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Articolo 937 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Opere fatte da un terzo con materiali altrui

Dispositivo dell'art. 937 Codice Civile

Se le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un terzo con materiali altrui, il proprietario di questi può rivendicarli, previa separazione a spese del terzo, se la separazione può ottenersi senza grave danno delle opere e del fondo.

La rivendicazione non è ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione(1).

Nel caso che la separazione dei materiali non sia richiesta o che i materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il proprietario del suolo che sia stato in malafede(2) sono tenuti in solido al pagamento di una indennità pari al valore dei materiali stessi. Il proprietario dei materiali può anche esigere tale indennità dal proprietario del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse ancora dovuto. Può altresì chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei confronti del proprietario del suolo che in malafede abbia autorizzato l'uso [2043].

Note

(1) Sono regolamentati in questa sede i rapporti tra il proprietario dei materiali ed il terzo costruttore; quelli intercorrenti tra il proprietario del fondo e il costruttore sono previsti dall'art. 936, con particolare riferimento ai costi relativi alla rimozione ed al risarcimento del danno.
(2) Il proprietario che consente la costruzione sapendo che il costruttore utilizza materiali non suoi, agisce in malafede.

Ratio Legis

La norma disciplina i diritti del terzo proprietario dei materiali nei confronti del costruttore (o autore dell'incorporazione) e del proprietario del suolo.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

434 Ho cercato di ricondurre queste materie a una disciplina più agile, semplificando molte norme frammentarie del codice del 1865 e informando tutto il sistema a pochi principi fondamentali. Soppressa la definizione, superflua e di discutibile esattezza, che del diritto di accessione dava l'art. 443 del codice precedente, ho disciplinato negli articoli 934 - 937 l'accessione di cose mobili a immobili. L'art. 934 del c.c. enuncia il principio generale che qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, facendo in pari tempo richiamo alle limitazioni che tale principio incontra sia nell'ammissibilità, di una proprietà superficiaria, esclusa soltanto per le piantagioni, sia nelle disposizioni dei successivi tre articoli e in altre norme di legge. L'art. 935 del c.c. regola l'ipotesi di piantagioni, costruzioni od opere fatte dal proprietario del suolo con materiali altrui. 11 proprietario dei materiali può chiederne la separazione, sempre che questa sia possibile senza recare grave danno all'opera costruita o senza far perire la piantagione. Se la separazione non è chiesta o non è possibile, il proprietario del suolo deve pagare il valore dei materiali, dei quali acquista la proprietà; me se egli è in colpa grave, è inoltre tenuto al risarcimento dei danni anche nel caso in cui abbia luogo la separazione. La facoltà del proprietario dei materiali di chiedere la separazione è circoscritta in limiti più ristretti di quelli stabiliti dall'art. 449 del codice anteriore, poiché, mentre questo negava la separazione quando non fosse possibile senza distruggere l'opera, l'art. 935, dando prevalenza all'interesse sociale sugli interessi individuali in collisione tra loro, la nega anche quando essa arrecherebbe grave danno all'opera costruita. Inoltre — e in ciò risiede l'innovazione più saliente — è stabilito per l'esercizio dell'azione di rivendicazione il termine di sei mesi dal giorno in cui il proprietario dei materiali ha avuto notizia dell'incorporazione. Si evita così che la sorte dei materiali rimanga per lungo tempo incerta. L'art. 936 del c.c. regola l'ipotesi che un terzo, con suoi materiali, esegua piantagioni, costruzioni ad opere su un fondo altrui. In questo caso il proprietario del fondo ha un diritto di scelta, in quanto può ritenere le opere, pagando il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera ovvero, se più gli conviene, l'aumento di valore recato al fondo, come può, invece, costringere il proprietario dei materiali a togliere a proprie spese le piantagioni, costruzioni od opere e chiedere inoltre il risarcimento dei danni. I1 proprietario del fondo non può tuttavia chiedere che le opere siano tolte quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state fatte dal terzo in buona fede; in ogni caso non può domandare la rimozione, se sono trascorsi sei mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell'incorporazione. La disciplina dell'ipotesi in esame diverge, per una maggiore limitazione del diritto di scelta del proprietario del suolo, da quella dettata dall'art. 450 del codice del 1865, che non stabiliva alcun termine entro il quale la rimozione delle opere dovesse essere chiesta e non sopprimeva la facoltà di domandare la rimozione, se non quando il terzo fosse un possessore di buona fede che avesse sofferto evizione e per la sua buona fede fosse andato esente dalla restituzione dei frutti. L'art. 937 del c.c., regolando l'ipotesi delle piantagioni, costruzioni od opere eseguite da un terzo non soltanto su un fondo altrui, ma anche con materiali altrui, dà una disciplina più completa di quella contenuta nell'art. 451 del codice del 1865, il quale si limitava a stabilire che il proprietario della materia non aveva diritto di rivendicarla, ma poteva esigere un'indennità dal terzo che ne aveva fatto uso, ed anche dal proprietario del suolo, ma soltanto sul prezzo che da questo fosse ancora dovuto. L'art. 937 distingue l'ipotesi in cui la separazione dei materiali possa ottenersi senza grave danno delle opere e del fondo dall'ipotesi in cui tale separazione non sia possibile. Nel primo caso, il proprietario dei materiali può rivendicarli nel termine di sei mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell'incorporazione, effettuandone la separazione a spese del terzo; nel secondo caso, come nel caso in cui preferisca di non chiedere la separazione, può esigere un'indennità, pari al valore dei materiali stessi, dal terzo che li ha adoperati, ovvero anche dal proprietario del suolo, ma limitatamente al prezzo che da questo fosse al terzo ancora dovuto. Compete inoltre al proprietario dei materiali il diritto al risarcimento dei danni nei confronti del terzo. Alla responsabilità del terzo si aggiunge la responsabilità solidale del proprietario del fondo, così per l'indennità dovuta al proprietario dei materiali come per il risarcimento dei danni, se in mala fede abbia autorizzato l'uso dei materiali medesimi.

