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Articolo 25 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 10/10/2024]

Procedimento di rilascio del certificato di agibilità

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 25 Testo unico edilizia

Articolo abrogato dal D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222.

[1. Entro quindici giorni dall'ultimazione dei lavori di finitura dell'intervento, il soggetto di cui all'articolo 24, comma 3, è tenuto a presentare allo sportello unico la domanda di rilascio del certificato di agibilità, corredata della seguente documentazione:

  1. a) richiesta di accatastamento dell'edificio, sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità, che lo sportello unico provvede a trasmettere al catasto;
  2. b) dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità di conformità dell'opera rispetto al progetto approvato, nonché in ordine alla avvenuta prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti;
  3. c) dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici adibiti ad uso civile alle prescrizioni di cui agli articoli 113 e 127, nonché all'articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, ovvero certificato di collaudo degli stessi, ove previsto, ovvero ancora certificazione di conformità degli impianti prevista dagli articoli 111 e 126 del presente testo unico.

2. Lo sportello unico comunica al richiedente, entro dieci giorni dalla ricezione della domanda di cui al comma 1, il nominativo del responsabile del procedimento ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, previa eventuale ispezione dell'edificio, rilascia il certificato di agibilità verificata la seguente documentazione:

  1. a) certificato di collaudo statico di cui all'articolo 67;
  2. b) certificato del competente ufficio tecnico della regione, di cui all'articolo 62, attestante la conformità delle opere eseguite nelle zone sismiche alle disposizioni di cui al capo IV della parte II;
  3. c) la documentazione indicata al comma 1;
  4. d) dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche di cui all'articolo 77, nonché all'articolo 82.

4. Trascorso inutilmente il termine di cui al comma 3, l'agibilità si intende attestata nel caso sia stato rilasciato il parere dell'A.S.L. di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a). In caso di autodichiarazione, il termine per la formazione del silenzio assenso è di sessanta giorni.

5. Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro quindici giorni dalla domanda, esclusivamente per la richiesta di documentazione integrativa, che non sia già nella disponibilità dell'amministrazione o che non possa essere acquisita autonomamente. In tal caso, il termine di trenta giorni ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.

5-bis. Ove l'interessato non proponga domanda ai sensi del comma 1, fermo restando l'obbligo di presentazione della documentazione di cui al comma 3, lettere a), b) e d), del presente articolo e all'articolo 5, comma 3, lettera a), presenta la dichiarazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato, con la quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità, corredata dalla seguente documentazione:

  1. a) richiesta di accatastamento dell'edificio che lo sportello unico provvede a trasmettere al catasto;
  2. b) dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo la normativa vigente.

5-ter. Le Regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per l'effettuazione dei controlli.]

Massime relative all'art. 25 Testo unico edilizia

Cons. Stato n. 3786/2015

È illegittimo il silenzio-assenso formatosi su un'istanza di rilascio del certificato di abitabilità afferente a un complesso residenziale di recente realizzazione, se la strada di accesso ad esso è risultata di larghezza inferiore a quella indicata in progetto, integrandosi in tal modo gli estremi della difformità, che ex art. 25 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, è ostativa al conseguimento per silenzio-assenso dell'abitabilità.

