Con la Sentenza n. 3925 del 13 febbraio 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla possibilità, per il proprietario di un fondo, di conseguire il diritto di parcheggio sul fondo altrui, anche nel caso in cui non vi siano accordi tra le parti che lo prevedano: tale diritto prende il nome “servitù di parcheggio”.
La servitù, ossia la costituzione di un diritto su fondo altrui ai sensi dell’art. 1027 del c.c., può essere istituita volontariamente, mediante un contratto, oppure può essere “coattiva”, cioè imposta dalla pronuncia di un giudice.
La pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite interviene proprio su quest’ultimo tipo di servitù di parcheggio: non sarà possibile, dunque, parcheggiare legittimamente l’auto sulla proprietà di altri se non c’è né un contratto, né una sentenza ad autorizzarci. Questa precisazione è essenziale al fine di evitare conseguenze legali di natura penale, commettendo il reato di invasione di terreni (art. 633 del c.p.) o di violazione di domicilio (art. 614 del c.p.).
Premesso tutto ciò, quali sono le condizioni necessarie affinché sia possibile parcheggiare sul suolo della proprietà adiacente alla nostra?
Tuttavia, la Corte ha respinto il ricorso, confermando la valida costituzione della servitù di parcheggio, posto che, come evidenziato dal Tribunale Ordinario in primo grado, i nuovi proprietari avevano acquistato il terreno ben sapendo che esso era gravato da una servitù di parcheggio, istituita su base volontaria per atto notarile tra i proprietari del fondo dominante ed i vecchi proprietari del fondo servente.
La pronuncia poc’anzi esposta rappresenta un importantissimo precedente giurisprudenziale, data la frequenza con cui si verificano dissapori riguardanti il parcheggio tra vicini di casa o di attività commerciali, e la grande esigenza di porre fine a questo genere di liti.
La servitù, ossia la costituzione di un diritto su fondo altrui ai sensi dell’art. 1027 del c.c., può essere istituita volontariamente, mediante un contratto, oppure può essere “coattiva”, cioè imposta dalla pronuncia di un giudice.
La pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite interviene proprio su quest’ultimo tipo di servitù di parcheggio: non sarà possibile, dunque, parcheggiare legittimamente l’auto sulla proprietà di altri se non c’è né un contratto, né una sentenza ad autorizzarci. Questa precisazione è essenziale al fine di evitare conseguenze legali di natura penale, commettendo il reato di invasione di terreni (art. 633 del c.p.) o di violazione di domicilio (art. 614 del c.p.).
Premesso tutto ciò, quali sono le condizioni necessarie affinché sia possibile parcheggiare sul suolo della proprietà adiacente alla nostra?
- Prima di tutto, la servitù di parcheggio può essere istituita a favore di un fondo (cosiddetto “dominante”), sul fondo appartenente ad altri (detto servente) solo quando ciò porti un vantaggio al fondo dominante, come ad esempio la possibilità di facilitare l’accesso ad un’attività commerciale, o rendere maggiormente utilizzabile un’area che altrimenti resterebbe deserta.
- Non dev’essere possibile parcheggiare altrove: non si può istituire un diritto sulla proprietà altrui, a meno che non sia davvero indispensabile.
- La servitù deve essere “localizzata”, vale a dire che solo uno spazio ben preciso e determinato deve essere destinato al parcheggio.
- Anche quando la servitù sia “localizzata”, quindi interessi una porzione di terreno ben determinata, va specificato che il fondo altrui è destinato esclusivamente al parcheggio: non sarà possibile utilizzare per altri scopi il terreno non nostro.
- Il fondo servente deve mantenere la propria utilità e, a tal fine, prima di istituire una servitù di parcheggio va verificato che ciò non causi intralcio al proprietario del fondo servente.
- Il fondo servente e il fondo dominante devono essere vicini, altrimenti non sarebbe in alcun modo utile, né necessaria, l’istituzione di un diritto su fondo altrui (primo e secondo requisito del presente elenco).
- La servitù non deve giovare ad un bisogno individuale del proprietario del fondo dominante: deve accrescere oggettivamente l’utilità del fondo, e non portare un vantaggio al proprietario personalmente.
Tuttavia, la Corte ha respinto il ricorso, confermando la valida costituzione della servitù di parcheggio, posto che, come evidenziato dal Tribunale Ordinario in primo grado, i nuovi proprietari avevano acquistato il terreno ben sapendo che esso era gravato da una servitù di parcheggio, istituita su base volontaria per atto notarile tra i proprietari del fondo dominante ed i vecchi proprietari del fondo servente.
La pronuncia poc’anzi esposta rappresenta un importantissimo precedente giurisprudenziale, data la frequenza con cui si verificano dissapori riguardanti il parcheggio tra vicini di casa o di attività commerciali, e la grande esigenza di porre fine a questo genere di liti.