Cass. civ. n. 11196/2018
                                      In tema di espropriazione per pubblica utilità, ai fini della determinazione  dell'indennità  di  esproprio, dovendosi fare riferimento ai  sensi dell'art.  37  del D.P.R. n. 327 del 2001 esclusivamente al prezzo di mercato del bene espropriato, sia per i suoli edificabili che per quelli inedificabili,  il  metodo  sintetico-analitico  è  quello  che meglio  di  ogni  altro risponde  alla  perseguita  finalità  di accertamento  del  "giusto  prezzo  in  una  libera contrattazione  di  compravendita",  poiché  si basa sull'effettiva  realtà  del  mercato  per  immobili  di caratteristiche identiche o similari alla data di riferimento, venendone il valore desunto da dati economici concreti, a  prescindere  dalla  sua  condizione  giuridica.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4100/2018
                                      Ai  fini  della determinazione  dell'indennità  di espropriazione, la  ricognizione  della  qualificazione, edificatoria  o  meno,  dell'area  deve  essere  operata tenendo conto delle caratteristiche fattuali e giuridiche del bene  alla  data  del  decreto  di  esproprio,  prendendo  in considerazione  i  vincoli  conformativi,  non  ablatori, incidenti  a  tempo  indeterminato  sul  regime  di  uso  della proprietà nei confronti di una generalità di beni e di una pluralità  indifferenziata  di  soggetti,  e  prescindendo  dai vincoli  di  natura  espropriativa  ovvero  da  quelli sostanzialmente  preordinati  all'esproprio  (cd.  lenticolari) che,  pur  contenuti  in  strumenti  urbanistici  di  secondo livello,  sono  vincoli  particolari,  incidenti  su  beni determinati,  in  funzione  della  localizzazione  puntuale  di un'opera  pubblica,  sicché,  ove  sopravvenga  nelle  more dell'espropriazione  il  mutamento  della  destinazione urbanistica  dell'area,  non  può  in  ogni  caso  disporsi  la retrodatazione  della  detta  qualificazione  all'epoca dell'apposizione del vincolo poiché ciò darebbe luogo ad un  indennizzo  inficiato  da  astrattezza  e,  come  tale, contrastante con  il  disposto  dell'art. 42, comma 3, Cost. (Nella  specie,  la  destinazione  dell'area  era  mutata,  in forza di variante al P.R.G. anteriore all'espropriazione, da "zona  rurale"  a  "zona per  attrezzature  collettive"  a vocazione edificatoria, in vista del trasferimento nell'area stessa  di  una  centrale  elettrica;  la  S.C.  ha  cassato  la sentenza di merito che, per ciò solo, aveva stimato il bene come agricolo ritenendo la variante vincolo particolare già preordinato  all'esproprio,  senza  considerare  la  generale destinazione  della  zona,  l'effettiva  portata,  generale  o lenticolare,  della  variante,  la  concreta  destinazione dell'area al momento dell’esproprio e la sussistenza o meno  di  un'edificabilità  legale).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5686/2017
                                      A seguito delle  sentenze  della  Corte  Costituzionale n. 348 e 349 del 2007 e n. 181 del 2011, emesse anche per conformare il diritto interno ai principi della CEDU, il serio  ristoro che  l'art.  42,  co.  3,  Cost.  riconosce  al sacrificio della proprietà per motivi d'interesse generale si identifica con il valore venale del bene; la distinzione tra suoli  edificabili  e  non  edificabili  non  è  tuttavia  venuta meno,  essendo  imposta  dalla  disciplina  urbanistica  in funzione della razionale programmazione del territorio, e l'inclusione  dei  suoli  nell'uno  o  nell'altro  ambito  va effettuata  in  ragione  del  criterio  dell'edificabilità  legale, posto  dall'art. 5  bis, comma  3,  della  L.  n.  359  del  1992, tuttora vigente, e degli artt. 32 e 37 del D.P.R. n. 327 del 2001, in base ai quali un'area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti così classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 2223/2014
                                      Ai sensi dell'art. 40 comma 1 T.U. 8 giugno 2001 n. 327 - riletto  alla  luce  delle  affermazioni  contenute  nella sentenza  della  Corte  costituzionale  10  giugno  2011  n. 181 - l'effettivo  "valore  di  mercato"  delle  aree  per  la quantificazione  dell'indennità  d’esproprio  va individuato:  a)  in  ragione  della  specifica  tipologia urbanistica  legale  dell'area;  b)  in  relazione  al  valore venale  delle  aree  nel  comune  commercio.
                                          
