Dopo quanto accaduto il 7 gennaio 2024 alla manifestazione commemorativa dei fatti accaduti in via Acca Larentia nel 1978, sembra essere il caso di affrontare ancora una volta l’argomento “apologia del fascismo”, per chiarire quali condotte siano idonee ad integrare il reato e quali, invece, no.
Innanzitutto, facciamo una veloce panoramica sulle norme che inquadrano l’apologia del fascismo come reato:
• Il reato in questione viene introdotto dalla Legge n. 645/1952, detta “Legge Scelba”, dal nome del primo firmatario della proposta di Legge, Mario Scelba. All’art. 5, la Legge Scelba stabilisce che debba essere punito con reclusione e multa chiunque partecipi a pubbliche riunioni, compia manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste.
• La Legge n. 205/1993, detta “Legge Mancino” interviene, tra le altre cose, a modificare l’art. 4 della Legge Scelba, prevedendo che sia punito con reclusione e multa chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.
• L’art. 604 bis del c.p. vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
• Infine, la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e prevede che sia limitato temporaneamente il diritto di elettorato attivo e passivo per i capi responsabili del regime fascista.
Posto che la norma costituzionale appena citata dona carattere di antifascismo a tutta la Costituzione della Repubblica Italiana e, dunque, allo Stato Italiano, va detto che la Legge Scelba si è spesso rivelata poco specifica, richiedendo molteplici interventi della Corte di cassazione, anche recenti, oltre che l’intervento della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 4 della Legge in questione.
L’art. 4, infatti, prevedeva che fosse punito con reclusione e multa chiunque esaltasse esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Poiché tale disposizione sembrava impedire anche un semplice elogio verbale del vecchio regime, sembrava entrare in contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero, diritto costituzionalmente tutelato ai sensi dell’art. 21 Cost.. In tale occasione, la Corte costituzionale chiarì che, se pure la legge Scelba non era in contrasto con il dettato della Costituzione, l’art. 4 andava interpretato in maniera più restrittiva, precisando che dovesse essere punito chi esaltava il potere del regime fascista in un modo tale da poter procedere alla riorganizzazione del partito. Successivamente, l’art. 4 fu abrogato in favore del sopracitato art. 5 della Legge Mancino.
La necessità di commisurare i divieti imposti dalla legge Scelba con le libertà costituzionalmente garantite nella nostra Repubblica democratica ci porta a credere che debba essere il giudice, volta per volta, a definire se le manifestazioni emulative di gesti tipici del ventennio siano dovute alla concreta possibilità di ricostituzione del partito fascista.
E questo ci viene confermato anche dall’ultima sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che a gennaio 2024 si è pronunciata in relazione al “rito del presente”, effettuato a Milano da un gruppo di persone in occasione di una commemorazione fascista del 2016. La Cassazione ha chiarito che il saluto romano costituisce reato ai sensi della legge Scelba solo quando sia associato alla sussistenza del pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista.
A ciò, la Suprema Corte aggiunge un’ulteriore precisazione, statuendo che il “saluto fascista” può sempre integrare il reato previsto dal decreto Mancino, in quanto i due reati possono concorrere e con lo stesso gesto possono essere violate sia la legge Scelba che il decreto Mancino. Con un'unica azione, si possono dunque commettere due diversi reati e si può essere condannati a scontare due distinte pene, cumulate tra loro.
Quanto, invece, alla possibilità di esporre cimeli fascisti, va precisato che il decreto Mancino vieta anche di esibire bandiere, slogan o altri simboli di organizzazioni violente o discriminatorie durante gli eventi sportivi (così come in altre occasioni), ma non nel proprio appartamento, dove resta a discrezione del proprietario cosa esibire e cosa no.
Tuttavia, a seconda della visibilità o meno dell’oggetto di matrice fascista dall’esterno della propria abitazione, si resterà soggetti a possibili denunce per apologia del fascismo da parte dei passanti, con conseguente esposizione alla valutazione discrezionale del giudice che sarà chiamato a pronunciarsi caso per caso.
Innanzitutto, facciamo una veloce panoramica sulle norme che inquadrano l’apologia del fascismo come reato:
• Il reato in questione viene introdotto dalla Legge n. 645/1952, detta “Legge Scelba”, dal nome del primo firmatario della proposta di Legge, Mario Scelba. All’art. 5, la Legge Scelba stabilisce che debba essere punito con reclusione e multa chiunque partecipi a pubbliche riunioni, compia manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste.
• La Legge n. 205/1993, detta “Legge Mancino” interviene, tra le altre cose, a modificare l’art. 4 della Legge Scelba, prevedendo che sia punito con reclusione e multa chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.
• L’art. 604 bis del c.p. vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
• Infine, la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e prevede che sia limitato temporaneamente il diritto di elettorato attivo e passivo per i capi responsabili del regime fascista.
Posto che la norma costituzionale appena citata dona carattere di antifascismo a tutta la Costituzione della Repubblica Italiana e, dunque, allo Stato Italiano, va detto che la Legge Scelba si è spesso rivelata poco specifica, richiedendo molteplici interventi della Corte di cassazione, anche recenti, oltre che l’intervento della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 4 della Legge in questione.
L’art. 4, infatti, prevedeva che fosse punito con reclusione e multa chiunque esaltasse esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Poiché tale disposizione sembrava impedire anche un semplice elogio verbale del vecchio regime, sembrava entrare in contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero, diritto costituzionalmente tutelato ai sensi dell’art. 21 Cost.. In tale occasione, la Corte costituzionale chiarì che, se pure la legge Scelba non era in contrasto con il dettato della Costituzione, l’art. 4 andava interpretato in maniera più restrittiva, precisando che dovesse essere punito chi esaltava il potere del regime fascista in un modo tale da poter procedere alla riorganizzazione del partito. Successivamente, l’art. 4 fu abrogato in favore del sopracitato art. 5 della Legge Mancino.
La necessità di commisurare i divieti imposti dalla legge Scelba con le libertà costituzionalmente garantite nella nostra Repubblica democratica ci porta a credere che debba essere il giudice, volta per volta, a definire se le manifestazioni emulative di gesti tipici del ventennio siano dovute alla concreta possibilità di ricostituzione del partito fascista.
E questo ci viene confermato anche dall’ultima sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che a gennaio 2024 si è pronunciata in relazione al “rito del presente”, effettuato a Milano da un gruppo di persone in occasione di una commemorazione fascista del 2016. La Cassazione ha chiarito che il saluto romano costituisce reato ai sensi della legge Scelba solo quando sia associato alla sussistenza del pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista.
A ciò, la Suprema Corte aggiunge un’ulteriore precisazione, statuendo che il “saluto fascista” può sempre integrare il reato previsto dal decreto Mancino, in quanto i due reati possono concorrere e con lo stesso gesto possono essere violate sia la legge Scelba che il decreto Mancino. Con un'unica azione, si possono dunque commettere due diversi reati e si può essere condannati a scontare due distinte pene, cumulate tra loro.
Quanto, invece, alla possibilità di esporre cimeli fascisti, va precisato che il decreto Mancino vieta anche di esibire bandiere, slogan o altri simboli di organizzazioni violente o discriminatorie durante gli eventi sportivi (così come in altre occasioni), ma non nel proprio appartamento, dove resta a discrezione del proprietario cosa esibire e cosa no.
Tuttavia, a seconda della visibilità o meno dell’oggetto di matrice fascista dall’esterno della propria abitazione, si resterà soggetti a possibili denunce per apologia del fascismo da parte dei passanti, con conseguente esposizione alla valutazione discrezionale del giudice che sarà chiamato a pronunciarsi caso per caso.