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Articolo 2261 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Controllo dei soci

Dispositivo dell'art. 2261 Codice Civile

I soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all'amministrazione e di ottenere il rendiconto(1) quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti [2257, 2258, 2489, 2623 n. 3].

Se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il rendiconto dell'amministrazione al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso [2320, 2552].

Note

(1) Il procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 e segg. c.p.c. è fondato sul presupposto dell'esistenza dell'obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all'altra, al fine di far conoscere il risultato della propria attività.
A norma dell'art. 2261 tale diritto spetta al socio non investito della facoltà di amministratore.

Ratio Legis

La norma delimita i poteri di controllo dei singoli soci sull'operato degli amministratori, configurando tali poteri come diritto di ciascun socio, il cui esercizio è funzionale alla prevenzione e correzione di eventuali irregolarità commesse da coloro che siano investiti della facoltà di amministrare la società.

Spiegazione dell'art. 2261 Codice Civile

L’attribuzione di poteri gestori ai soli soci-amministratori è compensata dal legislatore mediante l’assegnazione di rilevanti poteri di controllo in favore dei soci privi del potere di amministrazione. Il diritto di controllo sulla gestione dell’attività sociale è posto pertanto a tutela dell’interesse dei soci non amministratori, interesse che ha ad oggetto sia il corretto impiego delle risorse apportate a titolo di conferimento sia il generale andamento della gestione, posto che tutti i soci possono comunque essere chiamati a rispondere illimitatamente dei debiti sociali (salvo il caso in cui esistano patti limitativi della responsabilità).
Il controllo dei soci sulla gestione della società da parte degli amministratori è da ritenersi fondamentale, in quanto permette loro di valutare eventuali condotte di mala gestio e di promuovere con cognizione di causa l'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori.

L’esercizio delle prerogative di controllo presuppone la qualità di socio.

Il diritto di controllo ricomprende in particolare:
- il diritto di avere informazioni o di ispezionare i documenti relativi all’andamento generale della società o a specifiche operazioni compiute dagli amministratori
- il diritto di visionare il rendiconto, recante una relazione analitica sulle operazioni intraprese dagli amministratori: può essere esercitato solo una volta esaurite le operazioni sociali e, in ogni caso, al termine di ogni esercizio (salvo quanto previsto dal contratto sociale)

Nella società semplice il rendiconto non deve essere redatto secondo le forme del bilancio, dal momento che esso ha la funzione di informare i soci, non di tutelare i terzi. In quest’ottica, il rendiconto può essere accostato al rendiconto del mandatario, dovendo fornire una chiara esposizione del complesso delle operazioni intraprese e un’indicazione dei risultati economici conseguiti.

Secondo l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza i diritti di controllo non possono essere limitati o soppressi dal contratto sociale, nemmeno se vi sia l’unanimità dei consensi.

Massime relative all'art. 2261 Codice Civile

Cass. civ. n. 2962/2017

Nelle società di persone, se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, i soci amministratori non addetti ad una specifica attività o settore hanno il diritto di avere dall’amministratore che vi è preposto notizia sullo svolgimento dei relativi affari, di consultarne i documenti di gestione e, all’esito, di ottenere il rendiconto, che non coincide con la mera informazione conseguente al bilancio, e cioè al documento generale sull'attività economica della società, che è unico, ma si determina in ragione dell'altrui amministrazione.

Cass. civ. n. 12531/1998

In tema di società, il diritto al rendiconto di cui all'art. 2261 c.c. non spetta al socio investito della facoltà di amministratore, ancorché egli assuma di essersi, di fatto, disinteressato dell'amministrazione stessa.

Cass. civ. n. 3356/1985

Con riguardo all'obbligo di rendiconto, gravante sul socio-amministratore di una società di persone nei confronti degli altri soci, come in genere sul mandatario nei confronti del mandante, il dovere di formare il conto, in modo tale da consentire il riscontro della corrispondenza al vero delle singole poste e della loro entità, è fissato a tutela degli interessi dei predetti destinatari e, pertanto, può trovare deroga, vertendosi in materia di diritti disponibili, tanto in un accordo preventivo con gli aventi diritto al conto, che ne autorizzi la redazione incompleta, quanto in un successivo atto con cui essi approvino l'operato dell'obbligato, ferma restando la possibilità d'impugnare questa approvazione, in considerazione del suo contenuto negoziale, per eventuali vizi del consenso.

