La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32548 del 27 luglio 2016, si è occupata di un curioso caso di lesioni colpose, di cui all’art. 590 del c.p..
Nel caso esaminato dalla Corte, il Giudice di Pace di Vicenza aveva dichiarato un soggetto responsabile per tale reato, poichè, in occasione dell'apertura di una bottiglia di champagne, aveva colpito un altro soggetto all’occhio destro.
Giunti dinanzi alla Corte di Cassazione, l’imputato sosteneva che il giudice avesse errato nel condannarlo e nel non aver concesso le circostanze attenuanti generiche, di cui all’art. 62 del c.p..
In particolare, secondo l’imputato, dall’istruttoria effettuata non sarebbe stato provato con certezza che la lesione subita dalla vittima fosse riconducibile alla condotta dell’imputato, così come non era stata accertata la gravità del danno che giustificherebbe il diniego delle circostanze attenuanti.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dall’imputato, rilevando come dalla sentenza impugnata risultassero tutti gli elementi istruttori sui quali il giudice aveva fondato la pronuncia di condanna.
Il giudice, infatti, aveva preso in considerazione le dichiarazioni della persona offesa e la compatibilità delle lesioni subite messe a confronto con la dinamica dei fatti riferita da una testimone, che aveva visto l’imputato stappare una bottiglia poco prima che la vittima venisse colpita.
Secondo la Cassazione, dunque, si trattava di una sentenza adeguatamente motivata, con la quale si era dato conto del procedimento logico seguito dal giudice nel valutare le prove assunte nel corso del processo.
Per quanto concerne, infine, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, di cui all’art. 62 c.p. la Corte di Cassazione osservava come il giudice le avesse negate in ragione della gravità del danno subito dalla vittima, alla quale era stato diagnosticato, nello specifico “ipoema post-traumatico, rottura coroide, emorragia sottoretinica, edema retinico di Berlin”.
In proposito, la Cassazione osserva, peraltro, come la decisione del giudice di merito di negare la concessione delle attenuanti non fosse nemmeno sindacabile in sede di terzo grado di giudizio.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato e condannava il medesimo al pagamento delle spese processuali.