In particolare, durante il primo lockdown, un giovane venne fermato dalla Polizia mentre era alla guida e, poiché non addusse adeguate giustificazioni, venne multato per aver violato le prescrizioni del Decreto. Egli allora presentò ricorso al competente Giudice di Pace, che accolse le istanze avanzate dal cittadino.
L'appello proposto dalla Prefettura invocava l'ineluttabile rispetto delle disposizioni del DPCM emesse il 9 marzo 2020. Nondimeno, con la pronuncia in esame il Tribunale di Frosinone ha rigettato l'impugnazione in ragione della rilevata illegittimità dei suddetti Decreti.
Invero, il Tribunale osserva come i provvedimenti limitativi della inviolabile libertà di circolazione siano incostituzionali anche se emanati a difesa di un altrettanto diritto inviolabile come quello alla tutela della salute.
Peraltro, la pronuncia rileva come la Costituzione preveda l'attribuzione al Governo di poteri speciali solo in caso di guerra e previa deliberazione delle Camere, ai sensi dell'art. art. 78 Cost.
Non è invece rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge che attribuisca al Governo il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitari.
Ne deriva la mancanza del presupposto legislativo che costituisca il fondamento della delibera del Consiglio dei Ministri.
A questo punto è ben possibile, ed auspicbile, che la sentenza in esame faccia da apripista per una nuova lettura del ruolo dei noti DPCM rispetto alla gerarchia delle fonti e al sistema costituzionale, la quale conduca a evidenziarne l'intrinseca, insanabile ed irrimediabile illegittimità, dischiudendo nuovi scenari per i molti, troppi, cittadini che sono stati dagli stessi vessati, danneggiati, ostinatamente e reiteratamente limitati nell'esercizio delle loro libertà fondamentali.