La donna era ospite presso una struttura che offre ospitalità a soggetti in difficoltà economica e con problemi abitativi; lì vi soggiornava con il marito e i tre figli.
Nel maggio 2014, un’addetta alle pulizie aveva sentito piangere insistemente un bambino e, notando che i lamenti provenivano dalla stanza in cui alloggiava l’imputata (in quel momento non presente, così come non era presente il marito), decideva di entrare, per accertarsi che il bimbo stesse bene.
Proprio in quell’occasione, la donna trovava il figlio più piccolo dell’imputata, di appena nove mesi, “vicino alle sbarre della testa del letto (…), in procinto di cadere dallo stesso con la testa già riversa verso il bordo del letto”.
Il bambino, inoltre, appariva “sporco dei propri bisogni poiché non era stato cambiato da diverso tempo”.
Alla luce di quanto emerso nel corso dell’istruttoria effettuata in corso di causa, il Tribunale riteneva di dover considerare realizzata la fattispecie di reato di cui all’art. 591 codice penale.
Osservava il Tribunale, infatti, che “la giurisprudenza è costante nell'affermare che l'elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci di cui all'art. 591 cod. pen., è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto passivo”, così come affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35814 del 30.04.2015.
Di conseguenza, “lasciando il figlio minore, di appena nove mesi di età, solo, poggiato su di un comune letto e allontanandosi per un tempo significativo dall'abitazione”, l’imputata era “venuta meno ai propri doveri di sorveglianza e di cura su di lei gravanti in qualità di genitore”, venendo a creare “una situazione di pericolo per il minore che avrebbe potuto cadere dal letto e facilmente procurarsi delle lesioni”.
Appariva evidente al giudice che “l'imputata, lasciando solo il figlio neonato, e comunque non sincerandosi di averlo lasciato a persona di fiducia e capace di accudirlo, ha coscientemente prodotto una situazione di pericolo per il minore; ben potendo immaginare difatti che il piccolo, su di un letto non idoneo a trattenerlo, già in grado di muoversi e senza la dovuta sorveglianza, avrebbe potuto procurarsi delle lesioni o anche solo mettersi in situazioni di pericolo”.
Alla luce di tali circostanze, il Tribunale riteneva di dover procedere alla pronuncia di condanna dell’imputata, infliggendole la pena di otto mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.