi consentiti — l'usucapione, ovvero vengano acquisite dal condomino concedente anche le quote degli altri condomini.

Cass. civ. n. 3083/1994

L'atto di disposizione del fondo comune, consistente nella costituzione su di esso di un diritto reale di servitù, esige il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, in difetto del quale il compimento da parte di uno solo o da alcuni di questi è inidoneo alla produzione di siffatta costituzione e non determina pregiudizi nei confronti degli altri compartecipi.

Cass. civ. n. 476/1994

Posto che il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di essa, odi non impedire l'altrui pari uso, il passaggio su una strada comune, in origine destinata a servire alcuni, determinati fondi di proprietà esclusiva, che venga effettuato da un comunista anche per accedere ad altro fondo, a lui appartenente in proprietà esclusiva, di per sé non raffigura un godimento vietato, a norma dell'art. 1059, primo comma, c.c., non comportando la costituzione di una servitù sul bene comune, perché non si risolve nella modifica della destinazione di questo, né nell'impedimento dell'altrui pari diritto.

Cass. civ. n. 3479/1978

Gli effetti della concessione di servitù da parte di uno dei comproprietari di fondo indiviso sono compiutamente regolari dall'art. 1059 c.c., il quale non prevede la facoltà del proprietario del fondo dominante di chiedere la divisione del fondo servente in comunione sul quale è stata costituita la servitù (nella specie altius non tollendi), al fine di accertare quale parte di esso spetti al condomino concedente. L'obbligo a carico del comproprietario di fondo indiviso e dei suoi eredi od aventi causa, che abbia concesso una servitù indipendentemente dagli altri condomini, di non porre impedimento all'esercizio del diritto concesso, ai sensi dell'art. 1059 c.c., implica a carico dello stesso comproprietario il divieto di aderire ad iniziative degli altri condomini che siano dirette a caducare la concessione medesima.

Cass. civ. n. 3892/1976

Il proprietario di un immobile al cui servizio sia stata installata nel sottosuolo di un cortile, di cui egli è comproprietario con altri, una tubazione fognante, non può permettere a terzi, senza il consenso degli altri comproprietari del cortile, di allacciare a detta tubazione i loro scarichi, rappresentando tale allacciamento una nuova servitù che non può essere costituita senza il consenso di tutti i comproprietari del fondo servente.

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G. I. A. G. chiede
mercoledì 21/09/2022 - Puglia
“a) sono proprietario di un locale con un finestrino, aria e luce, di dimensione circa 30x30 cm, posto a circa 160 cm dal mio piano di calpestio; il finestrino si affaccia su un fondo rustico;

b) sono altresì comproprietario, 3/24, del medesimo fondo rustico;

quesito

Posso allargare il finestrino, eventualmente fino a farlo diventare porta finestra, per accedere al fondo rustico?
ovvero posso allargare il finestrino senza il consenso degli altri comproprietari?”
Consulenza legale i 24/09/2022
Prima di compiere tale operazione sarebbe meglio ottenere il consenso degli altri comproprietari.
Qualcuno degli altri partecipanti alla comunione infatti potrebbe eccepire che tale apertura possa costituire una servitù di passaggio a favore del locale di sua proprietà (che diverrebbe quindi fondo dominante) gravante sul fondo rustico comune (che diverrebbe quindi fondo servente): ma, ai sensi dell’art. 1059 del c.c., per costituire una servitù sopra un fondo comune è necessario il consenso di tutti i comproprietari.
Al singolo condomino non è consentito costituire sulla cosa comune una servitù a vantaggio della cosa propria, essendo richiesto per la costituzione della servitù il consenso (negoziale) di tutti i partecipanti” (tra le tante, Cass.Civ. n. 3345/2018).

È ovvio che se si procedesse ad effettuare i lavori senza il preventivo consenso degli altri comproprietari si correrebbe il rischio di essere da loro chiamati in causa al fine di ottenere a proprie spese il ripristino dei luoghi nella situazione antecedente.