Massime relative all'art. 937 Codice Civile

Cass. civ. n. 14021/2017

Non può essere considerato terzo, avente diritto all'indennità di cui all'art. 936 (o 937) c.c., colui che abbia eseguito l'opera sul suolo altrui in adempimento di un contratto con persona diversa dal proprietario, atteso che egli entra in contatto con la cosa in via esclusivamente secondaria, a seguito o in ragione di un incarico conferitogli - non rileva a quale titolo - da diverso soggetto e si limita ad eseguire la sua volontà.

Cass. civ. n. 603/1998

L'art. 937 c.c. (norma che disciplina i diritti del proprietario di materiali impiegati su suolo altrui), non richiede — diversamente dall'art. 936 c.c. — che il costruttore su suolo non proprio — e perciò terzo rispetto al proprietario degli uni e dell'altro — non sia legato da alcun rapporto con quest'ultimo, tant'è invece che il terzo comma prevede la pattuizione di un prezzo con il costruttore; pertanto il proprietario di materiali con cui un appaltatore ha eseguito una costruzione su suolo altrui, se vuole, entro sei mesi chiederne la separazione, ha l'onere di rivendicarli (art. 948 c.c.), nei confronti del proprietario del suolo, in un giudizio di cognizione — ovvero in riconvenzionale nell'opposizione alla consegna, instaurata dal proprietario del suolo — non essendo all'uopo sufficiente notificargli il titolo esecutivo per la consegna, ottenuto nei confronti del costruttore.

Cass. civ. n. 970/1983

Per l'applicabilità degli artt. 936 e 937 c.c. è necessario che autore delle opere eseguite su suolo altrui sia un terzo, dovendo considerarsi tale colui che non è vincolato al proprietario dell'immobile da alcun rapporto negoziale ovvero da alcun rapporto di altro tipo che comporti una specifica disciplina circa immissioni del genere. Non è, pertanto terzo, né colui che abbia eseguito l'opera in base a contratto concluso col proprietario dell'immobile - salva l'ipotesi che tale contratto venga in seguito meno per invalidità, risoluzione e simili - né colui che già si trovi ad essere parte di un rapporto col proprietario dell'immobile nell'ambito del quale rapporto la legge ponga una specifica disciplina delle addizioni e migliorie, né colui che esegua materialmente l'opera in adempimento di un contratto con persona diversa dal proprietario dell'immobile, in quanto in siffatta ipotesi l'esecutore materiale entra con la cosa medesima in rapporto in via esclusivamente secondaria a seguito e per effetto di un incarico conferitogli a qualsiasi titolo dall'autore e che si limita ad eseguire l'altrui volontà.

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