Il
tribunale di Grosseto aveva sollevato
questione di legittimità costituzionale nell’ambito di un procedimento in cui il p.m., nel corso dell’istruttoria dibattimentale, inizialmente aveva contestato il
reato di
ricettazione, ma poi aveva modificato l’imputazione, contestando il reato di
furto in abitazione.
A seguito di questa riqualificazione, l’
imputato aveva chiesto la
sospensione del procedimento con messa alla prova; infatti, benché avesse potuto formulare questa
istanza anche con riferimento all’originaria imputazione per ricettazione ex art.
648 c.p., egli non lo aveva fatto, avendo valutato che, in quel caso, sarebbe stato possibile richiedere la sospensione dell’ordine di esecuzione della
pena, cosa che invece non avrebbe potuto fare nel caso di condanna per furto in abitazione, ai sensi dell’art.
656, comma 9, lettera a), c.p.p.
Essendo possibile, in caso di reato di furto in abitazione, richiedere il rito alternativo della messa alla prova, nel caso di specie tale richiesta avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, in quanto era stata
proposta oltre il termine di apertura del dibattimento.
Proprio per questo, il tribunale aveva sollevato la questione dinanzi alla
Corte Costituzionale, che, con la sentenza n. 14/2020, l’ha ritenuta fondata. Recentemente, la Corte si era già trovata a decidere su una questione simile, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art.
517 c.p.p., nella parte in cui, a seguito di una nuova contestazione di una
circostanza aggravante nel corso del
dibattimento, non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere al
giudice la sospensione del procedimento con messa alla prova (Corte Cost., sent. n. 141/2018).
Secondo la Corte,
questo principio va seguito
in
ogni ipotesi di mutamento dell'accusa, in quanto, contrariamente, si violerebbe il principio di
uguaglianza di cui all’art.
3 Cost., nonché il
diritto di difesa di cui all’art.
24 Cost., dal momento che la scelta del rito premiale è una delle più evidenti modalità di esplicazione di tale diritto.
Perciò, ha sostenuto la Consulta, la richiesta di riti alternativi da parte dell’imputato deve sempre poter essere formulata quando, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, emergano un fatto diverso, un reato connesso, o una circostanza aggravante non previamente contestati all’imputato.
In caso contrario, si avrebbe non solo la violazione del
diritto di difesa, ma anche del
principio di uguaglianza, dal momento che l'imputato, ai fini dell’accesso ai procedimenti speciali, si vedrebbe irragionevolmente discriminato in base alla maggiore o minore correttezza o completezza della valutazione operata dal
pubblico ministero.
Alla luce di tali considerazioni, e tenuto presente che la messa alla prova è un procedimento speciale idoneo a dar luogo all'estinzione del reato, la Corte ha dichiarato
illegittimo l'art.
516 c.p.p. nella parte in cui, a seguito della modifica dell’originaria imputazione nel corso del dibattimento, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice la sospensione del procedimento con messa alla prova.