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Articolo 105 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Accantonamenti di quiescenza e previdenza

Dispositivo dell'art. 105 TUIR

1. Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell'articolo 2117 del codice civile, se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi.

2. I maggiori accantonamenti necessari per adeguare i fondi a sopravvenute modificazioni normative e retributive sono deducibili nell'esercizio dal quale hanno effetto le modificazioni o per quote costanti nell'esercizio stesso e nei due successivi.

3. L'ammontare del TFR annualmente destinato a forme pensionistiche complementari è deducibile nella misura prevista dall'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.

4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f).

Massime relative all'art. 105 TUIR

Cass. civ. n. 31473/2019

In tema di imposte sui redditi, e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'art. 70, comma 3 (ora 105, comma 4), del d.P.R. n. 917 del 1986, nello stabilire che le disposizioni dei precedenti commi 1 e 2, concernenti la deducibilità degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente, "valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui alle lettere c) [..] del comma 1 dell'art. 16" (ora 17) dello stesso decreto - norma, quest'ultima, secondo cui l'imposta si applica separatamente alle "indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2 dell'art. 49, se il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto" -, opera un rinvio non ai soli fini dell'identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l'indennità (nel qual caso sarebbe stato sufficiente il rinvio al comma 2 dell'art. 49 - pure menzionato alla lettera c del comma 1 dell'art. 16 -, che individua appunto i redditi di lavoro autonomo, fra i quali rientra quello dell'amministratore della s.r.l. di cui alla controversia di specie), ma altresì ai fini della sussistenza delle condizioni richieste dalla stessa lettera c) del comma 1 dell'art. 16, e cioè che "il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto".

Cass. civ. n. 20946/2019

In tema di determinazione del reddito d'impresa, le spese per i servizi di trasporto aereo di persone (cd. aerotaxi), sostenute nell'esercizio dell'attività di impresa, sono deducibili quali costi passivi ai sensi dell'art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, se e nella misura in cui si riferiscano ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.

In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'art. 70 (ora 105) del d.P.R. n. 917 del 1986, sulla deducibilità fiscale degli accantonamenti per le indennità di fine rapporto, si applica anche all'indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti, da reputarsi inclusa tra le "indennità per la cessazione di rapporti di agenzia" cui fa riferimento l'art. 16 (ora 17), comma 1, lett. d), del medesimo d.P.R., richiamato dal comma 3 del cit. art. 70, dovendosi ritenere tale locuzione riferita a tutta la materia regolata dall'art. 1751 c.c., il quale, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 303 del 1991 (a decorrere dal 1° gennaio 1993), contiene l'intera disciplina dell'indennità di fine rapporto dell'agente di commercio, essendo venuta meno ogni distinzione fra "indennità di scioglimento del contratto" (obbligatoria perché di origine codicistica) ed "indennità suppletiva di clientela" (derivante dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni), né potendosi escludere la deducibilità dei relativi accantonamenti in virtù del carattere aleatorio dell'indennità.

Cass. civ. n. 29529/2018

In tema di imposta sui dividendi, il diritto al credito di imposta su redditi prodotti e tassati all'estero a titolo definitivo opera nei limiti in cui gli stessi entrino a far parte della base imponibile in Italia, sicché il prelievo fiscale su redditi esteri che non concorrono alla formazione del reddito complessivo e, quindi, sono esenti da imposta in Italia, non dà diritto alla detrazione, non essendovi in tal caso il rischio di doppia imposizione.

In tema di accertamento con adesione, la formulazione da parte dell'Ufficio di una proposta avente un contenuto ridotto rispetto alla pretesa impositiva, non determina né la rinuncia alla stessa, né il disconoscimento della consistenza probatoria degli atti istruttori esperiti, sicché, nell'ipotesi di mancata adesione da parte del contribuente, l'Amministrazione procede legittimamente a dar corso all'avviso già notificato, che non perde efficacia, incombendo un onere aggravato di motivazione nei soli casi in cui il contraddittorio sia stato attivato anteriormente all'invio dell'avviso, e sempreché il contribuente abbia fornito elementi di valutazione.

Cass. civ. n. 26431/2018

In tema di redditi di impresa, in base al combinato disposto degli artt. 17, comma 1, lett. c), e 105 del d.P.R. n. 917 del 1986, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all'inizio del rapporto, che ne specifichi anche l'importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall'art. 95, comma 5, del medesimo d.P.R., che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell'esercizio nel quale sono corrisposti.

Cass. civ. n. 12297/2018

In tema di IRPEF, il credito d'imposta accordato al socio sugli utili distribuiti da società ed enti, ai sensi dell'art. 14, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione vigente "ratione temporis"), oltre a soggiacere alle condizioni stabilite dall'art. 105 del medesimo d.P.R., in assenza delle quali non può aver luogo la sua attribuzione, incontra un doppio limite, rappresentato dal calcolo del credito in percentuale sugli utili della società partecipata, e non già sull'imposta pagata, e dal suo riconoscimento fino a concorrenza dell'imposta effettivamente assolta dalla società, senza che ciò comporti alcuna duplicazione d'imposta, risultando anzi frustrata la sua funzione, qualora al socio fosse riconosciuto un credito per un'imposta che la società non ha pagato affatto.

