(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
1089 Per rendere completo il sistema era necessario prevedere la pubblicità delle sentenze che dichiarano la nullità o annullano, risolvono, rescindono, revocano un determinato atto, ossia di quelle sentenze che accolgono una delle domande previste dall'
art. 2652 del c.c.. Tale pubblicità era necessaria per due ragioni: anzitutto perché la domanda, in accoglimento della quale la sentenza è pronunciata, può non essere stata trascritta, e in secondo luogo, e ciò è molto più importante, perché la trascrizione della domanda deve avere una funzione conservativa, puramente provvisoria, e i terzi devono sapere se la conseguenza giuridica a cui la domanda era diretta si sia effettivamente realizzata. Se la domanda non è trascritta, ipotesi certo improbabile, dato l'obbligo e le correlative sanzioni stabilito dalla legge fiscale, è chiaro che l'effetto conservativo non si verifica e che solo dopo la pronuncia della sentenza viene in considerazione la posizione dei terzi acquirenti da colui contro il quale la sentenza è pronunciata. Se invece la domanda è trascritta ed essa viene accolta allora il problema consiste nell'indurre colui che ne ha ottenuto l'accoglimento a trascrivere la sentenza, per sostituire alla situazione provvisoria risultante dalla trascrizione della domanda, la situazione definitiva risultante dalla sentenza. Questo scopo, sul piano del diritto sostanziale, è raggiunto indirettamente attraverso l'
art. 2655 del c.c., nel quale, dopo la prescrizione relativa alla forma in cui le sentenze devono essere rese pubbliche, si estende a queste ipotesi la disposizione dell'
art. 2650 del c.c., ossia si nega efficacia alle trascrizioni o iscrizioni prese contro colui che ha ottenuto la sentenza, finché questa non venga regolarmente annotata. Sanzione questa certo più efficace di quella stabilita nell'art. 1934 del codice del 1865, che comminava per la mancata trascrizione una semplice multa. Tale disposizione si applica a tutte le sentenze che accolgono una delle domande indicate dall'art.2652, salvo quelle indicate dai numeri 2 e 3 di questo articolo, perché in queste due ipotesi si applicano direttamente gli
art. 2644 del c.c. e
art. 2650 del c.c.. Va infine rilevato che la disposizione dell'
art. 2655 del c.c. si applica anche al caso in cui si sia verificata la condizione risolutiva apposta a un atto. E' chiaro che in questo caso non si pone un problema di tutela dei terzi acquirenti da colui che è titolare di un diritto sotto condizione risolutiva, perché la condizione ha per sua natura un'efficacia reale che non può essere subordinata all'esistenza di trascrizioni anteriori e quella dell'avveramento della condizione. La legge non può, a tal proposito, che perseguire due finalità: quella di assicurare la pubblicità dell'esistenza della condizione, che viene realizzata, come si vedrà, attraverso la disposizione dell'
art. 2659 del c.c., e quella di assicurare la pubblicità dell'avveramento della condizione, la quale si ottiene con la disposizione del l'art. 2655. Quanto alla condizione sospensiva, non ho creduto di seguire la medesima regola che vale per la condizione risolutiva, essendomi a tal proposito sembrate decisive le considerazioni contenute nella relazione al progetto della Commissione Reale. In realtà l'avveramento della condizione risolutiva è soggetto a trascrizione, perché siano messi sull'avviso i terzi che vogliono contrattare con colui che appare proprietario in virtù di un titolo trascritto che invece è divenuto inefficace; per contro, l'avveramento della condizione sospensiva giova e non nuoce agli acquirenti da colui che è titolare di un diritto sotto condizione. D'altra parte, i terzi che vogliono contrattare con l'alienante sotto condizione sospensiva, poiché sanno dell'esistenza dell'alienazione e della condizione alla quale è sottoposta, hanno la possibilità di accertare se la condizione sia mancata o sia ancora pendente o si sia invece verificata. L'art. 2655, ultimo comma, determina quale sia l'atto che deve essere esibito per l'annotazione, per il caso di avveramento della condizione, e stabilisce che è sufficiente la dichiarazione unilaterale della parte in danno della quale la condizione si è verificata. Naturalmente, se tale dichiarazione non viene fatta dalla parte, sarà necessario un giudizio di accertamento sull'avveramento della condizione, in maniera che si possa annotare la relativa sentenza. Le formalità che in generale devono eseguirsi per l'annotazione sono in via di massima quelle stesse della trascrizione, giusta il disposto dell'
art. 2656 del c.c..