La vicenda traeva origine dalla dichiarazione, da parte del
Tribunale dei Minorenni di Brescia, dello
stato di adottabilità di una bambina
minore di età: secondo il
giudice, nel caso di specie non sussisteva né coesione familiare, né solidità di relazioni tra la minore e i suoi genitori e neppure tra questa e gli zii paterni, che si erano dichiarati disponibili all’
adozione o all’affidamento della bambina.
Avverso tale decisione, la zia paterna aveva proposto
ricorso dinanzi alla Corte d’
appello, la quale, rigettandolo, aveva confermato quanto deciso in
primo grado.
Veniva così proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, della Convenzione di Strasburgo e della Carta di Nizza, sostenendo che, di fatto, la minore non versava in condizioni di abbandono morale e materiale e che, inoltre, i giudici di merito avevano omesso di valutare il superiore interesse della bambina a vivere nella
famiglia di origine, assieme alla zia paterna.
Inoltre, secondo la
ricorrente, i giudici avevano mal interpretato talune circostanze di fatto ed errato nell’applicazione della legge n. 184 del 1983, nella parte ove è disciplinata la condizione di
abbandono nel caso in cui sussistano
parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto dei rapporti significativi col minore.
La
Corte di Cassazione, con
ordinanza n. 31672/2019, ha però rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La Corte ha innanzitutto ribadito il proprio orientamento, secondo cui non si può escludere lo stato di abbandono dei minori in conseguenza della mera disponibilità manifestata da parte dei parenti entro il quarto grado di prendersene cura, quando nella fattispecie concreta
non sussistano dei pregressi rapporti significativi tra questi ed il minore stesso; neppure è possibile individuare potenzialità di recupero non traumatiche delle relazioni dei minori con tali parenti in tempi compatibili con lo
sviluppo equilibrato della loro personalità.
Analogamente, sempre in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità, la stessa Corte aveva già affermato che la mera disponibilità a prendersi cura del minore manifestata dai parenti entro il quarto grado non è sufficiente ad escludere lo stato di abbandono, se questi non intrattengono col minore rapporti significativi; tuttavia, nel caso in cui il minore in questione sia un
neonato, tale disponibilità, se manifestata entro un termine ragionevolmente breve dalla
nascita, comporta l’esclusione dello stato di abbandono, sempre che si accerti che tali parenti siano in concreto idonei ad assicurargli un’
adeguata assistenza ed educazione.
La Corte ha rilevato che il giudice di merito aveva correttamente accertato l’insussistenza di rapporti significativi pregressi tra la bambina e gli zii, e che inoltre la richiesta formulata da tali parenti non risultava tempestiva. Secondo la Corte, dunque, la valutazione e l’accertamento dei fatti operati dai giudici di merito risultavano sufficientemente completi e non potevano essere sottoposti all’ulteriore controllo di legittimità.
Secondo la Cassazione, nella fattispecie in esame non era possibile riscontrare la condizione dell’
impossibilità incolpevole di creare e conservare un rapporto significativo con la minore da parte degli zii. Inoltre, la Corte ha evidenziato l’impossibilità di un recupero non traumatico di tale rapporto in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della personalità della minore, data la diversa località di
residenza degli zii rispetto a quella della bambina e l’oggettivo radicale mutamento contestuale e linguistico che si sarebbe venuto a determinare.