Cass. civ. n. 15889/2022
Nel caso di impresa riconducibile ad uno solo dei coniugi costituita dopo il matrimonio, e ricadente nella cd. comunione de residuo, al momento dello scioglimento della comunione legale, all'altro coniuge spetta un diritto di credito pari al 50% del valore dell'azienda, quale complesso organizzato, determinato al momento della cessazione del regime patrimoniale legale, ed al netto delle eventuali passività esistenti alla medesima data.
Cass. civ. n. 18156/2020
Il compartecipe che abbia chiesto nei confronti di altro compartecipe, di rimettere in proprietà comune un certo importo indebitamente sottratto, non incorre nel divieto di mutamento di domanda se chiede in corso di causa il pagamento diretto della propria quota.
Cass. civ. n. 22730/2019
Ove venga proposta domanda di corresponsione di una somma a titolo di indennità per miglioramenti sulla base degli artt. 192 c.c., 2033 c.c. e 936 c.c., il giudice non può qualificare l'azione ai sensi dell'art. 1150 c.c., giacché il riconoscimento del diritto ivi previsto postula l'allegazione e la prova del possesso del bene da parte del creditore. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riqualificato la domanda di rimborso delle spese sopportate dal coniuge per la ristrutturazione dell'immobile in proprietà dell'altro coniuge, avanzata ai sensi degli artt. 192, 2033 e 936 c.c., in termini di azione ex art. 1150 c.c., sull'erroneo presupposto che l'attore avesse composseduto il bene ristrutturato per il solo fatto che lo stesso era stato adibito a casa familiare). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/11/2016).
Cass. civ. n. 7957/2018
In materia di rimborsi e restituzioni conseguenti allo scioglimento della comunione legale dei beni tra coniugi, il riconoscimento del debito, operato durante il matrimonio da uno dei coniugi in favore della comunione, non importa una modifica delle convenzioni matrimoniali e non è pertanto richiesta l'adozione della forma dell'atto pubblico. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 22/07/2014).
Cass. civ. n. 19454/2012
Allo scioglimento della comunione legale tra i coniugi, ai sensi dell'art. 192, terzo comma, c.c., devono essere restituiti solo gli importi impiegati in spese ed investimenti per il patrimonio comune già costituito, ma non il denaro personale impiegato per l'acquisto di immobile che concorre a formare la comunione, trovando, in tale ipotesi, applicazione l'art. 194, comma primo, c.c., secondo il quale all'atto dello scioglimento l'attivo ed il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi.
Cass. civ. n. 9845/2012
In tema di divisione della comunione legale tra coniugi, da effettuarsi secondo i criteri di cui agli art. 192 e 194 c.c., la determinazione del periodo per il quale spetta il corrispettivo dovuto con riguardo al mancato godimento della quota di pertinenza del bene immobile fruttifero decorre, ai sensi dell'art. 1148 c.c., dalla data di proposizione della domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione ("pro quota") in capo al possessore di buona fede in senso oggettivo e non dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di separazione.
Cass. civ. n. 10896/2005
All'esito dello scioglimento della comunione legale, ciascun coniuge può domandare la divisione del patrimonio comune, da effettuarsi secondo i criteri stabiliti agli artt. 192 e 194 c.c., e il coniuge rimasto nel possesso esclusivo dei beni fruttiferi (nel caso, bene immobile) già appartenenti alla comunione legale è tenuto, in base ai principi generali (art. 820, terzo comma, c.c.), al pagamento, in favore dell'altro coniuge, del corrispettivo pro quota di tale godimento, quali frutti spettanti ex lege a prescindere da comportamenti leciti o illeciti altrui. Tali frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto (art. 821, terzo comma, c.c.), a far data dalla domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione (pro quota) del bene medesimo (art. 1148 c.c.). (La S.C., dando atto che la corte di merito, facendo esercizio dei poteri ad essa spettanti, aveva nell'impugnata sentenza correttamente interpretato la domanda, dall'appellante incidentale erroneamente qualificata come di risarcimento danni, ha enunziato il principio di cui in massima).
–
Il credito alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, spettante al coniuge ai sensi dell'art. 194 (recte: 192 - N.d.R.), terzo comma, c.c. all'esito dello scioglimento della comunione legale, é di natura nominalistica (art. 1277 c.c.) e, determinato nel suo ammontare all'atto della divisione, previa ripartizione in parti uguali tra i condividenti delle passività di cui all'art. 186 c.c., da tale momento liquido ed esigibile. Come tale, esso produce interessi ex art. 1282 c.c., salvo il diritto alla rivalutazione monetaria in caso di prova di sofferto danno maggiore di quello dai medesimi coperto (art. 1224 c.c.).
Cass. civ. n. 2354/2005
In tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, la norma dell'art. 192, terzo comma, c.c. attribuisce a ciascuno dei coniugi il diritto alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, non già quello alla ripetizione del valore degli immobili provenienti dal patrimonio personale di uno dei coniugi e conferiti alla comunione, atteso che, per effetto della trasformazione dei beni personali in beni comuni, detti beni restano immediatamente soggetti alla disciplina della comunione legale, e quindi al principio inderogabile di cui all'art. 194, primo comma, c.c., il quale impone che, in sede di divisione, l'attivo e il passivo siano ripartiti in parti eguali, indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi agli esborsi necessari per l'acquisto dei beni caduti in comunione.
Cass. civ. n. 18564/2004
In tema di comunione legale fra coniugi, i rimborsi e le restituzioni delle somme spettanti in dipendenza dell'amministrazione dei beni comuni, nei limiti delle somme prelevate da ciascuno dei coniugi dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obblígazioni cui sono destinati per legge i beni in regime di comunione legale, si effettuano solo al momento della divisione dei beni comuni che, in caso di separazione tra i coniugi, coincide con il passaggio in giudicato della relativa pronuncia. Sino a tale momento il coniuge amministratore dei beni comuni amministra i beni destinati al mantenimento della famiglia, la quale permane come vincolo anche tra i coniugi separati, senza che alcuno di questi possa rivendicare la disponibilità personale delle loro rendite, nel limiti della propria quota di comproprietà, prima del definitivo scioglimento del rapporto di convivenza. Ciò che trova conferma nell'art. 192, comma quarto, c.c., il quale prevede che i rimborsi e le restituzioni, possano avvenire, dietro autorizzazione del giudice, anche in un momento anteriore a quello suindicato, ma solo a favore della comunione e, quindi, con il vincolo di destinazione delle somme relative al mantenimento della famiglia e all'istruzione e all'educazione dei figli (in applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la decisione di merito che aveva condannato uno dei coniugi al pagamento, in favore dell'altro, della metà del valore locativo di un immobile, da lui abitato).