Le spese sostenute sul lavoro possono essere recuperate?
La risposta è sì e questo vale sia per i lavoratori dipendenti, sia per i liberi professionisti. In entrambi i casi, ci sono possibilità di recuperare le spese sopportate sul lavoro.
Innanzitutto, in relazione ai dipendenti, partiamo dal rimborso delle spese di trasferte.
Con “trasferta” ci si riferisce al caso in cui il lavoratore esegua provvisoriamente la propria prestazione in un luogo diverso dalla sede che è il “luogo normale di svolgimento dell’attività lavorativa”.
Nell’ipotesi della trasferta, il lavoratore ha diritto non solo a percepire la normale retribuzione, ma anche a recuperare le spese sostenute. Infatti, potrà essere riconosciuto al dipendente un rimborso spese a copertura dei costi sostenuti per lo spostamento.
Però, occorre fare attenzione perché il valore cambia a seconda che la trasferta sia sul territorio italiano (nel Comune della sede di lavoro oppure fuori dal territorio comunale) o all’estero. Si tratta di una distinzione importante che ha riflessi anche dal punto di vista della tassazione.
Ancora, pensiamo alle spese per gli spostamenti da e per il luogo lavorativo. Si fa riferimento al tragitto che il lavoratore quotidianamente compie da casa a lavoro e viceversa.
È vero che, secondo l’opinione comune (anche della Corte di Cassazione), il tempo necessario al dipendente per recarsi sul luogo di lavoro deve essere considerato come “tempo lavorativo”, nel caso in cui lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione.
Tuttavia, di norma, in questa ipotesi, i lavoratori non hanno diritto ad alcun rimborso.
Però, c’è un’eccezione. Infatti, secondo una sentenza del 2015 della Corte di Giustizia Europea (Sentenza 10 settembre 2015, n. C-266/14), nel caso si tratti di lavoratori privi di una sede di lavoro fissa (ad esempio, gli addetti alle consegne), la normativa europea stabilisce che, tra le voci da retribuire, il datore di lavoro debba inserire anche le ore dedicate al percorso da casa a lavoro e viceversa.
Questa differenza di trattamento si ritrova nel fatto che tali categorie di lavoratori non hanno una sede abituale di lavoro e molto spesso, per compiere la propria attività, modificano il tragitto da seguire.
Tali rimborsi saranno tassati regolarmente e rientreranno a pieno nel calcolo del reddito individuale IRPEF e ai fini INPS.
Come anticipato, l’argomento interessa anche i liberi professionisti.
Quando si parla di rimborso spese per i professionisti, s’intende la restituzione, da parte del cliente, delle somme impiegate dal professionista per il pagamento di prestazioni lavorative specifiche. Pertanto, il rimborso riguarda i costi sostenuti per mansioni svolte per l’esecuzione di uno specifico incarico professionale.
Peraltro, nel caso di professionisti, le spese incluse nel rimborso possono essere oggetto di differenti forme di pagamento da parte del cliente. Il cliente può anticipare la somma o può chiedere al professionista di sostenere i costi per poi rimborsarli.
In questo ultimo caso, il professionista o sostiene la spesa “in nome e per conto del cliente” (cioè, dichiarando la titolarità della spesa al momento del pagamento) o, dopo aver terminato la prestazione, chiede un rimborso forfettario in fattura.
Nel caso di spese sostenute dal cliente, non siamo di fronte a un vero e proprio rimborso spese. Infatti, è il cliente a farsi carico fin dall’inizio della spesa, esonerando il professionista da qualunque obbligo fiscale e burocratico.
Nell’ipotesi di spese sostenute dal professionista, bisogna precisare che le spese entrano a far parte del compenso del professionista e, quindi, prevedono il calcolo della ritenuta d’acconto, sono soggette alla rivalsa previdenziale e sono imponibili IVA.