Per giungere a tale conclusione, nello specifico, la Suprema ha rilevato che è indubbia la natura "circostanziale" della consumazione della truffa attraverso la effettuazione di trattative a distanza su piattaforme telematiche. La truffa online, infatti, è caratterizzata dalle particolari modalità con cui si esprime la condotta fraudolenta caratterizzata
- dalla distanza tra venditore ed acquirente;
- dall'offerta virtuale del bene, che viene venduto senza essere controllato.
Ribadita la natura circostanziale della vendita attuata attraverso l'offerta telematica, gli Ermellini hanno affermato che, nello specifico, sussiste l'aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61 n. 5 c.p., nell'ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti "on-line", poichè in tal caso la distanza tra il luogo ove si trova la vittima e quello in cui, invece, si trova l'agente determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, che può facilmente schermare la sua identità, fuggire e non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente”, come peraltro già affermato alla giurisprudenza di legittimità con alcune ricordate pronunce del 2016 e nel 2018.
Va escluso dal campo di applicazione dell’aggravante in esame, tuttavia, lo specifico caso in cui il primo contatto tra venditore e acquirente sia avvenuto su una piattaforma web per poi svilupparsi mediante messaggi telefonici e incontri di persona per la visione e cessione del bene, con consegna di assegno circolare poi risultato falso. In tale evenienza, a differenza delle trattative svolte interamente on-line, non v’è una distanza tra venditore e acquirente idonea a porre quest'ultimo in una situazione di debolezza quanto alla verifica della qualità del prodotto e dell'identità del venditore.
Il caso concreto giunto al vaglio della Corte, in particolare, vedeva come protagonista un soggetto imputato del reato di truffa per aver imbrogliato diversi utenti attraverso offerte di vendita di beni su piattaforme web. L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio ma né il Tribunale né la Corte d’appello avevano ritenuto applicabile l’aggravante della minorata difesa: la distanza fisica tra il reo e i soggetti passivi dei reati, derivante dalla contrattazione telematica, era infatti da considerare quale elemento costitutivo del reato e non invece circostanziale.
Avverso la sentenza d’appello aveva dunque proposto ricorso il Procuratore Generale, dolendosi della mancata applicazione dell’aggravante in oggetto, che avrebbe dovuto essere riconosciuta proprio perché la distanza fisica tra i contraenti aveva impedito l’esecuzione di controlli sui beni offerti in vendita nonché l’identificazione del venditore: nel ritenere tale impugnazione fondata, la Cassazione ha espresso l’importante principio di cui si è data notizia.