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Attraversamento animali selvatici: in caso di incidente chi risponde dei danni?

Attraversamento animali selvatici: in caso di incidente chi risponde dei danni?
Chi si è trovato a percorrere frequentemente strade di montagna, potrà essersi imbattuto in alcuni animali selvatici che possono attraversare la strada, con conseguente pericolo di impatto con gli stessi.
Ma cosa succede se l’impatto si verifica, procurando danni all’autovettura e, magari, anche lesioni al conducente dell’autovettura? In questo caso, di chi è la responsabilità e a chi possiamo rivolgerci per il risarcimento del danno?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22886 del 2015 si è trovata proprio ad esaminare tale questione, fornendo alcune interessanti precisazioni in proposito.

Nel caso esaminato dalla Corte, il conducente in questione aveva agito in giudizio nei confronti della Regione e della Provincia, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’autovettura di sua proprietà, a seguito dell’impatto con un capriolo che aveva improvvisamente attraversato la strada. In particolare, il conducente osservava come il pericolo di attraversamento di animali selvatici non fosse stato adeguatamente segnalato, attraverso l’apposita segnaletica.

Il Giudice di Pace accoglieva la domanda risarcitoria e la sentenza veniva confermata dal Tribunale. La Provincia riteneva opportuno proporre ricorso per Cassazione.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione osserva come questo tipo di azioni risarcitorie, vanno risolte dando applicazione all’art. 2043 codice civile, il quale impone a chiunque commette un fatto ingiusto, non importa se doloso o colposo, di risarcire il relativo danno che sia arrecato a terzi.
Trovando applicazione questo criterio, quindi, la Corte ribadisce come sia necessario accertare “un concreto comportamento colposo da ascrivere all’ente pubblico”, che “può consistere, fra l’altro, anche nella omessa collocazione di adeguata segnaletica stradale idonea ad avvisare gli utenti della sussistenza del relativo pericolo”.

Per quanto riguarda la questione relativa alla responsabilità della Provincia, la Corte prende atto di come si tratti di una questione piuttosto complessa e delicata, anche se la giurisprudenza ha dimostrato di orientarsi, ormai in modo costante, in una certa direzione.

Osserva la Corte che, mentre in passato, si riteneva che fosse la Regione a dover adottare tutte le misure idonee ad evitare i danni causati dal passaggio degli animali selvatici, la giurisprudenza più recente della Cassazione ha ritenuto che tale responsabilità debba essere imputata all’ente (che può essere la Regione, la Provincia o un Ente Parco ecc), “a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino”.

Nel caso di specie, dunque, secondo la Corte è necessario analizzare la normativa regionale (nello specifico, quella toscana), al fine di stabilire “se, e in quali limiti, la Regione abbia delegato alle Province specifici poteri relativi alla protezione della fauna selvatica”.

Dunque, dall’esame disposizioni di cui alla legge della Regione Toscana n. 3 del 12 gennaio 1994, la Corte ritiene indiscutibile “che le Province sono state rese titolari di poteri assai significativi in tema di protezione e gestione della fauna selvatica”, con la conseguenza che “le pretese risarcitorie dei soggetti danneggiati ben potevano essere rivolte contro le medesime”.

La Corte ribadisce, inoltre, come, dal momento che la provincia era titolare di poteri di protezione della fauna selvatica, la stessa aveva anche l’obbligo di attivarsi per segnalare in maniera opportuna il pericolo di attraversamento di animali.
Pertanto, la circostanza che la Provincia non abbia provveduto ad apporre gli opportuni cartelli segnaletici, integra, secondo la Cassazione, “gli estremi della colpa rilevante ai sensi dell’art. 2043 c.c. e giustifica, pertanto, la condanna emessa nei suoi confronti”.


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