                      –
                      
                                                          Con riferimento alla determinazione dell'indennità di espropriazione  va  precisato  che l'estimo  dei  terreni concerne  un'ipotesi  in  cui  la  consulenza  tecnica d'ufficio  può  anche  non  apparire  necessaria non dovendosi misurare  o  accertare  l'esistenza,  o  l'entità,  di determinati elementi o fatti di causa attraverso l'utilizzo di metodi  scientifici,  fisici,  o  tecnici  i  quali,  come  tali,  non sono  surrogabili  in  base  alle  comuni  conoscenze  (c.d. consulenza  deducente),  tenendo  presente  che  la valutazione  degli  immobili  è  una  materia  notoriamente opinabile  in  quanto  per  sua  natura  non  è  fondata  su paradigma  di  base  incontestabile  e  provabile  in  base  a canoni  galileiani,  con  l'avvertenza  che  in  tali  casi l'eventuale  "consulenza  percipiente"  che  concerne deduzioni  per  approssimazione  fondate  su  basi extrascientifiche derivanti dalla conoscenza del mercato, è  necessaria  quando  gli  elementi  di  prova  al  riguardo forniti  dalle  parti  o  non  convincano  per  nulla  oppure comunque  non  consentono  di  apprezzare  l'entità  di  un dato bene,  a tacer  del fatto che  peraltro, come  è  noto,  i giudizi  relativi  al  valore  economico  possono  giungere anche a conclusioni - in ordine a una medesima realtà - le  quali  anche  se  sono  tra  loro  alquanto  divergenti, possono essere ritenute ciò nonostante tutte pienamente plausibili, perché comunque sono legate ad opinioni, ed inclinazioni, assolutamente soggettive.
                                          
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                                                          Con riferimento alla determinazione dell'indennità di espropriazione il limite all'edificabilità dei privati nella zona  incide  comunque  in  misura  significativa  sulla stima, essendo infatti immediatamente percepibile a tutti, anche al di fuori delle tematiche espropriative il differente valore  sul  mercato  di  aree  industriali  e  di  aree  agricole.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 20411/2006
                                      In materia di espropriazione per pubblica utilità, l'art. 5-bis L. n. 359 del 1992, contenendo un nucleo di principi generali  validi  anche  ove  la  procedura  ablativa  è disciplinata  in  via  di  specialità  da  altre  norme,  atteso  il riferimento al concetto di edificabilità legale, in mancanza del quale si applicano le norme di cui al titolo II della L. n. 865  del  1971, comporta  la  determinazione dell'indennità di espropriazione secondo i criteri del valore  agricolo  medio  non  solo  ove  si  tratti  di espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello Stato  e  degli altri enti pubblici, ma anche riguardo ad espropriazioni comunque  preordinate  alla  realizzazione  di  opere  o interventi privati, dichiarati di pubblica utilità.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 474/2006
                                      Poiché  (secondo  l'insegnamento  di  cui  alla  sent.  n. 369 del 1996 della Corte Cost.) le disposizioni sulla stima dell'indennità di esproprio delle leggi n. 2359 del 1865 e n.  865  del 1971 si applicano  anche alla liquidazione  del danno  da  accessione  invertita,  l'art.  41,  comma  1,  della L.  n.  2359  del  1865 - il  quale  dispone  che,  qualora dall'esecuzione  dell'opera  pubblica  derivi  un  vantaggio speciale  ed  immediato  alla  parte  del  fondo  non espropriata,  questo  vantaggio  sarà  estimato  e  detratto dalla indennità quale sarebbe se fosse calcolata a norma dell'art.  40 - trova applicazione  anche  nella liquidazione del danno da occupazione appropriativa e  pertanto  potrà  operare  la  "compensatio  lucri  cum damno", purché il vantaggio acquisito dal danneggiato sia particolare e diverso da quello eventualmente goduto da altri  soggetti,  lesi  o  no  dalla  condotta  illecita,  e  fermo restando che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 41 cit., al  proprietario  non  può  negarsi  una  reintegrazione per equivalente del sacrificio di parte della proprietà, derivato  dalla  realizzazione  dell'opera  pubblica,  che non  corrisponda  almeno  alla  metà  della  somma che spetterebbe al danneggiato per la perdita di valore del residuo suo terreno.
                                                        
