Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti di un condominio, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta verificatasi mentre usciva dall’ascensore condominiale.
Il soggetto in questione, in particolare, era inciampato nel dislivello che si era formato tra il pavimento della cabina dell’ascensore e quello del piano di arresto.
Secondo il danneggiato, dunque, il condominio avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c. (responsabilità da cosa in custodia).
Il Tribunale di Como, pronunciatosi in primo grado, aveva rigettato la domanda risarcitoria avanzata dal condomino e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello.
La Corte d’appello riteneva, infatti, che il dislivello tra l’ascensore e il piano di calpestio “non poteva rappresentare un’insidia”, rappresentando lo stesso “una situazione ricorrente e probabilissima”.
Secondo la Corte, dunque, la causa del sinistro era da ricondursi alla “condotta distratta della vittima”, la quale avrebbe dovuto verificare il piano di calpestio.
Evidenziava il giudice di secondo grado, inoltre, che il condomino in questione aveva anche una “patologia alla gamba destra che ne limitava la capacità di deambulazione, e ciò avrebbe dovuto indurlo a particolare attenzione e cautela nell'uscire dall'ascensore”.
Ritenendo la decisione ingiusta, il condomino aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte d’appello, nel rigettare la domanda risarcitoria, non avrebbe dato corretta applicazione agli artt. 1227, 2043 e 2051 c.c.
Evidenziava il ricorrente, infatti, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito alla vittima la responsabilità esclusiva del sinistro che si era verificato, dal momento che la condotta della vittima può escludere la responsabilità del custode solo laddove la stessa rivesta i “caratteri di autonomia, eccezionalità, imprevedibilità, inevitabilità”.
Nel caso di specie, invece, il condominio non avrebbe in alcun modo dimostrato “che la condotta della vittima avesse avuto tali requisiti”.
In ogni caso, inoltre, secondo il ricorrente, anche a voler ritenere tale condotta come “colposa”, la stessa “avrebbe potuto avere al massimo l'efficacia di una concausa del danno, ma non di causa esclusiva dell'accaduto”.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di poter dar ragione al condomino, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Precisava la Cassazione, in proposito, che, ai sensi dell’art. 2051 c.c., “la responsabilità del custode, per i danni causati dalla cosa che è in sua custodia, è esclusa quando questi dimostri ‘il caso fortuito’”, da intendersi come quell’evento che “non poteva essere in alcun modo previsto o, se prevedibile, non poteva essere in alcun modo prevenuto”.
Ebbene, nel caso in esame, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva erroneamente rigettato la domanda risarcitoria avanzata dal danneggiato, fondando la propria decisione “sul presupposto che causa della caduta fu la distrazione della vittima, e che di conseguenza ricorresse una ipotesi di ‘caso fortuito’, come tale idoneo ad escludere la responsabilità del custode di cui all'art. 2051 c.c.”.
La Corte d'appello, dunque, secondo la Cassazione, aveva “reputato sussistente una ipotesi di caso fortuito prendendo in esame unicamente la condotta della vittima, qualificata come negligente, ma senza esaminare se quella condotta potesse ritenersi imprevedibile, eccezionale od anomala da parte del custode”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal danneggiato, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.