Va osservato che, in questo caso, deve ritenersi sussistente la “responsabilità oggettiva” del condominio, ai sensi dell’art. 2051 del c.c., il quanto il medesimo ha il potere-dovere di controllo e vigilanza sui beni comuni, con la conseguenza che lo stesso potrà considerarsi esente da colpa solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui riesca a dimostrare che l’evento dannoso si è verificato per “caso fortuito”.
Va osservato, inoltre, che si potrebbe configurare anche una responsabilità personale dell’amministratore di condominio, sempre ai sensi dell’art. 2051 del c.c. e, dunque, a titolo di “responsabilità oggettiva”, dal momento che è proprio l’amministratore il soggetto che ha il concreto potere e dovere di provvedere al controllo e alla vigilanza sui beni comuni dell’edificio condominiale.
In proposito, infatti, anche la Corte di Cassazione è costante nel ritenere che l’amministratore sia responsabile laddove abbia omesso di esercitare il controllo e la vigilanza sui beni comuni (Cass. civ., 30.09.2014, n. 20557; Cass. civ., 9.07.2009, n. 16126; Cass. civ., 16.10.2008, n. 25251).
Nel caso in cui, dunque, venga riconosciuta la responsabilità delc ondominio in ordine ad un determinato danno prodotto da un bene comune, il singolo condomino sarà chiamato a risponderne nei limiti del valore della propria quota di proprietà o dovrà risponderne con l’intero suo patrimonio?
In proposito si deve ritenere che il risarcimento del danno non funzioni in modo analogo alla ripartizione delle spese condominiali: mentre le spese condominiali vengono ripartite fra i condomini in proporzione alle rispettive quote di proprietà, nel caso del risarcimento del danno, il danneggiato potrà pretendere l’intero risarcimento nei confronti di un singolo condomino, che risponde con l’intero suo patrimonio, dal momento che si tratta di un’obbligazione solidale.
Laddove, poi, il singolo condomino abbia pagato l’intero, potrà agire nei confronti degli altri responsabili al fine di ottenere il rimborso della quota di loro competenza.
In proposito, si è espressa anche la Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza n. 1674 del 29 gennaio 2015, ha precisato come, in questi casi, “il custode non può essere identificato né nel condominio, interfaccia idonea a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi, invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni ex art. 1117 del c.c.. Se ne deve trarre, pertanto, che il risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, 1 comma c.c., individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili”.
In ogni caso, ai fini del risarcimento, è pur sempre necessario fornire la prova della sussistenza del “nesso causale”: ciò significa che il danneggiato deve provare che il danno si è prodotto a causa di quel determinato bene comune, dovendosi escludere la sussistenza di tale nesso quando il fatto sia avvenuto per colpa del danneggiato stesso o per “caso fortuito”.
La Corte di Cassazione, infatti, ha avuto modo di precisare come anche l'applicazione delle regole di cui all'art. 2051 cod. civ. presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sé statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno” (Cass. civ., sentenza 26 febbraio 2016, n. 3875).