                 
                            
                  C. Conti n. 589/2003
                                      In  materia  di  determinazione  dell'indennità  di esproprio, a partire dal doppio binario fissato dall'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992, conv. dalla L. 8 agosto 1992 n. 359 ed ora recepito dagli art. 37 e 40 t.u. emanato con il D.P.R.  8  giugno  2001  n.  327, il valore  del  bene espropriando  deve  essere  determinato  al  momento dell'ablazione  (ovvero  della  cessione  volontaria), senza  tener  conto  dell'incidenza  negativa,  sul  piano dell'appetibilità  e  della  quotazione,  della  vicenda espropriativa.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15288/2000
                                      In  ipotesi  di espropriazione  parziale  di  un  fondo agricolo, il  giudice  procede  alla  determinazione  di un'unica indennità sulla base delle disposizioni degli artt. 15  e  16  della  L.  n.  865  del  1971  e  del criterio  cd. "differenziale" dettato dall'art. 40 della L. n. 2359 del 1865; tenendo, quindi, conto dell'incidenza dell'espropriazione nei riguardi dell'azienda agricola della quale il fondo è elemento, ivi compresa la diminuzione di  valore  dell'area  residuata  dopo  l'espropriazione, che dell'azienda costituisce un pregiudizio.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9683/2000
                                      In tema di liquidazione del danno da occupazione appropriativa, il  criterio  introdotto  dal  comma  7-bis dell'art. 5-bis  del  D.L.  n.  333  del  1992,  convertito,  con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, aggiunto dall'art. 3, comma 65, della L. n. 662 del 1996 - che ha escluso la decurtazione  del  40%  prevista  per  l'indennità  di espropriazione,  ed  aumentato  l'importo  del  risarcimento così ottenuto del 10% - è inapplicabile ai suoli agricoli, per i quali, a differenza che per quelli edificabili, non ha  mai  subito  modificazioni  la  regola  secondo  la quale  la  liquidazione  del  danno  da  occupazione illegittima  deve  essere  commisurata  al  valore  di mercato  di  detti  suoli. Pertanto,  dovendosi  applicare, anche  in  materia  di  occupazione  appropriativa,  la suddivisione, sulla quale è impostato il sistema del citato art.  5-bis,  tra  aree  edificabili  ed  aree  agricole  (cui  sono equiparate  quelle  non  classificabili  come  edificatorie),  è evidente la necessità di accertare, al fine di stabilire se il danno  debba  essere  commisurato  all'uno  o  all'altro criterio. Detto accertamento va compiuto sulla base della classificazione  urbanistica,  senza  che  i  criteri  legali  di classificazione dell'area possano essere obliterati per dare la  prevalenza  a  criteri  di  effettualità.  Tuttavia,  la riconosciuta  inedificabilità  "ex  lege",  e  la  conseguente esclusione  della  valutabilità  del  bene  come  edificatorio, non  comportano  che  necessariamente  i  suoli  che  tale qualifica  non  posseggano  debbano  essere  valutati  in base  alla  loro  utilizzazione  agricola,  essendo  tale conseguenza stabilita soltanto nei giudizi di opposizione alla  stima  dell'indennità  di  espropriazione.  Pertanto,  al proprietario  deve essere consentito di dimostrare,  avuto riguardo  alle  obiettive  ed  intrinseche  caratteristiche  ed attitudini  in  relazione  alle  utilizzazioni  consentite  dagli strumenti  di  pianificazione  del  territorio,  che  il  valore agricolo  del  terreno,  all'interno  della  categoria  suoli inedificabili,  sia  mutato  in  conseguenza  di  una  diversa destinazione del bene ugualmente compatibile con la sua ormai  accertata  inedificabilità,  e  che,  di  conseguenza, esso,  in  quanto  suscettibile  di  sfruttamento  ulteriore  e diverso da quello agricolo, abbia un'effettiva valutazione di  mercato  che  rispecchia  tali  possibilità  di  utilizzazioni intermedie tra quella agricola e quella edificatoria (Nella specie,  si  trattava  di  un  suolo  che,  oltre  ad  uno sfruttamento agricolo, si prestava ad una, sia pur limitata, utilizzazione  a  parcheggio,  nonché  a  campi  da  tennis).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4191/1999
