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Articolo 10 Statuto del contribuente

(L. 27 luglio 2000, n. 212)

[Aggiornato al 29/05/2024]

Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente

Dispositivo dell'art. 10 Statuto del contribuente

1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.

2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa. Limitatamente ai tributi unionali, non sono altresì dovuti i tributi nel caso in cui gli orientamenti interpretativi dell'amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle istituzioni unionali e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengono successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti(1).

3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.

Note

(1) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 1, comma 1, lettera l) del D. Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219.
Il D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219 ha disposto (con l'art. 2, comma 1) che "Le disposizioni di cui all'articolo 10, comma 2, secondo periodo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, come introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera l), si applicano esclusivamente per i rapporti tributari sorti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto".

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Consulenze legali
relative all'articolo 10 Statuto del contribuente

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E. C. chiede
giovedģ 22/08/2024
“Buongiorno
Il 26 febbraio 2019 eseguo rogito notarile per acquisto prima casa. Partono i lavori di ristrutturazione, con regolare dichiarazione apertura lavori presso il comune. Il 27 giugno 2019 trasferisco la residenza presso la casa acquistata e ristrutturata, prima era inagibile. Nel frattempo abito in una casa in affitto. Non ho altre proprietà. In questi giorni mi è arrivata dal comune IMU e multa, 400 euro, per il periodo 26 febbraio/27 giugno 2019. L' ufficio tributi del comune mi conferma che pur essendo prima casa l'IMU è dovuta poiché non ero residente. L' imposta è dovuta? Grazie per la cortese consulenza.
Cordialmente”
Consulenza legale i 26/08/2024
Va premesso che, per ottenere una valutazione che sia completa e aderente al caso concreto, è imprescindibile discutere la questione con un consulente tributarista, il quale possa anche esaminare tutta la documentazione necessaria.
Ad ogni modo, in questa sede possiamo fornire delle utili indicazioni di massima.
Infatti, proprio in tempi recentissimi, la Corte di Cassazione (Sez. V, ordinanza 17/07/2024, n. 19684) ha ribadito che “il contribuente non può usufruire dell'agevolazione prevista per l'abitazione principale, se presso l'immobile interessato non ha fissato la residenza anagrafica”.
Tuttavia, vale la pena accennare (non sappiamo se il Comune ne abbia tenuto conto) che l’art. 8 del D. Lgs. n. 504/1992 prevede la possibilità di riduzione dell'imposta nella misura del 50 per cento, rispetto ai fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L'inagibilità o inabitabilità - prosegue la norma - è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, il quale allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare apposita dichiarazione sostitutiva ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
Sul punto la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. VI - 5, ordinanza 26/03/2021, n. 8592) ha affermato che “in tema di IMU e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l'imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, e qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall'ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l'intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonché per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto. Pertanto quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune è da escludersi il pagamento dell'ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all'ente impositore”.
Nel nostro caso, è facile osservare che il Comune non poteva non essere a conoscenza dell'inagibilità dell'immobile, data l'esistenza di una regolare procedura edilizia.
È comunque indispensabile, come abbiamo accennato all’inizio, rivolgersi a un professionista per una disamina più accurata, al fine di verificare le soluzioni difensive eventualmente praticabili.