Cass. civ. n. 25534/2011

In tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), ai fini della determinazione della "maggiorazione di conguaglio" (istituto introdotto dall'art. 2 della legge 25 novembre 1983, n. 649, di conversione, con modificazioni, del d.l. 30 settembre 1983, n. 512, e poi trasfuso nell'art. 105 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), il calcolo del reddito imponibile deve essere effettuato senza tener conto di poste assoggettate a tassazione negli esercizi antecedenti al 1983, poiché il sistema in questione decorre dalla data di entrata in vigore della legge che lo prevede, ed è quindi insensibile a fatti economici verificatisi negli esercizi precedenti, anche se divenuti valutabili nel periodo di vigenza dell'istituto; inoltre, il computo delle poste indicate non si conformerebbe al principio del divieto di doppia imposizione, ma realizzerebbe una indebita ripetizione di imposte legittimamente versate negli esercizi di competenza. (revoca e rigetta nel merito, Corte Cass., 01/04/2009).

Cass. civ. n. 11236/2011

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. (Nella specie la S.C. ha escluso l'opponibilità all'Amministrazione di operazioni finanziarie, dal momento che nessuna di esse aveva attinenza con l'attività commerciale svolta dai soggetti interessati; il complesso meccanismo escogitato non aveva alcuna convenienza apparente, neppure dal punto di vista finanziario, in quanto si concludeva in pareggio; venivano poste in essere operazioni contrastanti con le più elementari regole di mercato, quali il pagamento della somma di un miliardo di lire per acquistare il 10% di una società dal capitale di appena 260 sterline, la quale, subito dopo, aveva versato un dividendo di oltre un miliardo di lire, proveniente da attività ignota, oppure con la concessione di usufrutto delle quote ad una società di persone ed immediata consegna alla cessionaria di un miliardo di lire per dividendi, somma venti volte superiore al prezzo ricevuto per l'usufrutto; nessuna spiegazione era stata fornita di tali operazioni, essendosi limitata la società contribuente a richiamare la libertà di iniziativa economica). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Ancona, 04/03/2005).

Cass. civ. n. 13506/2009

In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'art. 70 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale disciplina la deducibilità fiscale degli accantonamenti per le indennità di fine rapporto, trova applicazione anche all'indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti, dovendo quest'ultima ritenersi compresa tra le "indennità per la cessazione di rapporti di agenzia", cui fa riferimento l'art. 16, primo comma, lettera d), del medesimo d.P.R., richiamato dal terzo comma dell'art. 70 cit.: detta locuzione va infatti riferita a tutta la materia regolata dall'art. 1751 cod. civ., il quale contiene ormai l'intera disciplina dell'indennità di fine rapporto dell'agente di commercio, essendo venuta meno, per effetto dell'art. 4 del d.lgs. 10 settembre 1991, n. 303, di esecuzione della direttiva 86/653/CEE, ogni distinzione fra "indennità di scioglimento del contratto" (obbligatoria perché di origine codicistica) ed "indennità suppletiva di clientela" (derivante dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni), e non potendosi escludere la deducibilità dei relativi accantonamenti in virtù del carattere aleatorio dell'indennità in parola. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 20/02/2003).

Cass. civ. n. 421/2008

In tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), ai fini della determinazione della c.d. maggiorazione di conguaglio (istituto introdotto dall'art. 2 della legge 25 novembre 1983, n. 649, di conversione con modificazioni del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, e trasfuso nell'art. 105 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, con la finalità di assoggettare ad imposta quella parte degli utili distribuiti ai soci corrispondente a redditi della società esenti da imposta), il calcolo del reddito imponibile dev'essere effettuato senza tener conto dei costi sostenuti in periodi d'imposta anteriori al 1983, ma divenuti deducibili in periodi d'imposta successivi all'entrata in vigore della legge n. 649 cit., realizzandosi altrimenti un'indebita esenzione tributaria, attraverso la sostanziale neutralizzazione dell'imposta corrispondente a quella parte dell'oggetto del tributo computata ai fini della maggiorazione. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Torino, 25 Luglio 2000).

Cass. civ. n. 24973/2006

In tema di imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione del reddito d'impresa, l'art. 70, comma terzo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che estende agli accantonamenti relativi alle indennità di cui all'art. 16, comma primo, lettere c), d) ed f) le disposizioni riguardanti quelli per l'indennità di fine rapporto, non è applicabile all'indennità suppletiva di clientela, prevista dagli accordi economici collettivi che disciplinano i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale, la quale, essendo dovuta soltanto in caso di scioglimento del contratto a tempo indeterminato ad iniziativa del preponente per fatto non imputabile all'agente, costituisce, in pendenza del rapporto, un costo meramente eventuale sia nell'"an" che nel "quantum", onde i relativi accantonamenti non sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio, come previsto dal primo comma dell'art. 70 cit., senza che assuma alcun rilievo la funzione di tale indennità, volta a compensare il mancato reddito derivante dalla cessazione del rapporto, in quanto il relativo diritto non matura in costanza di rapporto, ma ha la sua fonte in un evento futuro ed incerto. (cassa e decide nel merito, Comm.Trib. Reg. Milano, 26 Settembre 2000)

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