                                      In tema di espropriazione di suoli agricoli, l'art. 17 della L. n. 865 del 1971, nel riconoscere un diritto alla cd. "indennità aggiuntiva" in favore dei soggetti che traggono  i  propri  mezzi  di  sussistenza  dalla coltivazione  del  suolo (fittavolo,  mezzadro,  colono, compartecipante, proprietario coltivatore diretto), condiziona  la  concreta erogazione  del  beneficio  alla utilizzazione  agraria  del  terreno,  con  conseguente esclusione, dal novero dei soggetti aventi diritto, non soltanto  dell'affittuario  esercente  attività  diverse dalla coltivazione  e  produzione  agricola,  ma  anche dell'imprenditore agricolo (di colui che eserciti, cioè, la coltivazione  e  produzione  agricola  con  prevalenza  del fattore capitale su quello lavoro e con impegno prevalente di mano d'opera subordinata) tanto individuale, quanto costituito sotto forma di società di capitali, senza che tale esclusione possa dirsi in contrasto con i principi costituzionali  di  cui  all'art.  3  della  Carta fondamentale, attesa  la  oggettiva  differenza  tra  tali soggetti  e  quelli  espressamente  menzionati  dalla ricordata  norma  di  legge.  (Principio  affermato  con riferimento  ad  una  richiesta  di  indennità  aggiuntiva avanzata  da  esercenti attività  vivaistica  di  tipo imprenditoriale su di un fondo oggetto di espropriazione parziale).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 9686/1995
                                      L'art.  40  L.  25  giugno  1865  n.  2359 - a  norma  del quale  nei  casi  di  espropriazione  parziale  l'indennità  va liquidata  nella  differenza  tra  il  giusto  prezzo  che l'immobile  aveva  prima  dell'espropriazione  e  il  giusto prezzo  che  la  parte  residua  avrà  dopo - ha portata  e carattere  generali  e  la  sua  applicazione  non  è  correlata necessariamente  alla  circostanza  che  la  valutazione dell'immobile debba avvenire secondo la regola stabilita dall'art. 39 della L. n. 2359 del 1865. Pertanto, in caso di espropriazione  parziale  di  un  fondo  con destinazione agricola, l'indennità di espropriazione - che  ai  sensi  dell'art.  15  L.  22  ottobre  1971  n.  865, modificata dalla L. 28 gennaio 1977 n. 10, va determinata sulla  base  del  valore  agricolo  con  riferimento  alle colture effettivamente praticate nel fondo espropriato, anche in relazione all'esercizio dell'azienda agricola - va  liquidata  tenendo  conto  dell'incidenza dell'espropriazione  sul  valore  dell'azienda  nel  suo insieme.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5506/1994
                                      In  tema  di  determinazione  dell'indennità  di espropriazione  per  pubblica  utilità,  la  dichiarazione  di illegittimità costituzionale - di cui alla sent. della Corte Cost.  n.  5 del  1980 - dell'art.  16 della L. n. 865 del 1971, come  modificato  dall'art.  14  della  L.  n.  10  del 1977  e  nella  parte  in  cui  imponeva  il  criterio  del  valore agricolo  medio  dei  terreni,  a  prescindere  dalla  loro destinazione  economica,  non  comporta  che,  in  caso  di espropriazione  di  terreni  ad  effettiva  destinazione agricola,  la  relativa  indennità  debba  quantificarsi automaticamente in misura pari al prezzo di mercato del fondo  ed  al  suo  valore  venale, dovendo  essa  essere, invece,  commisurata,  ai  sensi  del  combinato disposto degli art. 15 e 16 della L. n. 865 del 1971, al  valore  agricolo  del  fondo  medesimo,  quale  si determina  in  base  alla  media  dei  valori,  nell'anno solare  precedente  il  provvedimento  ablativo,  dei terreni  ubicati  nell'ambito  della  medesima  regione agraria, nei quali siano praticate le stesse colture in opera  nel  fondo  espropriato.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8797/1992
                                      Anche dopo la sentenza della corte costituzionale n. 5  dei  30  gennaio  1980,  che  ha  dichiarato  l'illegittimità costituzionale  dell'art.  15,  commi  5  6  e  7  della  L.  22 ottobre  1971  n.  865,  la  disciplina  legislativa  in  ordine  ai criteri  per la  determinazione dell'indennità definitiva per l'espropriazione dei terreni a destinazione agricola rimane fissata non solo nell'art. 15 della menzionata L. n. 865 del 1971, ma anche nel successivo art. 16, come modificato dall'art. 14 della L. 28 gennaio 1977 n. 10, in quanto  le  disposizioni  contenute  nelle  due  norme risultano  complementari  ed  inscindibili  e  concorrono  a fissare la disciplina per le dette espropriazioni. Dalle fonti normative così individuate discende che l'indennità per le espropriazioni delle quali si tratta non è automaticamente pari  al  prezzo  di  mercato  del  fondo  agricolo  ed  al  suo valore  venale,  ma  è  invece  commisurata  al  valore agricolo del fondo, ossia al valore determinato sulla base dei parametri costituiti sia dal valore medio (cioè ottenuto sulla media  dei  valori  concretamente  individuati), nell'anno  solare  precedente  al  provvedimento  ablativo, dei  terreni  ubicati  nell'ambito  della  medesima  regione agraria, nei quali erano praticate le stesse colture in opera nel fondo espropriato, sia dall'incidenza dell'espropriazione nei riguardi dell'azienda agricola della quale il fondo è elemento, ivi compresa la diminuzione di valore  dell'area  residuata  dopo  l'espropriazione,  che costituisce  un  pregiudizio  dell'azienda.
                                                        
