Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Roma aveva condannato un soggetto per il reato di “truffa aggravata” (art. 640 bis c.p.) in danno dell’INPS.
Nello specifico, tale soggetto era stato condannato in quanto questi avrebbe fatto accreditare, nel proprio conto corrente, la pensione del proprio defunto padre.
Il condannato, ritenendo la decisione ingiusta, aveva deciso, dunque, di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, la condanna era stata comminata ingiustamente, in quanto non era stata raggiunta la prova del “profitto personale” del ricorrente stesso.
Evidenziava il condannato, infatti, che egli era stato ritenuto penalmente responsabile “in relazione all'accredito sul conto corrente del defunto padre dei ratei pensionistici in epoca successiva al decesso”, senza considerare che non risultava acquisita alcuna prova che egli “avesse la materiale disponibilità del bancomat, utilizzato per il prelievo delle somma accreditate sul conto”.
Secondo il ricorrente, inoltre, la condotta truffaldina oggetto di contestazione si sostanziava nell'omessa comunicazione all’INPS del decesso del genitore, “ritenuta idonea ad integrare l'artifizio e raggiro postulato dalla norma incriminatrice pur in assenza di un positivo comportamento fraudolento”.
La Corte di Cassazione, nel decidere circa il ricorso proposto dal condannato, precisava che integra il reato di “indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato” (art. 316 ter c.p.) e non quello di truffa aggravata (art. 640 bis c.p.) “l'indebita percezione della pensione di pertinenza di soggetto deceduto, conseguita dal cointestatario del medesimo conto corrente su cui confluivano i ratei della pensione, che ometta di comunicare all'Ente previdenziale il decesso del pensionato”.
Nello specifico, secondo la Cassazione, ciò che rileva ai fini della distinzione delle due fattispecie, è “l'elemento costituito dalla induzione in errore”, assente nel reato di cui all’art. 316 ter c.p. e presente, invece, in quello di cui all’art. 640 bis c.p.
Pertanto, a detta della Corte, il caso di specie doveva essere ricondotto alla fattispecie della “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”, in considerazione della assenza di un comportamento fraudolento in capo all’imputato, che aveva semplicemente omesso di comunicare all’INPS il decesso del padre, titolare della pensione, così continuando a percepirla indebitamente.
Ciò premesso, la Corte di Cassazione riqualificava il reato addebitato all’imputato in “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” e annullava la sentenza impugnata, stante l’intervenuta prescrizione del reato stesso.