Il caso esaminato riguardava un incidente stradale in cui erano deceduti due coniugi; i rispettivi genitori proposero domanda di risarcimento del danno morale derivante dalla morte dei figli.
Gli attori, tuttavia, non essendo d’accordo sulla liquidazione del danno operata dal Tribunale e dalla Corte d’appello, proponevano ricorso in Cassazione denunciando la violazione del principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., “per avere il giudice d'appello commisurato al luogo di residenza dei danneggiati l'entità del risarcimento”.
La Corte d’appello, in particolare, aveva ritenuto che la liquidazione del danno dovesse “tener conto del Paese di residenza dei danneggiati” (Senegal), “ove il valore dell'Euro sarebbe stato superiore che in Italia”, in quanto, altrimenti, “i danneggiati avrebbero ricevuto un risarcimento superiore a quello che sarebbe stato loro concesso se in Italia fossero stati residenti”.
A sostegno di tale assunto, la Corte d’appello si richiamava ad una sentenza della Cassazione (n. 1637 del 2000), che aveva stabilito che “nella determinazione equitativa del danno morale può tenersi conto anche della realtà socio economica in cui vive il danneggiato al fine di adeguare a tale realtà l'importo che si ritiene dovuto ai fini riparatori del danno”.
La Corte di Cassazione riteneva, tuttavia, di dover aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, accogliendo il relativo ricorso.
Osservava la Cassazione, infatti, come la pronuncia richiamata dalla Corte d’appello non facesse riferimento al caso di “danneggiati stranieri”, riguardando, invece, “una fattispecie in cui il giudice del secondo grado - la Corte di L'Aquila - aveva confermato il quantum di un danno morale da perdita di congiunto, in sostanza, per il mero fatto che le persone danneggiate risiedevano nella provincia di Chieti”, sostenendo che il valore del dolore subito “assume sempre connotazioni economiche, per cui va ragguagliato alla realtà socio-economica in cui vivono le danneggiate”.
Evidenziava la Cassazione, peraltro, come con la più recente sentenza, n. 24201 del 2014, “a proposito di un risarcimento ai congiunti di un tunisino deceduto in Italia per il danno morale da perdita”, si sia precisato “da un lato, l'obbligo di non discriminare gli stranieri racchiuso nell'art. 3 Cost. (al riguardo richiamando le sentenze nn. 252/2001 e 106/2008 della Corte Costituzionale); e, dall'altro, la necessità di una certezza risarcitoria nel senso della uniformità”.
Secondo la Corte, inoltre, “il danno da perdita del congiunto deve essere commisurato al valore che la persona perduta aveva rispetto al danneggiato, e non alle conseguenze economiche del risarcimento che il danneggiato ne ritrarrà”, in quanto si tratta “di un danno non patrimoniale”, rispetto al quale il risarcimento in denaro non è idoneo “a restituire/compensare, bensì soltanto ad attestare nell'unica modalità giuridicamente possibile il valore della persona perduta”.
E, precisa la Corte, “il valore di ogni persona è intrinseco alla sua umanità”, per cui non può subire alcuna diminuzione “in base ad elementi che su tale umanità non incidono”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dai ricorrenti, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.