Cass. civ. n. 2434/1973

Nelle società personali non è richiesta la redazione di un bilancio in senso tecnico, ma viene formato dall'amministratore un rendiconto (art. 2261 c.c.), il quale è sottoposto all'approvazione dei soci (arg. ex art. 2262 c.c.). Ciò comporta che spetta ai soci di verificare le poste del conto e di apportarvi le modificazioni o aggiunte che ritengano opportune, potendo essi in sede di verifica richiedere modificazioni o esclusioni di annotazioni in bilancio. Pertanto, ove l'amministratore includa nel rendiconto una maggiore o minore quota per ammortamenti (con conseguente maggiore o minore quantità di utili da distribuire), non compie atto eccedente i suoi compiti, essendo il suo operato non definitivo, ma sottoposto all'approvazione dei soci.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2261 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Piergiorgio P. chiede
domenica 26/04/2020 - Lombardia
“Buongiorno,
chiedo cortesemente di sapere se, e in base a quale norma, nell'ambito del potere di controllo riservato ai soci ed in assenza di specifiche previsioni statutarie, il socio di un'ASD può chiedere di ricevere per tempo l'ordine del giorno in discussione nel consiglio direttivo e se gli è possibile partecipare come uditore.

Ringrazio anticipatamente con i migliori saluti

Consulenza legale i 02/05/2020
La norma di riferimento che attribuisce al socio di una associazione di richiedere notizie sull’amministrazione di detta associazione è (ivi compreso l’ordine del giorno in discussione nel consiglio direttivo) l’art. 2261 del c.c., alla cui lettura si rimanda.

Detta disposizione, seppur riferita alle società semplici, viene applicata, infatti, anche al socio non amministratore di una associazione.

In tal senso, il Tribunale di Torino ha così statuito: “con specifico riferimento al diritto di accesso degli associati non amministratori di una associazione non riconosciuta alla documentazione relativa alla gestione dell’associazione stessa si ritiene che debba trovare applicazione la disciplina prevista per le società semplici di cui all’art. 2261 c.c.” (Tribunale di Torino, sentenza n. 1143/2019).

Alla luce di tale applicazione analogica della disposizione in oggetto, il socio dell’associazione è investito di un generale potere di ottenere informazioni sulla gestione dell’associazione, con il limite di non creare intralcio all’attività sociale.

Con riferimento alla possibilità di partecipazione al Consiglio Direttivo, in assenza di previsioni statutarie in tal senso, sembra che si debba sostenere che, atteso il generale potere di controllo riconosciuto al socio non amministratore di chiedere sempre informazioni sulla gestione o di visionare documenti, anche contabili, la predetta partecipazione potrebbe essere legittimamente vietata. Il socio non amministratore potrà, infatti, sempre ottenere informazioni su ciò che viene deliberato dal Consiglio Direttivo.

Francesco C. chiede
sabato 18/01/2020 - Piemonte
“Buongiorno,
a maggio 2016 ho sottoscritto un contratto di collaborazione professionale (sono Consulente del Lavoro) con un CED per assistenza ai collaboratori di studio e attività di consulenza ai clienti. La durata era di un anno dalla stipula e rinnovabile tacitamente di anno in anno salvo disdetta da comunicare almeno 3 mesi prima della scadenza.
Compenso forfettario annuo, erogato in acconti mensili (14).
Il Contratto comprendeva la clausola risolutiva espressa per gravi e volontari inadempimenti e, capoverso a parte, la clausola che se il recesso fosse avvenuto per volontà del committente, a prescindere dalle motivazioni sottostanti, entro dieci giorni al professionista erano dovute n. 3 mensilità oltre a quanto dovuto e maturato, da liquidarsi entro 10 giorni dalla conclusione del contratto.
A fine 2017 entro a far parte dell'associazione professionale che assiste il CED, formata in sostanza dagli stessi soci della srl. NB: uno dei soci risulta radiato dall'ordine di appartenenza!
Apprendo poi che ero stato incaricato dell'assistenza al CED, senza aver firmato incarico specifico!
Di fatto non ho accesso alla gestione societaria, non ho conoscenza della fatturazione, della contabilità e vengo escluso dalla percezione degli utili, nonostante mi venga attribuita una parte del reddito generato dall'associazione.
Seppure abbia contestato formalmente la situazione e mi sia opposto ad oggi non posso visionare i documenti societari e non conosco i conti correnti.

