AUTORE:
Valeria Perosillo
ANNO ACCADEMICO: 2021
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Università degli Studi di Siena
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Per evitare lo sfruttamento delle quattro libertà alla base del mercato unico da parte della criminalità per selezionare la giurisdizione penale più vantaggiosa per conseguire l’impunità, l’Unione Europea con il Trattato di Lisbona ha eretto il mutuo riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari a «pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale». Rispetto alle rogatorie basate sul principio della richiesta, in virtù del quale lo Stato ricevente decide se dare esecuzione alla domanda di assistenza o meno, gli strumenti fondati sul mutuo riconoscimento implicano l’accettazione automatica dei provvedimenti penali che abbiano carattere transnazionale in qualunque Stato membro e producono al suo interno effetti analoghi a quelli che produrrebbero nello Stato di emissione. L'attuazione del principio del mutuo riconoscimento presuppone però la reciproca fiducia rispetto alla capacità del sistema normativo di ogni Stato membro di tutelare in modo adeguato i diritti sostanziali e processuali che hanno rilievo costituzionale negli ordinamenti interni. Pertanto, l’art. 82 § 2 del TFUE prevede il potere dell’Unione di adottare direttive di ravvicinamento delle legislazioni nazionali rispetto all’ammissibilità reciproca delle prove, ai diritti della persona nel processo penale, ai diritti delle vittime della criminalità e ad altri elementi specifici della procedura penale individuati all’unanimità dal Consiglio.
Gli approdi dell’evoluzione della normativa europea in materia di cooperazione giudiziaria penale possono essere considerati l’ordine europeo di indagine, introdotto con la direttiva 41 del 2014 e recepito in Italia con il d. lgs. 108 del 2017, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, Istituita con il regolamento 1727 del 2018 non ancora recepito dal nostro Paese, e la Procura europea, costituita con il regolamento 1939 del 2017 e attuata nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 9 del 2021.
L’ordine europeo di indagine penale costituisce il «nuovo strumento unico per le acquisizioni probatorie nello spazio eurounitario». Esso si configura come una decisione giudiziaria a) necessaria e proporzionata ai fini del procedimento, considerando i diritti della persona sottoposta a indagini o imputata, e tale da poter b) essere adottata in caso interno analogo, che stabilisce il compimento di un atto di indagine o di assunzione probatoria che abbia ad oggetto persone o cose che si trovino nel territorio di un altro Stato membro ovvero l’acquisizione di informazioni o prove a questo già disponibili, che viene emessa o convalidata da un organo giurisdizionale o da un magistrato inquirente. La decisione, che viene trasmessa direttamente all’autorità di emissione a quella di esecuzione, al di fuori delle ipotesi di adduzione di motivi di non riconoscimento, di non esecuzione o di rinvio tassativamente previsti, deve essere eseguita secondo le modalità e le forme indicate dall’autorità richiedente fino a quando non entrino in conflitto i principi fondamentali del diritto dello Stato richiesto.
La direttiva 41 del 2014, che introduce una versione avanzata del mutuo riconoscimento, manca però di definire i caratteri minimi che possano garantire l’utilizzabilità della prova raccolta nello Stato di emissione, rimettendo di fatto il bilanciamento tra i principi fondamentali degli ordinamenti interni coinvolti nel rapporto di cooperazione e l’obbligo di rispettare le indicazioni dell’autorità emittente alle autorità giudiziarie di volta in volta competenti a raccogliere e utilizzare le prove alla luce del principio di proporzionalità come interpretato dalla Corte di Giustizia. L’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, istituita per favorire la cooperazione assistendo direttamente le autorità giudiziarie coinvolte, svolge una funzione di coordinamento fondamentale per contrastare la tendenza degli Stati a colmare la poca chiarezza della direttiva OEI con le proprie legislazioni nazionali piuttosto che con il diritto dell’Unione. Tuttavia, una simile tendenza degli Stati mostra una crisi del mutuo riconoscimento che potrebbe essere risolta mediante un’armonizzazione delle normative nazionali in materia probatoria che consentirebbe alle autorità che amministrano la giustizia penale di confidare nei sistemi normativi degli altri Stati membri e nelle loro modalità di funzionamento.
Gli approdi dell’evoluzione della normativa europea in materia di cooperazione giudiziaria penale possono essere considerati l’ordine europeo di indagine, introdotto con la direttiva 41 del 2014 e recepito in Italia con il d. lgs. 108 del 2017, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, Istituita con il regolamento 1727 del 2018 non ancora recepito dal nostro Paese, e la Procura europea, costituita con il regolamento 1939 del 2017 e attuata nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 9 del 2021.
L’ordine europeo di indagine penale costituisce il «nuovo strumento unico per le acquisizioni probatorie nello spazio eurounitario». Esso si configura come una decisione giudiziaria a) necessaria e proporzionata ai fini del procedimento, considerando i diritti della persona sottoposta a indagini o imputata, e tale da poter b) essere adottata in caso interno analogo, che stabilisce il compimento di un atto di indagine o di assunzione probatoria che abbia ad oggetto persone o cose che si trovino nel territorio di un altro Stato membro ovvero l’acquisizione di informazioni o prove a questo già disponibili, che viene emessa o convalidata da un organo giurisdizionale o da un magistrato inquirente. La decisione, che viene trasmessa direttamente all’autorità di emissione a quella di esecuzione, al di fuori delle ipotesi di adduzione di motivi di non riconoscimento, di non esecuzione o di rinvio tassativamente previsti, deve essere eseguita secondo le modalità e le forme indicate dall’autorità richiedente fino a quando non entrino in conflitto i principi fondamentali del diritto dello Stato richiesto.
La direttiva 41 del 2014, che introduce una versione avanzata del mutuo riconoscimento, manca però di definire i caratteri minimi che possano garantire l’utilizzabilità della prova raccolta nello Stato di emissione, rimettendo di fatto il bilanciamento tra i principi fondamentali degli ordinamenti interni coinvolti nel rapporto di cooperazione e l’obbligo di rispettare le indicazioni dell’autorità emittente alle autorità giudiziarie di volta in volta competenti a raccogliere e utilizzare le prove alla luce del principio di proporzionalità come interpretato dalla Corte di Giustizia. L’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, istituita per favorire la cooperazione assistendo direttamente le autorità giudiziarie coinvolte, svolge una funzione di coordinamento fondamentale per contrastare la tendenza degli Stati a colmare la poca chiarezza della direttiva OEI con le proprie legislazioni nazionali piuttosto che con il diritto dell’Unione. Tuttavia, una simile tendenza degli Stati mostra una crisi del mutuo riconoscimento che potrebbe essere risolta mediante un’armonizzazione delle normative nazionali in materia probatoria che consentirebbe alle autorità che amministrano la giustizia penale di confidare nei sistemi normativi degli altri Stati membri e nelle loro modalità di funzionamento.