                 
                            
                  Corte cost. n. 5/1980
                                      Poiché l'indennizzo assicurato all'espropriato dall'art. 42 comma 3 Cost. deve costituire, se non l'integrale riparazione  per  la  perdita  subita,  un  serio  ristoro  che  non  può  essere  fissato  in  una  misura  irrisoria  o meramente  simbolica;  e  poiché  a  tal  fine occorre  far  riferimento  al  valore  del  bene  in  relazione  alle  sue caratteristiche essenziali, fatte palesi  dalla  sua potenziale utilizzazione economica, onde per le aree destinate ad edificazione, in quanto poste in zone già interessate  allo  sviluppo  edilizio,  tale  destinazione deve  ritenersi  essenziale  ed  occorre  tenerne  conto nella  determinazione  della  misura  dell'indennità  di espropriazione, è costituzionalmente illegittimo - per contrasto con  gli  art.  42 comma 3, e  3 comma  1  Cost. - l'art. 16 comma 5, 6 e 7 L. 22 ottobre 1971 n. 865, come modificato  dall'art.  14  L.  28  gennaio  1977  n.  10, secondo cui in tema di edilizia residenziale pubblica per la  determinazione  dell'indennità  di  esproprio  si  adotta  il criterio del valore agricolo medio dei terreni secondo i tipi di coltura praticati nella regione agraria interessata, non facendo così riferimento né al bene da espropriare né al valore  di  esso  secondo  la  sua  destinazione  economica. La  dichiarazione  di  illegittimità  costituzionale  è  estesa all'art.  19  comma  1  L.  n.  10  del  1977  (che  estende  le nuove  norme  in  materia  di  indennità  di  esproprio  e  di occupazione ai procedimenti in corso), all'art. 20 comma 3,  L.  n.  865  del  1971,  modificato  dall'alt.  14  L.  n.  10  del 1977 (che prevede l'applicazione delle stesse norme per la  determinazione dell'indennità  di  occupazione d'urgenza), e all'art. unico della L. 27 giugno 1974 n. 115 (nella parte in cui, convertendo con modificazioni il  D.L. 2  maggio  1974  n.  115,  né  modifica  l'art.  4,  estendendo l'applicazione  dell'art.  16,  comma  5,  6  e  7  L.  n. 865  del 1971 a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere o di interventi da parte dello Stato, delle  Regioni,  delle  Province,  dei  Comuni  o  di  altri  enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali).
                                          
                      –
                      
                                                          L'adozione  del  valore  agricolo  medio  come criterio  per  la  determinazione  della  misura dell'indennità di esproprio non è conforme al precetto dell'art.  42,  comma  3  Cost., in  quanto  non  facendo specifico riferimento al bene da espropriare ed al valore di  esso secondo  la  sua  destinazione  economica, introduce  un  elemento  di  valutazione  del  tutto  astratto, che  porta  inevitabilmente,  per  i  terreni  destinati  ad insediamenti edilizi che non hanno alcuna relazione con le  colture  praticate  nella  zona,  alla  liquidazione  di indennizzi  sperequati  rispetto  al  valore  dell'area  da espropriare,  con  palese  violazione  del  diritto  a quell'adeguato  ristoro  che  la  norma  costituzionale assicura  all'espropriato.