Tutto trae origine dal seguente caso.
Un contribuente subiva una rettifica del proprio reddito sulla base di accertamenti bancari, con ripresa a tassazione dei versamenti sul conto corrente personale.
L'Ufficio accertatore, avvalendosi della presunzione legale di cui all'art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, aveva richiesto al contribuente giustificazione materiale di ogni singolo versamento eseguito sul conto corrente a lui intestato.
Il contribuente, dal canto suo, eccepiva che le somme versate derivavano da prelevamenti sul conto corrente aziendale, dedotti gli importi che venivano trattenuti per le spese di ordinaria amministrazione personale e familiare.
In primo grado il ricorso formulato dal contribuente veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale.
La decisione emessa in primo grado, tuttavia, veniva tempestivamente impugnata dalla Agenzia delle Entrate con atto di appello che veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale adita.
La questione finisce così in Cassazione, a seguito di ricorso presentato dal contribuente danneggiato.
La Suprema Corte adita della questione, dopo aver esaminato i vari motivi posti a fondamento delle domande del contribuente, accettava il ricorso, così decidendo: "Prioritaria appare la trattazione relativa alla asserita violazione di legge, in relazione all'art. 38 del DPR 600/1973 e agli artt. 2727 del c.c., 2729 del c.c. e 2697 del c.c., per vizio del ragionamento presuntivo, non avendo la Corte territoriale adeguatamente valutato la documentazione offerta dalla parte al fine di escludere la ripresa a tassazione degli importi relativi ai versamenti sul conto corrente".
Dapprima il Supremo collegio sostiene che, alla luce della condivisa giurisprudenza di legittimità, "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e i conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Sez. 5, n. 15857 del 29/07/2016 , Rv. 640618 - 01)".
Precisa, inoltre, la necessità di adeguata giustificazione da parte del titolare dei conti: "Invero, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi dell'art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poiché questa previsione e quella di cui all'art. 38 del medesimo d.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell'attività svolta e dalla quale quei redditi provengano".
La Suprema Corte, quindi, dopo aver premesso che gli uffici sono autorizzati, in presenza dei presupposti richiesti, ad avvalersi della "prova per presunzione", ricorda che il fatto da accertare è se le movimentazioni appaiano con certezza significative di un reddito non dichiarato.
Specifica infatti: "Ribadito che in tema di accertamenti in rettifica ai fini IRPEF, gli uffici competenti sono autorizzati, ai sensi degli artt. 37 e seguenti del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ad avvalersi della "prova per presunzione", la quale presuppone la possibilità logica di inferire da un fatto noto e non controverso, il fatto da accertare (con conseguente onere della prova contraria a carico del contribuente il quale, ove intenda contestare l'efficacia presuntiva dei fatti addotti dall'ufficio a sostegno della propria pretesa, oppure sostenere l'esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, deve a sua volta dimostrare gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano) nella fattispecie occorreva verificare se i versamenti giustificati dal contribuente come sostanziali giroconti non appaiono con certezza significativi di un reddito non dichiarato, fermo restando che l'onere della prova liberatoria, per il contribuente, si commisura alla natura ed alla consistenza degli elementi indiziari contrari impiegati dall'amministrazione".