Nel caso esaminato dagli Ermellini, il Tribunale di Monza aveva negato la convalida dell’arresto operato nei confronti di una donna, che era stata sorpresa dal proprietario di un’abitazione in possesso di alcuni monili d’oro e di un’urna funeraria, che erano stati sottratti dall’abitazione stessa.
Il giudice, in particolare, aveva deciso di non convalidare l’arresto, in quanto lo stesso era stato effettuato dalla polizia giudiziaria “fuori dalle ipotesi di flagranza o di quasi flagranza di cui all'art.382 cod. proc. pen.”.
Nel caso di specie, infatti, la donna era stata arrestata “sulla base delle sole informazioni ricevute dalla persona offesa e da terzi nell'immediatezza dei fatti, e, quindi, in assenza di una autonoma percezione della condotta di reato o delle sue tracce da parte degli operanti”.
In sostanza, poiché gli agenti di polizia non avevano colto la criminale sul fatto, l’arresto della stessa, secondo il giudice, non poteva essere convalidato.
Ritenendo la decisione ingiusta, il Pubblico Ministero aveva deciso di impugnare la suddetta sentenza dinanzi la Corte di Cassazione, nella speranza di ottenerne l’annullamento.
La Suprema Corte riteneva, in effetti, di dover dar ragione al Pubblico Ministero, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava, infatti, che la dinamica dell’arresto della ladra, per come descritta nel verbale di Polizia, dimostrava inequivocabilmente “la sussistenza, nella situazione descritta agli atti, dei requisiti che legittimano la facoltà di arresto da parte del privato prevista dall'art. art. 383 del c.p.p. cod. proc. pen.”.
Evidenziava la Cassazione, in particolare, che la vittima del furto aveva bloccato la ladra, “trattenendola all'interno del cortile attiguo all'abitazione”, al fine di consegnarla, poi, alla Polizia.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, la ladra era stata “sorpresa con cose o tracce dalle quali appariva che ella aveva commesso il reato immediatamente prima”, sussistendo, dunque, tutti gli estremi dell’arresto in flagranza.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal Pubblico Ministero, annullando il provvedimento impugnato, in quanto l’arresto era stato eseguito legittimamente.