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S. M. chiede
sabato 05/02/2022 - Sicilia
“Una palazzina adibita ad appartamenti residenziali viene costruita con regolare titolo edilizio in Lombardia nell'anno 2003.
Nel 2006 il costruttore comunica la ultimazione lavori ed entro i successivi 15 giorni presenta al comune la richiesta di abitabilità, ai sensi dell'art. 4 del DPR 425/94 e s.m.i., allegando documentazione. (da evidenziare che a quella data -2006- non poteva essere invocato il DPR 425/94 poichè la stessa norma era stata abrogata dagli artt. 24, 25, 26 del DPR 380/2001)
L'UTC del comune non riscontra mai l'istanza di abitabilità e, pertanto, il costruttore, avvalendosi del periodo di silenzio dell'amministrazione comunale previsto dai commi 2 e 3 dell'art. 4 del DPR 425/94, nonchè del periodo di silenzio di cui al comma 4 dell'art. 25 del DPR 380/01 (ancora vigente nel 2006 e abrogato nel 2016 dall'art. 3 del D.lgs. 222), ritiene che si sia attestata l'agibilità e comincia a vendere le unità immobiliari comprese nel titolo edilizio dianzi citato, dichiarando nei rogiti di avere presentato al comune l'istanza di abitabilità (allegata ai rogiti) prot. ... n. ... del ...., ai sensi dell'art. 4 del DPR 425/94;
Da un accesso agli atti depositati all'UTC eseguito in data recente si riscontra che la documentazione allegata alla citata istanza di abitabilità del 2006 risulta incompleta della dichiarazione di cui al comma 3, lettera d) dell'art. 25 del DPR 380/01 (conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche -L. 13/89); inoltre non viene rinvenuta agli atti l'autorizzazione allo scarico dei reflui in fognatura, di cui alla L. 319/76 e s.m.i..
Le domande sono:
- stante l'accertata superiore incompletezza della documentazione allegata all'istanza di abitabilità, è da ritenersi comunque attestata la certificazione di abitabilità delle unità immobiliari?
- qualora non fosse così, oggi cosa prevede la normativa di settore per eventualmente regolarizzare una abitazione realizata con il citato titolo edilizio ed oggetto di promessa a vendere già stipulato ?
- sarebbe regolare la stipula eseguita ad oggi di un rogito di compravendita con la dichiarazione del venditore di avere presentato l'istanza di abitabilità ai sensi dell'art. 4 del DPR 425/94 ?”
Consulenza legale i 21/02/2022
Per dare una risposta, è opportuno ripercorrere le evoluzioni normative che hanno interessato l’abitabilità, in modo da inquadrare correttamente la fattispecie.
Va ricordato, infatti, che il procedimento amministrativo è regolato dal fondamentale principio tempus regit actum, che impone di tenere conto di tutte le modifiche legislative intervenute nel corso del tempo (per questo motivo, tutti i riferimenti a norme di legge che verranno indicati nel presente parere si rifaranno alla versione in vigore nel 2006).

La materia era in passato regolata dall’art. 4, D.P.R. n. 425/1994, che prevedeva la presentazione di un’istanza al Sindaco corredata dal certificato di collaudo, dalla dichiarazione presentata per l'iscrizione al catasto dell'immobile, dalla dichiarazione del direttore dei lavori attestante, sotto la propria responsabilità, la conformità rispetto al progetto approvato, l'avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti.
La norma suddetta contemplava già il meccanismo del silenzio assenso, che si formava trascorsi quarantacinque giorni dall’istanza in mancanza di un provvedimento espresso da parte della P.A..
Come correttamente rilevato anche nel quesito, il D.P.R. n. 425/1994 è stato abrogato dall'136, D.P.R. n. 380/2001 con decorrenza dal 30 giugno 2003; il T.U. Edilizia, infatti, è entrato in vigore a seguito di varie proroghe solo due anni dopo la sua approvazione.
La norma di riferimento è diventata dunque l’art. 25 T.U. Edilizia, che a sua volta ha subito nel tempo varie modifiche, per arrivare poi all’abrogazione ad opera del D.Lgs. n. 222/2016.
In ogni caso, nel 2006 (cioè quando è stata richiesta l’agibilità), tale ultima norma prevedeva di presentare la domanda entro quindici giorni dall'ultimazione dei lavori di finitura dell'intervento, corredata dai documenti già sostanzialmente indicati dalla normativa previgente.
Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda, la P.A. aveva l’onere di verificare, ai fini del rilascio del certificato, la presenza di vari documenti, tra i quali la dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche di cui all'articolo 77 per i nuovi edifici privati, nonché all'articolo 82 per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico.
Trascorso inutilmente tale termine (sessanta giorni in caso di autodichiarazione), l'agibilità si intendeva attestata nel caso fosse stato rilasciato il parere dell'A.S.L. di cui all'art. 5, comma 3, lettera a), T.U. Edilizia.
Dunque, una parte dei documenti -quelli previsti dal comma 1 dell’articolo in discorso- dovevano essere allegati all’istanza da parte richiedente, mentre i documenti elencati al comma 3 venivano acquisiti dal Responsabile del procedimento (RUP).
A proposito del certificato menzionato nel quesito, va poi considerato che l’art. 77 del Testo Unico (che viene in rilievo nel caso in esame, trattandosi di un edificio privato) stabiliva che la dichiarazione relativa alla conformità alle norme tecniche relative alle barriere architettoniche fosse allegata al progetto.

