Ma se il genitore abbandona consapevolmente il figlio, magari affetto da disabilità, può essere condannato per un qualche tipo di reato?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29666 del 13 luglio 2016, si è occupata proprio di un caso di “abbandono di persone minori o incapaci”, reato disciplinato dall’art. 591 codice penale, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado, con cui il Tribunale di Milano aveva condannato un padre per il reato di cui sopra, avendo il medesimo abbandonato il figlio disabile, “per circa quattro ore, da solo, all’interno di un’autovettura, nel pomeriggio di un giorno estivo”.
L’imputato proponeva, dunque, ricorso per Cassazione, il quale, tuttavia, veniva rigettato.
Ricorda la Corte, infatti, come il reato di cui all’art. 591 codice penale debba ritenersi integrato “da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo”.
Osserva la Cassazione, in proposito, che la norma citata ha lo scopo di tutelare “il valore etico-sociale della sicurezza della persona”, con la conseguenza che “ogni situazione di pericolo o abbandono, anche solo parziale, dei soggetti minori o incapaci, impone la piena attivazione del titolare dell’obbligo giuridico a protezione del bene garantito”.
E’, inoltre, necessario, dal punto di vista dell’elemento psicologico del reato, che il soggetto in questione sia consapevole di “abbandonare a sé stesso il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica, di cui si abbia l’esatta percezione”.
Pertanto, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello aveva del tutto correttamente proceduto alla pronuncia di condanna, dal momento che, nel caso di specie, era il genitore, tenuto alla custodia e alla cura del figlio minore, ad avere il “dovere di evitare che il figlio potesse essere esposto ad una situazione di pericolo, anche solo potenziale, per la propria incolumità psico-fisica”.
Altrettanto correttamente, il giudice di secondo grado aveva motivato la propria decisione sulla base del fatto che, la permanenza per molte ore all’interno dell’autovettura, sotto il sole di un pomeriggio estivo, aveva esposto il minore “ad un rischio concreto di perdita di sensi”.
Anche i testimoni sentiti sul punto, infatti, avevano riferito che il minore appariva in condizioni critiche, essendo stanco, affaticato e nemmeno in grado di parlare.
Per quanto riguarda, invece, l’elemento soggettivo del reato, secondo la Cassazione, la consapevolezza del padre di abbandonare il figlio, esponendolo ad una situazione di pericolo per la sua incolumità psico-fisica, era resa implicita dalle stesse modalità della condotta posta in essere dal padre.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando la sentenza di condanna resa dal giudice di secondo grado e condannandolo al pagamento delle spese processuali.