Con la sentenza n. 7045/2021, la III Sezione del Consiglio di Stato, all’esito di un sindacato di attendibilità "razionale" degli studi posti a fondamento dell’obbligo vaccinale per i sanitari, ha sottolineato la correttezza del processo di approvazione dei vaccini anti-covid, escludendone espressamente l’asserita “sperimentalità”.
La procedura c.d. “CMA” (procedura di autorizzazione all’immissione in commercio condizionata) – rileva invero il Consiglio di Stato – è stata, in oltre trenta occasioni partire dall’inizio del nuovo millennio, un valido strumento per l’approvazione accelerata, ma non per ciò solo meno sicura, dei vaccini: ciò che determina tale rapidità, infatti, è il c.d. fast track, cioè la parziale contemporaneità di più fasi sperimentali a fronte della quale, peraltro, non c'è una minor attendibilità dei dati raccolti circa la sicurezza e l’efficacia del siero.
Oltre a ciò, anche la moltitudine di dati ormai rilevati dopo mesi di campagna vaccinale in tutto il mondo, è rilevante, secondo il Collegio, per affermare con certezza l’efficacia della vaccinazione
- nell’evitare le forme più gravi dell’infezione
- e parimenti nel ridurre la probabilità di contagio, coerentemente con le conclusioni della comunità scientifica internazionale.
Attesa la rilevata legittimità del provvedimento in esame, saranno da applicare – ricorda il Collegio – le gravi conseguenze della mancata vaccinazione previste dall’art. 4 co. 6, quali
- l’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’Asl,
- l’invio di immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’ordine professionale
- e soprattutto la sospensione dallo svolgimento di ogni prestazione che implichi contatti ravvicinati interpersonali o comporti in qualsiasi modo il rischio di contagio
- o, addirittura, ove l’assegnazione a mansioni diverse non sia possibile, la sospensione da ogni prestazione con il venir meno del diritto alla retribuzione.