Mettendo in ordine quanto sopra esposto, si può concludere che l’errata indicazione di una normativa già abrogata nell’istanza di agibilità non influisce in modo sostanziale, posto che l’Amministrazione era comunque tenuta a esaminare la domanda alla luce della normativa a suo tempo vigente.
Inoltre, il fatto che all’istanza de qua non risulti allegata la certificazione riguardante le barriere architettoniche non è di per sé dirimente, in quanto tale documento –come visto- doveva necessariamente accompagnare il progetto e la sua presenza potrebbe essere stata lì verificata autonomamente dal RUP.
Nulla si dice, inoltre, nel quesito in merito al parere dell’ASL, la cui presenza costituisce una fondamentale condizione per la formazione del silenzio assenso secondo la normativa di riferimento applicabile.
Pertanto, prima di trarre qualsiasi conclusione è opportuno controllare non solo la documentazione che accompagnava l’istanza di agibilità, ma tutto il contenuto della pratica edilizia.

Per quanto riguarda l’autorizzazione agli scarichi, invece, non è possibile dare una risposta certa solo con le informazioni indicate nella richiesta di parere, posto che la L. n. 319/1976 in realtà è stata abrogata ad opera della L. n. 152/1999, la quale a sua volta è stata sostituita proprio nel 2006 dal D.L.gs. n. 152/1996 (senza contare le varie leggi regionali susseguitesi in materia).
Senza un riferimento temporale più preciso, diventa infatti molto difficile individuare la corretta disciplina che regola il presente caso.

Tuttavia, si nota in generale che, se le verifiche sopra suggerite relative ai documenti dovessero dare esito negativo, secondo la giurisprudenza non si potrebbe considerare regolarmente formato il silenzio assenso (Cassazione civile sez. II, 14 aprile 2015, n. 7472).
Una soluzione al problema dal punto di vista pubblicistico potrebbe essere quella di prendere contatti con l’ufficio tecnico comunale illustrando in modo chiaro il problema e produrre le certificazioni mancanti. La fattispecie potrebbe essere reinquadrata in una sorta di richiesta tardiva di agibilità, che attualmente dà luogo a una sanzione pecuniaria di modesta entità (art. 24 T.U. Edilizia).

Sul versante privatistico, invece, si rileva che la consegna del certificato di abitabilità dell'immobile da adibire ad abitazione non costituisce una condizione di validità della compravendita, ma integra un'obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell'art. 1477 c.c. rilevante nella fase attuativa del contratto e concernente la possibilità di adibire l'immobile all'uso contrattualmente previsto (Cassazione Civile, sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23157).
Recentemente, la Suprema Corte ha poi chiarito che la mancata consegna del certificato di agibilità da parte del venditore di un immobile destinato ad uso abitativo non configura necessariamente un'ipotesi di vendita di aliud pro alio, dovendosi, a tal fine, verificare un concreto squilibrio delle reciproche prestazioni tra le parti. Il successivo rilascio del certificato di agibilità, se pure ad iniziativa e spese dell'acquirente, esclude in ogni caso l'ipotesi di vendita di aliud pro alio (Cassazione civile, sez. II, 13 agosto 2020, n. 17123).
È da escludere, dunque, che i contratti di compravendita o i preliminari siano affetti da nullità, anche se rimangono in astratto possibili risvolti di natura risarcitoria nei confronti del venditore.