Invero, la legislazione nazionale qualifica la pensione come un credito solo parzialmente aggredibile, introducendo garanzie a tutela della dignità economica del debitore.
Inoltre, è opportuno precisare che non tutte le pensioni possono essere pignorate. Infatti, nell’ottica di tutelare la posizione giuridica di soggetti appartenenti a fasce deboli della popolazione, il nostro ordinamento prevede la possibilità di impiegare lo strumento del pignoramento esclusivamente nei riguardi dei trattamenti previdenziali, mentre quelli assistenziali ne sono esenti.
Quando parliamo di trattamenti assistenziali ci riferiamo in particolare alla pensione di invalidità civile, all’indennità di accompagnamento e all'assegno sociale, i quali appunto non possono essere pignorati. Pignorabile, invece, è la pensione di reversibilità.
Il comma 7 dell’art. 545 del c.p.c., come modificato dal decreto Aiuti bis (D.L. 9 agosto 2022, n. 115), stabilisce che “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”. In altre parole, ciò significa che le somme percepite come pensione non possono essere interamente sottoposte a pignoramento. Una parte di esse, infatti, corrispondente al doppio dell’importo massimo dell’assegno sociale mensile, con un minimo fissato a 1.000 euro, deve restare impignorabile. Tale soglia rappresenta una salvaguardia essenziale per il pensionato, in quanto considera tali somme indispensabili per il suo mantenimento.
Le somme che superano il limite di 1.000 euro possono essere pignorate, ma esclusivamente nella misura di un quinto dell’eccedenza. Questo implica che non è consentito sottrarre l’intero importo che supera tale soglia. Ad esempio, per una pensione mensile di 1.800 euro, l’importo eccedente il minimo garantito è di 800 euro (1.800 – 1.000). Il pignoramento sarà applicato solo su un quinto di tale somma, ovvero 160 euro al mese. Questa regolamentazione mira a proteggere il pensionato, assicurandogli risorse sufficienti per le necessità quotidiane.
Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia Entrate Riscossione, vengono applicate regole specifiche che regolano l’importo pignorabile in base al valore della pensione.
I limiti progressivi stabiliti sono pensati per bilanciare l’impatto economico del pignoramento:
- fino a 2.500 euro: si può pignorare fino al 10% della somma eccedente i 1.000 euro;
- tra 2.500 e 5.000 euro: la percentuale pignorabile sale al 14,28% (pari a un settimo);
- oltre 5.000 euro: l’importo massimo pignorabile è del 20% (un quinto).
Nel caso di debiti contratti con più creditori, le modalità di pignoramento si differenziano a seconda della tipologia dei debiti. Invero, per debiti di diversa natura (ad esempio, bancari e alimentari), la quota pignorabile può arrivare fino al doppio del quinto dell’eccedenza rispetto ai 1.000 euro, ossia il 40%.
Al contrario, per debiti derivanti dalla medesima fonte, si applica un solo quinto. Questo meccanismo previene situazioni di accanimento eccessivo da parte di creditori della stessa categoria, evitando che pignoramenti cumulativi compromettano gravemente la stabilità economica del pensionato.
A partire dal 2022, il minimo impignorabile per le pensioni è stato portato a 1.000 euro, un importo adeguato all’incremento del costo della vita e volto a garantire un livello minimo di dignità economica. Tale soglia viene aggiornata periodicamente per tenere conto dell’inflazione e delle esigenze primarie del pensionato.
Il sistema di pignoramento pensionistico, pur finalizzato a soddisfare le pretese creditorie, è stato concepito per mantenere un equilibrio tra il recupero dei debiti e la protezione del debitore. Le restrizioni imposte dal legislatore dimostrano l’intenzione di salvaguardare il diritto al sostentamento, evitando che le esecuzioni forzate possano compromettere la qualità della vita del pensionato.