I rapporti ovviamente si incrinano. Il 24 dicembre il ced, con pec, recede con effetto immediato dal contratto di collaborazione motivando la conclusione con la difficoltà di riuscire a condividere le problematiche in modo pacato, interrompendo ogni canale di comunicazione (mai di studio disattivata a me e reindirizzata ad altro collaboratore), nonostante esista ancora un rapporto associativo con le stesse persone.

Quantifico le mie spettanze conteggiando gli importi fino alla scadenza del contratto (aprile 2020) e aggiungendo le tre mensilità previste dal contratto (da liquidare entro 10 giorni), dato che non è stato espressamente richiamata la clausola risolutiva e che il fatto che fossi stato associato dopo la stipula del contratto era da considerarsi motivo sufficiente a limitare la libera recedibilità.
La proforma non è stata contestata, ma perchè non hanno risposto a nessuna delle mie missive, ma nemmeno liquidata.
Come posso far valere le mie ragioni?
Ringraziando in anticipo saluto”
Consulenza legale i 23/01/2020
Per rispondere al quesito occorre distinguere gli aspetti legati al contratto di collaborazione professionale da quelli legati all'associazione professionale.

Per quanto riguarda il contratto di collaborazione professionale, di cui sarebbe necessario prendere visione per una consulenza più approfondita, quanto spettante per il recesso da parte del committente dovrà essere richiesto direttamente al CED tramite una lettera di messa in mora formale.
In caso di esito negativo o di mancata risposta, essendo un credito certo, liquido ed esigibile, potrà ottenere un decreto ingiuntivo e in seguito procedere con l’esecuzione.

Per quanto riguarda, invece, l’associazione tra professionisti, è da premettere che, non avendo visionato l’atto costitutivo, si fa qui riferimento alle norme della società semplice. Infatti, la giurisprudenza ha riconosciuto l’applicabilità, in via analogica, delle disposizioni codicistiche dettate in materia di società semplice, sulla base dell’assunto che l’associazione tra professionisti costituisce una delle più rilevanti e concrete manifestazioni di detto tipo di società.
Salvo che nell'atto costitutivo dell’associazione professionale sia previsto diversamente, l’amministrazione dell’associazione professionale spetta solamente agli associati e potrà essere esercitata disgiuntamente dagli stessi. L’atto costitutivo potrebbe disporre diversamente, prevedendo ad esempio l’ amministrazione congiuntiva a più soci (art. 2258 c.c.) o l’ amministrazione disgiuntiva ad alcuni di essi (art. 2257 co. 2 c.c.).

Quanto al diritto di partecipazione alla gestione sociale esso assume diverse declinazioni a seconda che il socio rivesta o meno la caratteristica di amministratore. Dal momento che, da quanto riferito, sembrerebbe essere un socio non amministratore, avrebbe diritto comunque a visionare i documenti societari, infatti ai sensi dell’art. 2261 c.c., il socio non amministratore ha “diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all'amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti”.

Quanto agli utili, l’art. 2262 c.c. sancisce il diritto a percepire la propria parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto, salvo patto contrario.

Ai fini di far valere i Suoi diritti con riguardo alla partecipazione all'associazione professionale, potrà pertanto chiedere un rendiconto agli amministratori e, nel caso, fondare un’azione di responsabilità contro di essi per le varie inadempienze.